Il nuovo tormentone estivo '07

31/07/07

Canada e Nuvole
il lato allegro dell'America
il Duca suona la sua musica
che voglia di partire che ha!

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il diavolo probabilmente suggerisce

29/07/07

E' un mese che ho messo il contatore al blog. Noto che durante le ore/ i giorni lavorativi i contatti aumentano, mentre negli altri orari crolla. Il sabato e la domenica non c'è mai nessuno, mentre il lunedì tra le 9 e le 10 ho il picco segno che mi leggete solo quando dovreste lavorare. Il diavolo probabilmente suggerisce qualche riflessione...

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Viserba ieri, Viserba oggi.

28/07/07

Viserba l'è 'na piccola fraszione, 4km a nord di Rimini. Se non ci fosse 'l cartello, 'n la riconosceresti. A Viserba 'n c'è niente, giusto 'na stazione, la fonte Sacramora che l'è raro ci sia l'acqua bona in riva al mare, e poi dietro c'è l'Italia in miniatura, ma l'è già 'n po' foeura.
Viserba è nella storia perché qui sono state inventate le cartoline... sì, le cartoline che voi tutti spedite furono inviate per la prima volta da Viserba, con Viserba e la sua fonte. Laggiù ne sono orgogliosi, sono nei libri di storia. Ed in tutti gli scaffali di paccottaglia da turisti.
Per gli urbanisti, Viserba è nella storia perché fu la prima volta che furono i cittadini a pretendere e farsi da soli un piano urbanistico ché avevano capito che così conveniva a loro. Il Comune allora rimase spiazziato. Oggi la pianificazione riminese fa cagare.

Andai per vent'anni a Viserba, con la nonna che credo ci sia andata per oltre trentacinqu'anni, forse anche di più. Le regalarono 'na medaglietta. Alla fine avevamo fatto un contratto ché ci davan la casa fin quando ci sarebbe stata lei.
La nonna, reggiana, non amava tanto i tedeschi in Romagna. Ché lei aveva conosciuto la guerra, il su' babbo messo al confino e lei, incinta, che si nascondeva quando cadevano le bombe su Reggio. Lei che stava dietro la Linea Gotica, sapeva scegliersi bene la parte da cui stare, ma noi giovani non possiamo veramente capire cosa volesse dire. Nascondersi sotto le bombe con la vita nel ventre.
Da bambino, ma anche quando ero un po' più grande, passavo tutto il mese di Luglio con la Nonna a Viserba e lei raccontava e commentava il mondo, lo vedeva sempre meno ma credo che capisse. Morì poco prima di un Natale, a Milano.

Ho sempre pensato di passare le vacanze a Viserba, non a Rimini ché se dici quello pensi alle discoteche e ai romagnoli che ci provano. Viserba e la Romagna sono una terra bellissima, fantastica. La gente vede solo i pochi metri di sabbia finta. Dietro: i colli che da San Leo vanno verso San Marino e giù al tempio Malatestiano e le belle piazze dell'Italia che fu.
E se li scali in bici (i colli, non i templi), non puoi non pensare a Marco. Noi che per sentirci romagnoli eravamo i ragazzi che si entusiasmavano per lui e che andarono a Cesenatico in bici a mangiare la piadina. Sognando, sognando che i colli romagnoli fossero un po' le Alpi che lui scalava veramente. La storia di Marco la conosciamo, tutti. Tutti sappiamo come è andato a finire, lui che forse niente aveva da spartire con mia nonna. Anche se una volta nostra madre ci sgridò tantissimo perché avevamo fatto andare in bici la nonna. Per poco, ma quando hai oltre 85anni poter tornare ad andare in bici dev'essere stato bellissimo. Lei era contenta.

La Romagna si divide in due: il riminese dove trovi il cassone ed il ravennate dove c'è il crescione. Torna la testa pesante a pensare a Marco, hai suoi colli ed alla sua storia. I romagnoli dicono di distinguersi dagli emiliani che loro offrono Sangiovese e piadina, dal bolognese offrono pane e acqua.

Di Viserba potrei raccontarvi tutte le vie, da viale Genghini che la divide da Viserbella al mitico Viale Petropoli percorso mille e mille volte in bici, fino a Viale Busignani, svolta a destra e arrivavi al bagno. Che 'l bagno in Riviera è una filosofia. Noi eravamo al 43, Bagno Rossi.

Viserba oggi non c'è più. O meglio è sempre lì. Ci tornai una sola volta, 2 estati dopo la scomparsa della nonna, ma giusto per un week end. Ed in un'altra casa. Viserba non c'è più, e se ci tornassi sarebbe solo un tuffo al cuore.

S-ciabatto in costume con una qualche maglietta verso casa, sono le 2 e mia mamma sarà arrabbiata ché a Viserba io seguivo orari da romani, mentre bisogna pranzare per l'una. Noi eravamo milanesi, anche in vacanza.

Poi, dopo pranzo, sull'amaca. E quella era l'estate, quello era il mese di Luglio tra i cassoni dell'Elsa in piazza e la festa degli Orti oltre la ferrovia. Non me ne vorranno gli altri viserbesi se cito solo la nonna. Quella era l'estate, quello era il mese di Luglio. Quella era Viserba, ieri. Oggi non saprei.

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La vittoria delle Colonne. No, direi di no...

Sono stato in Colonne dopo la conferenza stampa di qualche giorno fa. Sono arrivati e tavoli con i giochi di società e, con mia ENORME sorpresa, è veramente pieno di gente che sta veramente lì a giocare. Sono rimasto sorpreso, ammetto che non me l'aspettassi. Sicuramente il numero è diminuito, ma questo può anche andar bene per ridurre la pressione su un sito comunque storico.

