perché io sono cresciuto a pane e Guccini...

30/03/08

Ho ancora la forza
Ligabue - Guccini - Ligabue


Ho ancora la forza che serve a camminare,
picchiare ancora contro per non lasciarmi stare
ho ancora quella forza che ti serve
quando dici: "Si comincia !"


E ho ancora la forza di guardarmi attorno
mischiando le parole con due pacchetti al giorno,
di farmi trovar lì da chi mi vuole
sempre nella mia camicia...


Abito sempre qui da me,
in questa stessa strada che non sai mai se c'è
e al mondo sono andato,
dal mondo son tornato sempre vivo...


Ho ancora la forza di starvi a raccontare
le mie storie di sempre, di come posso amare,
di tutti quegli sbagli che per un
motivo o l'altro so rifare...


E ho ancora la forza di chiedere anche scusa
o di incazzarmi ancora con la coscienza offesa,
di dirvi che comunque la mia parte
ve la posso garantire...


Abito sempre qui da me,
in questa stessa strada che non sai mai se c'è
nel mondo sono andato,
dal mondo son tornato sempre vivo...


Ho ancora la forza di non tirarmi indietro,
di scegliermi la vita masticando ogni metro,
di far la conta degli amici andati e dire:
" Ci vediam più tardi ..."


E ho ancora la forza di scegliere parole
per gioco, per il gusto di potermi sfogare
perché, che piaccia o no, è capitato
che sia quello che so fare...


Abito sempre qui da me,
in questa stessa strada che non sai mai se c'è
col mondo sono andato
e col mondo son tornato sempre vivo...

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illusione tecnologica

Un'illusione tecnologica ci è data da vari strumenti, tra loro affini, ma il cui simbolo è sicuramente il cellulare: pensi che con un piccolo marchingegno altamente tecnologico sia possibile avere lì, in un istante, quella persona precisa, quella che conosci, quella di cui hai il numero, quella persona che sai che è così e sai che ti piace per il suo semplice essere così. Ci sono sere dove senti il bisogno di quella persona specifica, quella lì. Anche se talvolta è una persona non proprio centrale della tua vita, una di quelle amicizie piacevoli e semplici per lo stare assieme, ebbene talvolta pensi che in quello specifico momento serva quella persona lì, e te lo ripeti perché lo senti dentro. Pensi che basti digitare sulla rubrica del cellulare, tra i contatti di Messenger o sul faccialibro e lui/lei improvvisamente ci sarà.
E invece no.
No perché nessun surrogato tecnologico eguaglierà la presenza fisica, umana di carne e ossa, di nervi e sentimenti. E dire che a te basterebbe il suo essere così, non chiedi magie o cose strane, non pretendi neanche che quella persona sia lì presente di buon umore, magari innamorata di te o anche solo con la voglia di ascoltarti. Ecco, pensi che la tecnologia possa materializzartela, ma non è così. E quel sentimento di bisogno resta inevaso, deluso dall'illusione che invece la tecnologia avrebbe potuto aiutarti. E pensi, invece, a dove sia quella persona di cui vorresti la compagnia, la immagini donare il suo semplice essere a persone che, forse, non sanno apprezzare il suo essere, non hanno quell'intimo bisogno che tu senti. Egoismo, gelosia, invidia, umani sentimenti. Ed in certe sere, non basta neanche scorrere un po' di più la rubrica dicendo "bhe, c'è quest'altra...", perché resterebbe poco più di un altro numero in rubrica.
Sentendo questo, impari ad apprezzare l'intensità di quei momenti in cui, invece, le situazioni ti portano a concretizzare tutto questo, quando trovi che quella sera quella persona giusta c'è, quel compagno di studi, la vecchia amica del liceo o quello nuovo che sa farti ridere. Penso che pensando tutto questo, Spezie abbia profondamente ragione e speri che riprenda a scrivere.
Pensi che la tecnologia sia utile, ma non a sufficienza, pensi a quando ti ritrovi a chiacchierare alle 2 del mattino, in un afterhours con il sapore dell'estate. Pensi che a Milano ci siano molte cose che non t'interessano, ma pensi anche che le altre città non siano così diverse, a parte quella provincia dove il confine lo senti perché attorno, invece di cose inutili, hai un vuoto indefinito e aneli a quell'inutile che è la città-capoluogo.
Pensi che molte tecnologie siano illusioni, ma non ti rassegni all'idea che siano inutili e quindi cerchi, speri di usarle con saggezza.