Ero pronto a riconoscere il successo del Comune, quando guardandomi attorno leggo sulle facce che... insomma, l'età media in Colonne si è alzata di un 10-15 anni!!!
Da una popolazione di ventenni, ora le Colonne raccolgono gente di 35-40 anni! Per carità, non voglio negare loro il diritto di stare in Colonne, ma de facto il Comune ha sostituito una popolazione di giovani con un'altra di "giovani-da-più-tempo". E non ditemi che è perché in questa stagione non ci sono più giovani che li ho visti ieri sera al Parco Lambro o all'Isola.

Questa città è sconfortante, Lucignolo di Italia1 è probabilmente l'unica cosa che i milanesi vogliono/si meritano.

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Albertazzi si laurea

25/07/07

Non sono solito dedicare un intero post ad un mio amico (ricordo che questo blog è autocelebrativo), ma questa volta se lo merita, perché l'Irreprensibile Albertazzi domani si laurea.

L'Albertazzi è colui con cui ho condiviso tutta la carriera di rappresentanza studentesca lungo ilunghi anni che sono stato al Poli. Lo ritengo un maestro perché so - in coscienza - di aver imparato in questi anni che, soprattutto, in politica non basta la passione, ma ci vogliono competenza e diligenza nel fare le cose, nel fare bene le cose. La precisione è importante perché, come da lontano insegnava Berlinguer, bisogna essere i migliori, i più preparati ed attenti per vincere, politicamente parlando (ovviamente).

Con l'Albertazzi avrei pochissime cose in comune: ingegnere lui, non io; cattolico io, non lui; io volevo andare in CdA e lui in Senato Accademico ed ovviamente avvenne il contrario; propenso alla politica attiva lui, più intellettualistico e distaccato io; sempre puntuale lui, io con 5' cronici di ritardo (e tutte le volte era qui sotto a farmelo pesare...). Mai stati in classe assieme, credo oltre alla politica abbiamo condiviso anche tante birre (e vasche in piscina) assieme. Già, perché l'Irreprensibile abita qui dietro casa mia e si tornava sempre a casa assieme dal Poli.
Pochissime cose in comune, ma alla prova dei fatti, in quello che abbiamo fatto credo di poter dire di aver sempre condiviso le sue scelte.

Ne parlo un po' al passato perché con la sua laurea ho la consapevolezza che la mia generazione universitaria finisce. Chi resta è, in fondo, più giovane. Ed in fondo pensi a quale segno indelebile possa lasciare uno studente. Chissà.

In ogni caso, complimenti Albertazzi! A domattina.

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Colonne libere?

23/07/07

Riprendo la questione Colonne libere ché non era mica finita. Accantono un po' la riflessione tra politics e policies, per occuparmi solo del merito della vicenda (ovvero la policy).

Oggi la conferenza stampa alle Colonne segna l'inizio di una nuova fase. Due i provvedimenti presi, ferme restando le transenne così come sono (un po' arretrate rispetto alla demarcazione iniziale):
1. una campagna comunicativa/educativa sul rispetto delle regole;
2. iniziative culturali di vario genere.

Visto che sono uno che sa solo criticare e mai proporre, continuo su questa linea, non accetto che passi il messaggio che così va tutto bene. In fondo, dalla mia posizione posso permettermelo.

1. La campagna comunicativa ha due difetti, saggiamente impostata da Simone, è stata svilita in una serie di "please don't" perché ovviamente l'Istituzione ha scelto di porsi come una serie di "non fare". E se leggete un velo di ironia in quanto scrivo... beh, avete ragione! Secondo la Moratti il miglior modo di comunicare coi giovani è colorare di viola delle scritte dove ti ricorda "non fare questo", "non fare quell'altro" (ah, dimenticavo, i geniacci dello IED hanno scelto un carattere di una bruttezza per fortuna rara).
Tralascio il fatto che hanno contattato lo IED che ha offerto questa campagna aggratise (sappiamo bene che in Italia siamo tutti buoni e per la comunità facciamo le cose gratis, sì sì sì... ci stiamo credendo...), mentre non si sono posti il problema del fatto che ci aveva già lavorato con De Corato la Facoltà del Design del Politecnico di Milano. Ma sappiamo quanto la Moratti(la) ami l'università pubblica...

2. Le iniziative culturali sono state la parte meno valorizzata della nuova politica. Se da Lunedì prossimo (?) inizierà l'improvvisazione teatrale alle Colonne grazie alla Teatribù su idea del sottoscritto, l'idea geniale del Comune per avvicinare i giovani è inserire in giro per Milano dei tavolino dove poter giocare a niente po' po' di meno che scacchi, dama, Cluedo, Risiko, ...
Ma ci rendiamo conto??? Un vecchietto si è avvicinato a me alla fine chiedendomi se veramente i giovani erano interessati a quei giochi. Lascio a voi il giudizio.

Considerazione a prescindere, la Moratti ritiene che questo sia un modello virtuoso di dialogo per la città. Errore: questo dialogo è stato saggio per mettere una toppa alla stronzata promossa da De Corato (ma a cui "prima" nessuno si oppose, manco la Letizia...). Le buone politiche concertative sono quelle del piano strategico di Torino o Firenze, le buone politiche si fanno a monte, non mettendo pezze alle strXXXate fatte dal Comune (e non date la colpa a De Corato che è stato l'unico ad assumersi la responsabilità della decisione).

Chiudo con un pensiero dedicato al rappresentante dell'associazione commercianti il quale ha impostato il discorso del genere "non vi facciamo pesare di essere i più tartassati". Poi, io ho guardato quel consigliere della maggioranza che fece cancellare l'auspicio a maggiori controlli della GdF ai commercianti. E per favore, smettetela di dire che è il Rattazzo quello che evade gli scontrini, perché questo è il costume di TUTTI i locali milanesi. Amiche/i che han fatto le cameriere/i in vari locali milanesi raccontano di aver avuto l'ordine perentorio di NON fare scontrini e io, da cliente, posso confermare di averne ricevuti ben pochi e, se non bastasse, di essere stato sbeffeggiato dal gestore quando osavo chiederglielo.

Sono sconfortato dal clima politico-istituzionale-culturale della città che amo di più al mondo.

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sono stato fermato al posto di bloggo

22/07/07

Sono stato fermato e rapito dal posto di bloggo che altri non è se non il blog di quello che per me è il miglior gruppo italiano uscito negli ultimi 4-5 anni (io li seguo dai tempi del Senso della Vite, ricordo ancora quella mattina in cui me ne innamorai vedendoli per la prima volta in tv).

Su quel gruppo ho scritto in altra sede, ora mi preme commentare questo articolo.

Vi invito ad andare su quell'articolo, merita veramente di essere letto, con attenzione e riflessione, anche se è stato chiaramente buttato giù senza pensare due volte alle frasi battute sulla tastiera.
Dal mio piccolo, rubo una frase di quell'articolo che dice:

"Per fare canzoni in realtà bisogna avere una grande fiducia nell'umanità
perchè si dona agli altri quanto di più prezioso è uscito da se stessi", V. Capossela.

Non è banale Capossela (come se mai lo fosse stato). Decontestualizzando quella frase vi apparirà diversa, ma me ne approprio con un furto intellettuale dichiarato. Perché - in fondo - soprattutto uno come Cobain sono convinto che "ci facesse" molto più di quanto "c'era" e che poi sia rimasto incastrato in quel personaggio.

Diffido strutturalmente da chi fa della propria depressione ragione di successo artistico. Perché Leopardi alla fine scrisse la Ginestra e se non fosse morto giovane avrebbe cambiato radicalmente la sua poetica. Schopenauer lo faceva soprattutto per rivalsa contro Hegel, ma il suo è un pensiero adolescenziale e sterile, già Nietzsche era più maturo.

La depressione e la sfiducia non sono mai manifeste, mai pubbliche. Se uno lo dice pubblicamente è solo perché è convinto che ancora qualcosa si possa fare. Il vero malessere è nel "non-detto", in quello che al più si può intuire. Mi han raccontato di un suicidio: fattosi il thé, l'ha lasciato sulla scrivania per poi lanciarsi nel vuoto. Perché farsi il thé? La risposta è nel non-detto, quello che mai alcuna canzone potrà cogliere, forse una carezza o un abbraccio sì, ma non una canzone (tantomeno un blog).
Comprendere il non-detto delle persone è la sfida più alta, così come capire fino a che punto gli altri comprendo quello che io non dico, e soprattutto se lo comprendono o sono solo supposizioni o forse no.

E' la sfera dell'incerto, la sfera più interessante che non si può liquidare con un tant'è...

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di discipline e facoltà universitarie

Quanto scrivo risente dell'influenza di un testo che VERAMENTE consiglio a tutti: la testa ben fatta di Edgar Morin, un testo da leggere, meditare e condividere nel profondo del proprio pensiero perché, probabilmente, è un crocevia fondamentale del pensiero contemporaneo. Si badi bene cheè un testo divulgativo per cui accessibile a tutti, non c'è bisogno di essere filosofi.

Partiamo dal concetto di disciplina che è un concetto culturale. Una disciplina serve affinché una comunità scientifica si riconosca come tale condividendo metodologie ed oggetti di studio. Il riconoscersi come comunità è fondamentale al fine di poter avere uno scambio di conoscenze e far così progredire la cultura in quel campo.

Le Facoltà universitarie sono l'istituzionalizzazione di quelle discipline con un obiettivo fondamentale: nelle Facoltà c'è un passaggio culturale enorme perché si decide cosa i futuri membri di quella comunità dovranno sapere per farne parte. Quali sono i requisiti minimi per appartenere a quella comunità scientifico-professionale.

Detto questo, i processi educativi vanno avanti su orizzonti generazionali, molto più lunghi di dinamiche di mercato e spesso legati a traiettorie personali-generazionali. Le Facoltà, come in genere la Scuola (anche se in questo caso con alcune opportune differenze), sono il luogo di trasmissione disciplinare.

Come Morin dice, le Facoltà sono state definite nell'ottocento e da allora molto poco modificate. Si sono mantenute in vita attraversando due secoli di storia culturale abbastanza intensa. Alcune Facoltà ne hanno generate altre per gemmazione o per espulsione (si pensi alla Psicologia).
Seguendo il suo pensiero, mi sono convinto della necessità di adeguare gli assetti delle facoltà a nuove e più adeguate organizzazioni disciplinari perché il pensiero si è evoluto molto di più di quanto non abbiano fatto le istituzioni universitarie.

Ho sotto mano il caso dei Politecnici e devo dire che quello di Torino ha avuto il coraggio di attuare una modifica in questo senso attraverso una significativa revisione dello Statuto. Il Politecnico nasce come Università di Ingegneria (storicamente bistrattata dalle Università) sul modello francese a cui però, per merito di Brioschi e Boito, venne aggiunta l'Architettura (cosa che in Francia non avvenne), mentre fallì l'accordo Brioschi-Bocconi per inserirvi l'Economia (NB la Bocconi è stata la prima Università di Economia della storia, manco Adam Smith, Rettore di Edimburgo, istituì mai manco una cattedra di economia).
Credo che quella dicotomia culturale Ingegneria-Architettura possa essere rimessa in discussione, profondamente, alla luce dell'evoluzione culturale di cui lo stesso Politecnico milanese è stato protagonista.
Si può già provare ad identificare delle macro-aree da cui potrebbero dipendere le Facoltà, per esempio l'area delle Costruzioni (dove Architettura, Ingegneria civile ed Edilizia possano ritrovare una saggia ri-composizione culturale); l'area del Management (ing. gestionale, ma anche ampie parti del Design come moda, prodotto e servizi); l'area delle Politiche Pubbliche (dalla protezione civile ed ambientale, al planning, scienze delle PA, eccetera), fino a discipline più consolidate come Elettronica e tecnologie dell'informazione e dell'informatica e così via. So di non aver ricompreso tutte le discipline (un'altra area potrebbe essere quella della chimica, materiali e bioingegneria).