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quella frase era lì

29/03/08

L'ho appena trovata in un .txt che s'appoggiava sul mio desktop da ottobre scorso, era lì ironica ed irrevocabile.

"Se la vita è uno stupido scherzo, dovremmo almeno poterci ridere sopra", Robast.

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incroci pericolosi

24/03/08

Non potevo non restare fortemente colpito dalla decisione di Magdi Allam di farsi battezzare da Papa Benedetto XVI durante la Messa di Pasqua.

Premesso che rispetto pienamente la sua scelta personale, motivata in questa lettera, e che non credo si debbano discutere scelte personali e profonde di una persona che è comunque un uomo maturo ed uno che pensa, trovo decisamente inopportuna questa scelta.
La trovo inopportuna non dal punto di vista di Magdi Allam, ma dal punto di vista politico-pastorale: quel battesimo poteva essere fatto in una veste più sobria, non direttamente dal Sommo Pontefice nella notte di Pasqua, ma da qualunque alto prelato (pare che la sua Fede derivi più dai piani alti che dal vivere tra la gente, ma ci può stare) e non in questo modo davanti al mondo. Il senso di questa cosa, coerente con l'impostazione di CL e di quella parte della Chiesa Cattolica, è quello di voler così affermare la superiorità cristiana rispetto alle altre religioni.
In questi tempi, in queste cose, si sente la mancanza di Giovanni Paolo II: lui l'avrebbe fatto con maggiore umiltà ed accompagnando questo non ad una dichiarazione implicita di superiorità, ma accompagnandolo con un gesto di pace e distensione per il dialogo tra i popoli.
Premesso che le scelte personali non andrebbero strumentalizzate così platealmente, trovo inopportuno momento e modo con cui è stato fatto, oltretutto da un Pontefice che, come ricordava un documentario di sabato mattina sulla RAI, a differenza del suo recente predecessore non ha più convocato ad Assisi giornate ecumeniche di preghiera per la Pace, bene supremo che dovrebbe contraddistinguere i Credenti dagli altri.

In questi tempi, c'è una responsabilità della religione che dovrebbe lavorare concretamente per la pace, come il Dalai Lama o la recentemente scomparsa Chiara Lubich ed evitare di compiere gesti così plateali e potenzialmente portatori di implicite minacce.

Chiudo ribadendo che tutto questo discorso prescinde dalla scelta personale del diretto interessato.

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aggiornamenti

22/03/08

Ops, accortomi di aver riversato qui un po' troppa roba, eccovi un sommarietto
1. com'è andata ieri mattina (clicca qui)
2. di questi giorni (clicca qui)
3. un ottimo gruppo musicale (clicca qui)
4. tre personaggi per il futuro dell'Italia (clicca qui).

Buona lettura.

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I soliti insospettabili, missione da manuale per LA Consegna

PREMESSA: questa è la storia vera della mia mattinata di ieri, 21 marzo 2001.

La mattina mi alzai all'alba, secondo i dettami del Capo. La missione era delicata ed il primo comando era: rendersi insospettabili. Fu così che optai per la mia Harley Davidson 50cc perché pensai che nessun sicario userebbe un cinquantino per compiere una missione pericolosa come la mia. Mi infilai il mio casco integrale nero, quello con lo stemma del Parma FC dietro: temetti che questa cosa potesse rendermi sospettabile, ma avendo vinto mercoledì contro il Palermo mi tranquillizzai.
Partii alle 7h30 del mattino dalla mia stamberga in periferia zona Ronchetto delle Rane. Pensai che per rendermi più insospettabile avrei dovuto fingere di recarmi in una qualche scuola. Puntai a quella più vicina, proprio dietro casa mia, ma una volta arrivato sul posto, due agenti mi videro sgasare sulla mia Harley50cc col casco nero in mezzo a dei marmocchi delle elementari, capii che stavo facendo una stronzata e sgasai via.
Scelsi di fuggire lungo la via contromano, perché solo i ragazzetti stupidi fanno 'ste robe e questo mi rendeva ancora più insospettabile. L'idea di recarmi a scuola mi sembrava però da riconsiderare e mi lanciai verso l'istituto che sta dietro alla Chiesa della Barona: nessun sicario come me andrebbe in Chiesa il giorno di una missione, e questo mi rendeva ancora più insospettabile.
Sgommai due o tre volte sul sagrato in modo da lasciare delle tracce e crearmi un alibi, sentii anche degli spari in lontananza e pensai che questo mi rendeva ancora più insospettabile perché dimostravo di essere lontano dal fuoco della malavita, poi mi diressi verso l'istituto. Mi trovai circondato da liceali, la mia Harley50cc svettava in mezzo ai loro sfigati motorini booster50cc: pivelli!
Cercai di intrufolarmi nella folla per rendermi insospettabile, ma senza levarmi il casco nero per non farmi riconoscere, d'altronde erano già tutti praticamente neri. Girandomi attorno, vidi che erano tutte ragazze e ci misi una mezz'oretta per capire di essere finito in un istituto di educande. Pensai che sperimentare le mie tattiche di seduzione così, di primo mattino e prima di una missione così importante, mi avrebbe reso ancora più insospettabile. Mi avvicinai allora a qualche pavoncella che ronzava lì intorno proponendogli di "fare buca" assieme. Al sesto-settimo tentativo, le liceali avevano devastato la mia autostima di seduttore con una serie di due di picche che però servivano per aumentare la mia insospettabilità e crearmi un alibi.
A questo punto, pensai che avevo un alibi abbastanza forte per poter recarmi al rendez-vous coi miei soci. Pensai che arrivare al luogo A facendo vie in contromano, mi avrebbe reso ancora più insospettabile e rischiare quei 4-5 frontali con i tram sarebbe riuscito a far credere a tutti che ero un quindicenne sfigato che sgasa per le vie di Milano.