Sottopongo questo problema per ragioni culturali. Trovo risibile utilizzare oggi vecchie etichette logore e ormai poco definite di fronte a sfide di maggior interesse. Qualcuno mi accuserà di voler giustificare il mio essere a cavallo di Facoltà, rendendomi un ibrido a-disciplinare: per usare un francesismo "j'ai rien à branler" (+- in italiano, m'importa 'na sega!).

La questione è, invece, assai importante perché implica le modalità con cui si trasmette il sapere di generazione in generazione, implica la riconoscibilità di comunità scientifico-professionali. Bisognerebbe assumere un'ottica maggiormente costruttivista e meno strutturalista per capire che le discipline si determinano dalle pratiche, non dalle etichette.
Credo che alcune etichette siano menzognere, indichino approcci opportunistici che sfruttano il sedimentarsi di processi socio-culturali nella formazione universitaria, quando sarebbe maggiormente virtuoso per quelle stesse persone riconoscersi in discipline nuove, più consone alla realtà. Ovviamente il discorso non è valido solo per il Politecnico.

Per il resto, come già più volte detto, chiudo con un "tant'è..."

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il gioco dell'estate 2007

20/07/07

Al volo, riporto i vincitori del concorso che ho lanciato su Messenger.

Il mio Pad'wan (noto bovisaro) ha trovato le 7 differenze tra Amsterdam e la Bovisa
1) In Bovisa, non ci sono le fighe olandesi
2) In Bovisa, non ci sono i coffe shop
3) In Bovisa, non c'è la zona a luci rosse
4) In Bovisa, al posto dei canali c'è la ferrovia
5) Ad Amsterdam, non si magnano i panini degli zozzoni
6) Ad Amsterdam, ogni volta che passa una figa non ci fai un'equazione differenziale sopra
7) In Bovisa, al posto del museo di van gogh c'è la triennale

Mentre il Papero, che è trentino, ha trovato le 10 differenze tra Toronto ed il Trentino
1) con 10 bollini vinci il Trentino ma non Toronto
2) a Toronto non ci sono le mele melinda
3) sfigato è chi vive in Trentino, non chi vive a Toronto
4) in Trentino si mangia polenta anche a colazione, a Toronto non credo
5) in Trentino ci sono le montagne, a Toronto non c'è niente
6) in Trentino non ci va un cazzo di nessuno a studiare inglese, a Toronto invece sì
7) in Trentino non si parla nè inglese nè francese NE' TEDESCO... a Toronto qualcuna di queste lingue si
8) il Trentino è in italia, Toronto no
9) in Trentino ci si affoga di grappa a Toronto non credo
10) in Trentino ci sono io ogni tanto, a Toronto no

Complimenti ai vincitori, ovviamente se ne trovate altre fa sempre piacere.

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Non ne parlerò, rinvio a parole di altri...

17/07/07

Di molte cose dovrei parlare, a partire dalla discussione con Lucio di ieri sera in macchina, spero inizi a farlo lui. Un blog mi ha linkato e a cui ricambio la cortesia perché ci sono su alcune delle parole a me più care.

Di molte cose di oggi, delle mie cose di oggi non parlerò.

Cito solo un blog che mi piace proprio tanto perché in giornate come questa mi offre sempre immagini che mi fanno bene (grazie, di cuore).
So che non è chiaro quel che dico, spero qualcuno non se n'offenda se non dico tutto.

Mi tornano in mente parole talmente diverse dal mio stato d'animo attuale che vale la pena fermarsi e rileggerle.

Come Bambino (G. L. Ferretti)

come bambino credo la verità del cuore
come bambino godo soffro l'amore
tendo la fionda ai lampioni
che soppongono alla luna
miro ai prepotenti e ai coglioni
miro alle ombre che intralciano la fortuna

come bambino vedo la politica un gioco da poco
si gioca per amore
obbligato
da tenere sotto controllo
come il fuoco. come il fuoco.

sto sdraiato sui campi
nelle ore piu belle
a pancia in su e in giù
a rimirar le stelle.
mi commuovono i vecchi
muove qualcosa dentro....

cammino volentieri contro mano e contro vento
tengo le mani in tasca e gli occhi bassi
scatta la meraviglia nei passi che seguonoi passi
come bambino mi piace costruire studiare lavorare
tutto il giorno dopo laltro
imparare

come bambino
non come giovanotto che gioca e passa il tempo a spasso
spera nel lotto

come bambino so sentirmi offeso
ma tiro avanti senza dargli peso
non sempre so dire chi perchè
ma cosa pretendete da un bimbo come me....

miro ai lampioni che soppongono alla luna
miro ai prepotenti e ai coglioni....
sto sdraiato nei campi
nelle ore piu belle a
a pancia in su e giu a rimirar le stelle

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Due lezioni partendo dal Cirillico

15/07/07

Molti dei fatti a cui mi riferisco sono probabilmente di natura leggendaria, ma in queste cose è più importante il senso della storia, che la sua effettiva storicità. E' una storia che ha oltre 1.000 anni, ma vedrete che tocca un tema di estrema attualità.