Arrivai finalmente al luogo A dove il capo ci avrebbe fatto trovare il pacco che dovevamo portare al luogo B. Lì, nel parcheggio del "Dipartimento", trovai i miei soci: il capo mi aveva affidato lo Sghembo, un avanzo di galera uscito da dubbi trascorsi fra la destra ultra-fascista, eversiva e clandestina ed una serie di comunità-cliniche di ricovero contro l'anoressia maschile. Lo Sghembo è qualcuno a cui non puoi farla. Lo Sghembo ha un repertorio di armi da far invidia ad un film western. Lo Sghembo aveva un fiatone incredibile ché era appena arrivato su una bicicletta sfigatissima, rigorosamente nera con croci celtiche cammuffate da simboli della pace per rendersi insospettabile, dicendo che fingeva il fiatone per non far capire che in realtà lui era allenatissimo, anzi che così era più insospettabile: ammirai la sua arguzia e sagacia che confermavano la sua reputazione di poco di buono e la mia stima per lui. Io e lo Sghembo eravamo perfettamente puntuali nel parcheggio del Dipartimento, anzi addirittura in leggero anticipo rispetto al "rendez-vous time", che non sapevamo cosa fosse ma il capo lo usava sempre prima di darci l'orario del ritrovo: secondo noi, questi termini aiutavano a renderci insospettabili.
Chiesi allo Sghembo se si era reso insospettabile. Mi rispose a mezzo ghigno che quella mattina aveva creato cinque o sei sparatorie tra la Bovisasca, la Barona e la Comasina in modo da avere un alibi di ferro (ora capii anche gli spari vicino alla Chiesa, e lo ringraziai perché nella sua sagacia aveva creato un alibi anche per me, che uomo lo Sghembo!). Aveva poi gettato tutte le armi in un canale verso il Corvetto in modo da rendersi ancora più insospettabile (ora capii anche il perché si quel suo asmatico fiatone).
Ammirando la sagacia dello Sghembo, gli chiesi se sapeva chi sarebbe stato il nostro terzo sicario, ma disse che il Capo non gli aveva detto nulla per renderci ancora più insospettabili. Aspettammo guardandoci attorno nel deserto parcheggio del Dipartimento. Il Capo aveva provveduto a mandare il custode via in modo da renderci ancora più insospettabili. C'era solo la donna delle pulizie, quella che tutti chiamavano "Miss caffè-monociglio": una donna di età indefinibile , sicuramente non-giovane, chiamata così per la sua caratteristica di grattarsi il monociglio, sia quando beveva il suo caffè, sia per quando te lo portava col risultato che trovavi sempre i suoi deliziosi pelucchi che si confondevano nella bevanda nera. Caffé-Monociglio era una persona più che fidata, il suo discorso più lungo fu il "sì" il giorno del suo matrimonio e per questo il capo si fidava ciecamente di lei.
Dopo un quarto d'ora che si aspettava, io e lo Sghembo eravamo un po' infastiditi, anche se il mio socio iniziava finalmente a riprendersi dal fiatone. Il sole iniziava a sorgere sul grigio cielo di Milano. Ci chiedevamo quando sarebbe arrivato il terzo socio, ché iniziava a farsi tardi e forse questo ci avrebbe fatto perdere in insospettabilità. Ci guardavamo in giro, ma ancora niente.