Cirillo e Metodio, fratelli del IX secolo d.C., furono inviati dall'Imperatore ad evangelizzare gli Slavi. Leggenda vuole che gli fosse apparso in sogno San Nicola di Mira, e per questo è ritenuto l'ispiratore spirituale della missione (a parte la leggenda, il culto di San Nicola era molto diffuso nella regione da cui Cirillo e Metodio provenivano).
San Nicola di Mira (meglio noto come San Nicola di Bari, visto che ora si trova - forse - lì, ma quella è un'altra storia) sarebbe giudicato l'ispiratore della cristianità degli Slavi e per questo il suo culto è così diffuso nell'Est Europa (curiosamente, il suo culto è tornato in Occidente sotto forma di Santa Claus, ma magari ci tornerò con un altro post).

San Cirillo è noto in particolare perché avrebbe tradotto pezzi di Vangelo o di importanti preghiere e di liturgia codificandoli in un alfabeto che da allora porta il suo nome. Mi riferisco, ovviamente, all'alfabeto cirillico diffuso - appunto - presso gli Slavi.
Cirillo, colto intellettuale di matrice greco-bizantina, capì che l'alfabeto greco (tantomeno quello latino) non poteva andare bene per quelle lingue e pensò bene di inventare qualcosa ad hoc (mischiò un po' di greco e di latino, infatti alcuni caratteri sono uguali).
L'impatto è evidente visto che ancora oggi lo utilizzano, ma la rilevanza culturale è enorme perché non è solo un'invenzione grafica. La persistenza dell'alfabeto cirillico ci permette di capire quanto la missione di evangelizzazione sia stata ricca, complessa ed efficace. Si aggiunga il fatto che allora gli Slavi non erano propriamente un popolo colto e raffinato, anzi erano a livelli barbarici.
(NB Non voglio dire che dalla missione di Cirillo e Metodio dipenda la grandezza della cultura Slava, ma sicuramente il loro contributo è stato assai rilevante).

Di questa storia, due lezioni sono da conservare.

1. Nicola di Mira, ovvero il ruolo dei Santi.
I Santi servono perché sono uomini e donne come Noi. Nicola era il vescovo locale che nel III/IV secolo dC significava un'autorità enorme, non solo spirituale ma spesso anche politica, culturale ed amministrativa. Sottolineo il fatto che, come per Sant'Ambrogio, erano tempi abbastanza difficili per le istituzioni. La loro vita non è affatto divina, come quella di Gesù, ma il loro insegnamento porta gli uomini ad essere migliori prendendo esempio da altri uomini.

2. La missione di Cirillo, ovvero coniugare il Vangelo.

La vera rilevanza della missione di Cirillo è che capì che il Vangelo doveva essere annunciato agli Slavi, nella loro lingua. A costo di rinunciare al greco o al latino, Cirillo arrivò ad inventarsi un alfabeto pur di compiere la sua missione. Cirillo ha dimostrato che conta di più annunciare il Vangelo che la lingua o l'alfabeto con cui lo si fa.

Questo secondo punto dimostra come una Chiesa giovane, in espansione, dove la testimonianza dei Santi è ancora forte (vd 1), sa capire la realtà che la circonda, adattarsi ad essa (vd 2) senza intaccare il messaggio evangelico. Adattarsi alla cultura locale non pregiudica la missione evangelica, al contrario contribuisce a rafforzarne l'efficacia inventandosi forme nuove di comunicazione senza ostinarsi a ripetere schemi comunicativi vecchi ed imporre linguaggi obsoleti.
Spero sia chiaro a quale evento di cronaca contemporanea mi riferisco.

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Di quando ho capito la globalizzazione

13/07/07

Io, Italiano, ero nel cesso di un ristorante cinese a Basilea (Svizzera) e sentivo la musica dei Black Eyed Peas (americani) che cantavano (si fa per dire...) una canzone brasiliana (non ricordo il titolo, ma è quella che fa oohhhh, ari-aaa-ajo, se capite cosa voglio dire... VOLATE a Sarabanda).

Seduto su quel cesso mi sono detto: ma è questa qui la globalizzazione? Bella merda, anzi no, visto che lo svizzero-cinese mi ha bloccato l'intestino, nonostante quella SPLENDIDA interpretazione assai stimolante per...

A me, 'sta globalizzazione sembra 'na stronzata. In Francia mangiai per un semestre Kebap ché la mensa della facoltà faceva schifo. Ora ci vogliono cause di forza maggiore per farmene mangiare uno.

Dicono che la globalizzazione ci aiuterà a viaggiare più facilmente in giro per il mondo. Forse sì, peccato ci sia di mezzo la burocrazia, quella mica la globalizzano.

Vado a mangiare.

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della solitudine, quella burocraticamente sancita

12/07/07

Il massimo senso di solitudine lo si prova quando corri da uno sportello all'altro per dei documenti. Ecco, l'ho detto. Subito. Ve l'ho sbattuto in faccia.
Sei tu, sì tu, che devi andare a prendere "quel" certificato, fare "quella" fotocopia e fornire le solite fototessere, dove comunque vieni male (le dovrebbero vietare...).

Ti senti solo, davanti alla burocrazia ti senti solissimo.
Chi ti aiuta ha qualcosa di epico, come dei Samvise Gamgee, e tu sei Frodo, l'Unico portatore di una missione da cui dipende il mondo. La burocrazia è angosciante, è l'occhio di Mordor che ti guarda dallo sportello a cui stai per recarti.
Non sei mai veramente sicuro che il documento che hai in mano, sudato, dopo aver capito
1) cosa ti devi procurare,
2) a quale sportello andare,
3) avrai chiesto quello giusto?
4) stai rispettando la scadenza?
5) arriverà tutto in tempo?

Se in amore un due di picche ha una sua qualche razionalità o, almeno, puoi convincerti che ne abbia una, profonda e recondita nelle pieghe del cuore della Lei di turno; la burocrazia è demoniaca perché è apparentemente razionale, ma è profondamente e reconditamente perversa, insensata... probabilmente è l'asso di picche, quello fatto apposta per infilartisi proprio lì.

Iscriversi a Scienze della Pubblica Amministrazione è un misto di vocazione al martirio e di ammissione, come ammettere di essere feticisti dei piedi, con rispetto parlando s'intende.

La solitudine burocratica è atavica. E se in Amore puoi sperare che alla fine lei ti stringa nel letto, i documenti non sono così sensuali, e se ti stanno stringendo allora devi preoccuparti veramente. Benedetto Bassanini e l'autocertificazione, ma qui ho a che fare anche con paesi stranieri che non se la filano 'sta storia. In Italia funziona per amicizie, in qualche modo puoi pensare di trovare una qualche soluzione. Ma qui ho a che fare con non-Italiani.

Della burocrazia ci si ricorda solo quando non funziona.
Vero, verissimo.
Al momento me ne sto ricordando assaj (con la j fa più aggressivo).

Mi sento solo davanti alla burocrazia, allo sportello, nel raccogliere i documenti. Lo ammetto, è una mia atavica insicurezza, la mia insicurezza. Ché le regole mi piace capirle, studiarle e progettarle. Ma le regole devono essere semplici: che senso ha chiedermi il diploma di maturità se ho già la laurea?

Ho fatto le mie scelte, ho scelto la direzione, la ima, quella su cui puntare almeno un anno della mia vita.
Me ne assumo le responsabilità, pagherò quel che devo, ma vivo con l'angoscia che qualche piaga burocratica mi blocchi ché la burocrazia è impersonale.
Pagherò le mie colpe, chiederò scusa, mi dimetterò, rinuncerò a quel che non mi spetta. Ma non sia un certificato o una marca da bollo a condannarmi.

Attestati di stima e di fiducia sono l'unico appoggio di questi tempi, ma quelli là vogliono attestati di diversa natura.

Domani dovrei mandare tutto (o quasi) il richiesto ai rispettivi richiedenti. Ho il sospetto che non tutto sarà in regola. Va bene che non si può mai stare tranquilli, confido in quell'abbraccio che arriverà confermandomi che tutto è andato.
Basterebbe anche una semplice dormita sul letto di destinazione, sperando di dover confrontarmi con qualcosa di più serio della burocrazia, ché le sfide le gioco, anche ad armi impari, ma a me la burocrazia mette sempre una certa angoscia: il merito non si misura verificando che si siano portati tutti i certificati.

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LA HAINE

10/07/07

C'est depuis quelque jours que j'y pense , mais en ce cas-ci les journées ne font pas des semaines.

La haine , ou mieux , la Haine est avec moi , est en moi , en mes pensées . Un fort sentiment , elle est fort , est une bonne route à suivre pour remplir sa propre tête et ne plus penser à rien d' autre . La Haine est un noble sentiment : elle peut conduire les Hommes , mais aussi les Femmes , à faire des choses que autrement il ne feront jamais , jamais , des choses autrement impossibles , come les actions des Héros . Et la distinction est toujours très faible .

La Haine remple ta tête - ma tête - ne permit plus de penser à d'autre choses . La Haine fait faire , est comme l'essence qui peut donner l'energie de faire . Elle peut conduire (à) la Violence , que la Violence sans Haine est stupide , est simplement violence .
Mais la Haine sans Violence est un noble passe-temps , elle prend toute la tête , elle reigne là dedans soit dispotiquement soit democratiquement . Pas bizzarre ça . Il ne faut pas des raisons ou mieux est nécessaire de les avoir , de les inventers et de les cultiver . Je en ai un , un raison et c'est suffisant - je crois.

En se promenant on peut la cultiver , mais aussi si on dort . Elle est un péché , mais contre quelqu' un est un péché de ne la cultiver . La Haine peut evoquer les cauchemards , mais n' est pas un cauchemard , parce que le cauchemard passe avec le reveille .

La Haine , elle reste . Qui sans... serait pire . Et je le dis , aussi si quelqu'un pourrait mal interpréter .

La Haine , elle reste . Et j' aurais du mal s' elle s' en va.

La Haine , elle reste.

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L'alba di una nuova era: l'ingegnosofia

Magno cum gaudio nuntio vobis: HABEMUS LUCIUM!!!!!

Finalmente anche lui ha un suo blog per esaltare il suo ego, lo trovate a questo link. Subito apriamo un'ambasciata.

Rivendico la paternità del termine Ingegnosofia (Ingegneria + Filosofia), almeno del fatto che sia utilizzata come titolo di QUEL blog.

Lucio, dopo essere stato padrino etico-morale-epistemiologico della tua più bella (ed attuale) storia d'amore, ora sono anche padrino del tuo blog: non sei contento?

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L'Abisso di Morozzi

09/07/07

Mi han pubblicato questo articolo sul libro di cui ho recentemente parlato (non ricordo più dove, tant'é...).

Ve lo consiglio, caldamente (ops, forse di questa stagione non dovrei dire così... eh eh...).

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è la fine la più importante (2)

08/07/07

Non centra molto col precedente post, ma colgo il suggerimento di Pietro (un uomo, un codice fiscale) e quindi pubblico la canzone suggerita che mi sembra molto interessante (la conoscevo già, ma grazie a lui mi sono soffermato sul testo: grazie!!!).