Caffé-Monociglio passò, ci vide e ci fece un cenno d'intesa con l'occhio. Io e lo Sghembo iniziammo a discutere se risponderle ci avrebbe reso più o meno insospettabili: lui diceva di sì perché lei è una donna fidata del capo, io preferivo di no perché qualcuno avrebbe potuto vederci. Mentre discutevamo, sentimmo arrivare un cavallo e finalmente vedemmo il nostro terzo socio. Lo Sghembo lo conosceva appena, ma lo riconobbe e me lo presentò: "Ciao, sono il Ganassa il vostro terzo socio, scusate il ritardo ho avuto problemi... col mezzo" e mi fece l'occhiolino. "Sei in ritardo di un quarto d'ora, - ribattei io - questo potrebbe farci perdere di insospettabilità. E poi che cazzo di nome è "Ganassa", non mi incute mica timore".
Lo misi subito in difficoltà, sudava e mi rispose che era la sua prima missione e non sapeva che nome darsi. "Ganassa non è un nome per una missione da sicari", lui ribatté dicendo che voleva un nome che iniziava con la stessa lettera del suo vero nome. Lo Sghembo provò a suggerirgli qualcosa come "Guardiacaccia", "Guicciardini", "Gecchino". Io obiettai allo Sghembo che si dice "cecchino". Lui, senza distogliere lo sguardo, aprì la giacca facendomi vedere il coltellino svizzero che teneva nella fondina. Rabbrividii al solo pensiero di cos'altro poteva nascondere quell'uomo.
Il Ganassa obiettò che nessun altro nome gli piaceva, anche se Gecchino un po' gli piaceva. "Basta discutere, - feci io - Sghembo, Signor G andiamo: abbiamo una missione da compiere".
Lo Sghembo trasalì a sentire "Signor G", conosceva tutta la discografia di Gaber al completo e nel 1973 l'aveva pure conosciuto; il Ganassa disse che non sapeva chi fosse Gaber e questo creò certe tensioni con lo Sghembo che dovetti placare prima che arrivassero alle armi. "Cazzo signor G, perché sei venuto a cavallo??? Dobbiamo essere insospettabili", lui mi rispose che era per via dell'Ecopass, altrimenti non l'avrebbero fatto passare in centro. Gli dissi che era una puttanata e che doveva fottersene, lui mi rispose che era l'unico mezzo che aveva qui a Milano. "Merda!", feci tra me e me "questo ci fotte l'insospettabilità. Lascia quel somaro, andremo in due sulla mia Harley50cc, altrimenti ci sgamano subito".
Entrammo nel Dipartimento per prendere il "Pacco segreto", lo trovammo nell'ufficio del capo, dove ci aveva detto. Tutti e tre ammirammo la precisione delle indicazioni del Capo. Lo Sghembo mi fece notare che se entravamo e subito uscivamo saremmo stati sospettabili, aspettammo così un 30' nell'ufficio del capo. Io accendevo un po' di luci, sbattevo un po' di porte, mentre lo Sghembo camminava qua e là lasciando tracce in modo da far vedere che l'ufficio era vissuto. Il Ganassa accese il computer, quando lo Sghembo se ne accorse era già su di lui con un coltellaccio in mano: "CAZZO FAI, GANASSA??? - urlò lo Sghembo - il PC lascia tracce, ci fotti l'insospettabilità!!!". Bloccai lo Sghembo "è un'idea geniale, così sembrerà che stavamo lavorando al PC". Il Signor G annuì dopo aver sudato sette camice. "D'accordo - disse lo Sghembo - ma vai solo su siti insospettabili, hai capito?". Il Ganassa controllò timidamente la sua email, aveva appena scritto "www.corriere.it" quando timidamente si girò verso me e lo Sghembo: "Posso?". Io e lo Sghembo discutemmo un'altra mezz'oretta: lui sosteneva di no perché nell'ufficio nessuno leggeva il giornale e questo ci avrebbe reso meno insospettabili, alla fine io mi trovai d'accordo con lui, ma maledissi il capo per averci mandato il Signor G.
Era passata ormai oltre un'ora, eravamo in un fottuto ritardo e dovevamo muoverci. Presi il pacco ed uscii, mentre lo Sghembo chiudeva l'ufficio. Il Signor G lanciava improperi a caso per fingere di essere un duro.