E' la fine la più importante (Afterhours)

Ora stringi fra le mani le tue lame stanche
E ricorda che la fine è la più importante
Tutto ciò che hai sempre amato giace in una fossa
Che han scavato le tue stesse ossa

Fra le alghe c'è un eroe che si sente giù
Era uso arrendersi non si arrende più
Ogni alba avrà anche un po' di morte dentro sè
Niente può minare me e te

Sii perfetto se precipiti
Sii perfetto se precipiti
Sii perfetto se precipiti
Sii perfetto quando cadi

Fatto sfatto disperato quanto bello sei
Se vuoi indietro la tua vita devi anche tradire
Non lasciar che il tuo percorso ti divori il ventre
E' la fine quella più importante

Sii perfetto se precipiti
Sii perfetto se precipiti
Sii perfetto se precipiti
Sii perfetto quando cadi

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7 7 7

07/07/07

Non credo nella cabala, ma subisco il fascino di date come questa. Penso ad Alicante perché è il compleanno di una mia amica di là, ma non è così importante.

Ricordo bene quando furono le ore 20h02 del 20 febbraio del 2002.

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è la fine la più importante

Annego dolcemente ne "L'Abisso" di Morozzi. Me l'han regalato per la laurea (Zizo & Neve). Una storia apparentemente banale di uno che ha finto di aver fatto esami su esami e si ritrova a 48h dalla finta laurea: che fare? Cosa dire alla madre vedova che non aspetta altro? Il tutto a Bologna. Sembra una vita parallela, ché io a Bologna ho imparato a sentirmi di casa, non solo per lontanissime questioni dinastiche. Bologna è una mia seconda città, la parallela utopia di Milano. Ma non di questo volevo parlare, tanto so che ora che il moralizzatore ha un suo blog mi romperà con qualche commento dei suoi :>

Penso alla fine, ma non la fine del mondo o, più prosaicamente, la morte. Penso, perché ce l'ho in testa da tempo, che sia la fine la cosa più importante di una storia. Lo dico dopo aver visto il Rocky Horror Show, Shining e il Dr. Stranamore, ma ripensando anche ad opere come I Promessi Sposi: tutte opere eccellenti, ma senza un finale. Costruiscono mondi e personaggi in cui ogni lettore può dolcemente annegare, ma si perde la storia, la trama. Ché una storia dipende dal finale, l'ha spiegato bene Poe (vd "progettare alla maniera di E. A. Poe, scusate ma non ricordo l'autore e non ho voglia di alzarmi dal PC per andare a vedere chi è, forse è Bonfantini sr).
E' la fine quello che conta, quello che ti lascia addosso un'opera, una storia. Eppure, la genialità di un film come Shining non è in quel finale banale e lineare; che cazzo di finale è quel doppio finale dei Promessi Sposi???? Ma siamo seri, per me Manzoni non sapeva come chiudere la storia. Certo, dopo aver scritto un romanco così, era difficile essere all'altezza anche per la chiusura, però... Non invoco per forza l'happy end, però un finale degno di questo nome sì. Piuttosto, Il Fu Mattia Pascal mi piace come finale, sì quello sì: circolare come finale, o meglio ellissoidale perché la storia si è sedimentata ed il tempo passato.
Nei testi scientifici il finale deve dire che la tesi preannunciata è stata dimostrata. Trovo divertenti i matematici che scrivono "cvd - come volevasi dimostrare". Una certa arroganza, tant'è.
Tant'è forse è il finale giusto ché le storie non sono la nostra vita.

Penso naturalmente al finale del mio vecchio Blog. Ci penso spesso perché ci sono tante ragione personali per farlo. Mi chiedo se sia stato un buon finale, forse sì perché mi crea un giusto numero di amici e di nemici e questo può essere un buon indicatore. Già, perché un buon indicatore vale se la gente si confronta con esso. La peggior disgrazia per una storia è di non essere considerata. Ratzinger ha sbagliato tutto criticando il Codice da Vinci perché gli ha fatto più pubblicità di quanto non meritasse.

La fine è importante. E' necessario che sia un finale, che chiuda la storia dandole un senso, un finale chiude, è una porta che si chiude. Non è detto che non ci possa essere un seguito, che debba essere l'unico finale possibile, ma le porte vanno chiuse, anche a costo di riaprirle in seguito. Poi i personaggi vivono da loro ché il Jack di Shining potrebbe essere ognuno di noi (forse non tutti diventeremo degli allegri bisessuali transilvani, ma tant'è...).

Poe diceva che bisogna partire dal finale e poi tutto il resto viene di conseguenza (nel libro sopra citato si parlava del corvo come opera poetica), tutto il resto viene da sé. Credo che se Manzoni avesse seguito questo principio avrebbe scritto una bomba di libro. Petrarca, uno dei perfetti poeti della nostra letteratura, ben lo sapeva: partiva da quale effetto dovesse avere il suo contenuto. E poi tutto di conseguenza, e poi il resto è tecnica perché - ricordatevelo - Manzoni era un grandissimo tecnico della scrittura, così come Picasso lo era della pittura e Pininfarina lo è del design.

Mi chiedo se voglio finire il libro di Morozzi. Sembra ben costruito verso l'attesa del finale. Mi chiedo se voglio arrivare a scoprire l'abisso in cui è caduto Gabu. Mi chiedo se l'istinto di leggere pagina dopo pagina non sia una pulsione autodistruttiva, il thanatos di Freud, l'insopportabile situazione di Gabu da distruggere verso la condanna finale del finale del libro (ripetizione voluta). Mi chiedo.

Tant'è. Ricordatevi solo che una storia deve finire, ma non tutte le cose della nostra vita sono storie. Tant'è.

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Riflettendo sulla storia delle Colonne...

05/07/07

La lezione delle Colonne aiuta a capire la distinzione tra quelle che gli anglosassoni chiamano "policy" (in italiano "politiche", ovvero le azioni concrete delle PA per l'interesse pubblico) e "politics" (=politica, ovvero la costruzione del consenso verso chi governa).
E' una lezione da chi non si limita a scendere in piazza, ma legge i giornali (vd Corriere della Sera del 4 luglio) e s'è pure laureato su queste cose (tra l'altro alla consegna di una mia laurea c'era pure la Moratti).


La storia di questa policy.
1. Un provvedimento per tutelare un bene artistico (le Colonne e la Basilica).
2. Una protesta contro un provvedimento eccessivamente punitivo.
3. Il Comune corregge il suo intervento.

Tutto lineare e, devo dire, abbastanza bello. Dal punto del manuale, è una politica di coinvolgimento a valle: la PA definisce obiettivi ed azioni, dopo la realizzazione intervengono i cittadini e la PA si corregge. Un grado di partecipazione molto tardo, ma va bene (non si può pretendere che in tutti i casi ci sia coinvolgimento sin dalla fase di definizione degli obiettivi).



La storia di questa politics.
1. AN deve affermare i valori della Destra a Milano e De Corato deve consolidare il suo ruolo di leadership a livello comunale (non pensate che sia la Moratti quella che veramente comanda in Comune, "quantomeno" non è solo Lei...). De Corato sceglie di farlo con un provvedimento nel suo stile pienamente di Destra: forte, d'impatto, deciso ed a punire di petto il simbolo dei giovani sbandati di Sinistra (?!).
2. La parte più forte della maggioranza (CL-ForzaItalia) lascia fare, anche se c'è qualche mugugno. Di fronte alla protesta però i mugugni diventano aperti dissensi.
Ma la storia ora si interseca con la fusione di AEM-ASM (le municipalizzate di Milano e Brescia, un affare notevole). Su quella vicenda c'è dissidio perché, da un lato, AN non ne approva la decisione (riflussi della destra sociale?) e, dall'altra, CL-ForzaItalia vede di cattivo occhio lo strapotere di De Corato ed il fatto che lui, da Vicesindaco, abbia mandato avanti la delibera sulla fusione salvo non votarla in quanto capodelegazione in giunta di AN (con lui, ovviamente, gli altri assessori di AN).
3. CL-ForzaItalia fa partire il contrattacco: la Moratti inizia cancellando l'intervento di De Corato che aveva creato più scalpore (le transenne alle Colonne) e poi si prepara a togliergli la carica di ViceSindaco (per voce del capogruppo di FI in Comune che ha dichiarato la fase di verifica della maggioranza).

Si capisce come una vicenda di policy conclusasi per quel che mi riguarda abbastanza felicemente (resta la cicatrice...) si intersechi con una storia di politics che, a detta degli osservatori, porterà ad un rimpasto di Giunta.

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Qualcuno dirà che le mie sono supposizioni, che è un complottismo infondato. Gli rispondo, cordialmente, che politica-politiche si fanno così. Non ci si scandalizzi, se ne prenda atto e si agisca giudicando secondo i propri principi, sperando che non siano quelli del mero opportunismo.

Sperando ed in Ambrogio confidando...

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COLONNE LIBERE!!!

Qui trovate la lettera che la Moratti ha inviato sul tema accettando la rimozione delle transenne volute da De Corato.

A voi i commenti...

:)

PS
una cosa sola molto personale: il Comune ha contattato teatribù per organizzare match di improvvisazione teatrale in piazza, come avevo personalmente richiesto. E andiamo!!!

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danni o opportunità perse?

03/07/07

Mi sto occupando di valutazione di politiche, tema spinoso. E' un ambito che chiama in causa l'Economia, disciplina alta e raffinata se non ridotta e banalizzata come sempre. L'Economia è la disciplina dello scegliere in condizioni di risorse limitate.

Due i concetti che voglio richiamare oggi.
Il primo è il concetto di danno diretto, ovvero se lo status presente subisce un'azione per cui diminuisce. E' semplice: quando avete 1.000€ e ve ne rubano 100€ subite un danno diretto.
Esiste invece un secondo tipo di danno che deriva dall'opportunità persa. Il proprio status non peggiora, ma si perde l'occasione di incrementarlo. I propri 1.000€ restano 1.000, ma non diventano 1.1000€. Questo mancato guadagno rappresenta un danno assai rilevante, nonostante lo status del soggetto resti immutato.

Il tema è rilevante perché spesso le opportunità sono invisibili, non ci si accorge di cosa si perde, non si ha consapevolezza del valore di quell'opportunità. Si può darne una lettura meramente economicistica per valutare questo tipo di investimento (= valutare il ROI, return on investment, ovvero il ritorno monetario di un investimento) che può andare bene quando lavorate in borsa.

Se invece valutiamo delle politiche, ma il discorso vale anche per le nostre vite di tutti i giorni, è difficile valutare queste opportunità: un lavoro può essere scelto solo in funzione dello stipendio? certo che no, ci sono anche il tipo di mansioni, le prospettive di carriera, l'ambiente...

E' anche difficile capire le opportunità perse perché rischiano di lasciare addosso malinconia, rammarico e, diciamocelo, del senno di poi sono piene le fosse.

Il gioco non è semplice, ma bisogna capire che si subisce un danno considerevole anche dalle opportunità non colte. Questo può succedere o perché non si è ancora pronti o perché chi deve decidere non è all'altezza o perché chi si propone non riesce a far capire il valore dell'investimento (cogliere un'opportunità serve soprattutto in un'ottica futura, dove il ritorno è traslato nel tempo, in questi casi è più interessante).

Questi due concetti (non vedeteli come antitetici né complementari, sicuramente come integrati/imparentati) mi rimbalzano in testa da alcuni giorni: sono concetti che interrogano l'Italia come le politiche di livello internazionale/globale, ma anche la realtà che ci sta intorno e sono concetti applicabili anche alle nostre vite quotidiane.

Pensateci e vedrete che queste teorie accademiche sono tutt'altro che lontane dalla realtà, anzi sono incredibilmente concrete.

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