Eravamo di nuovo nel parcheggio, il cavallo del Ganassa lo aspettava in un angolo, mentre la bici dello Sghembo era appoggiata alla mia Harley50cc: "Non dovevi farlo, Sghembo" urlai mentre lo presi per il bavero. "Hai ragione, scusa, - rispose lo Sghembo - ma non urlare, rischiamo di perdere insospettabilità".
Sbattei lo Sghembo contro il muro e andai verso la mia Harley50cc; il Signor G era andato ad accarezzare il suo cavallo e questo irritò moltissimo lo Sghembo che gli lanciò dietro qualche insulto in tedesco. Né io né il Signor G capimmo cosa voleva dire, ma capimmo subito le sue intenzioni ed il Ganassa abbandonò il cavallo senza discutere. Tra me e me mi chiedevo se questo ci avrebbe fatto perdere o guadagnare in insospettabilità.
Partimmo io e il Ganassa sulla mia Harley50cc e lo Sghembo sulla sua bici nera con le croci celtiche cammuffate da simboli della pace. Io uscii un quarto d'ora prima della bici dello Sghembo che era più illogico e questo ci avrebbe reso ancora più insospettabili. Lo Sghembo ci recuperò 25 minuti dopo all'angolo.
Lì inizio una discussione su quale fosse l'ufficio postale a cui dovevamo consegnare il pacco: sulle istruzioni della missione c'era scritto "ufficio centrale", lo Sghembo riteneva quello della Stazione, io quello in Centro. Mentre discutevamo animatamente, il Signor G suggerì, per tagliare la testa al toro, di andare a quello di via dell'Ortica che era il più vicino e che lui conosceva bene. Lo Sghembo si emozionò a sentire quella via citata in tante canzoni di Gaber. Li mandai a 'fanculo e decisi io perché io ero il capo: posta centrale!
Partimmo ed il Ganassa seduto dietro di me iniziò a cantare "Azzurro, il pomeriggio è sempre azzurro...". Non so come, ma lo Sghembo dalla bici con i simboli nazisti mascherati da pacifisti era già su di lui puntandogli addosso un coltellaccio a serramanico che solo a vederlo mi spaventai. Ci fermammo e con lo Sghembo discutemmò dell'opportunità di cantare durante la missione: secondo lui era una stronzata, io commosso dallo sguardo innocente del Ganassa, approvai la decisione dicendo però che doveva cambiare repertorio ed adeguarsi a qualcosa di più insospettabile ché Battisti ormai era demodé. Il Ganassa obiettò che quella canzone non era di Battisti, ma lo Sghembo lo fulminò con lo sguardo ed il Signor G capì che era meglio evitare quella discussione. Propose allora Guccini, ma a Milano questo non ci avrebbe reso insospettabili, lo Sghembo aveva proposto Gaber, ma il Ganassa non conosceva i testi. Ci accordammo su "Lacio Drom" dei Litfiba, che in fondo è un classico insospettabile.
Ripartimmo, io e il Ganassa sulla mia Harley50cc e lo Sghembo sulla sua bici. Per renderci insospettabili, proposi al Ganassa di scegliere strade contromano, ma in quel quartiere erano tutti dei dannati doppisensi.
"Hey Guicciardini - intimò lo Sghembo al Ganassa - cambia canzone che Lacio Drom m'ha rotto i coglioni". Il Ganassa mi chiese se lo Sghembo stasse parlando con lui, io dissi "penso di sì, ma non so cosa cazzo sia un Guicciardini". Fu così che scoprimmo che lo Sghembo, nei suoi molti ricoveri in comunità-cliniche si era dedicato allo studio della letteratura italiana: questo aumentò ancora la mia stima nei suoi confronti, ma non capii se eravamo più o meno insospettabili, mentre il Guicciardini ri-attaccò a cantare "è il mio corpo che cambia...".
Per renderci ancora più insospettabili, decidemmo di cambiare strada, imboccammo una via contromano per passare a Chinatown. A quell'ora del mattino, così come in qualunque orario da quelle parti, regnava un silenzio surreale. Io e lo Sghembo discutemmo se il continuare a cantare ci avrebbe reso più o meno insospettabili. Mentre Noi discutevamo, il Signor G iniziò a cantare "Contessa" dimostrando di conoscere a memoria il testo e rivelando così simpatie "rosse" che provocarono seri attriti col cuore nero dello Sghembo. Dovetti accellerare per evitare che i due venissero a contatto. Uscimmo da Chinatown dopo aver rischiato un frontale con un tram che passava proprio in quel momento. L'incidente mancato allontanò la mia Harley Davidson 50cc dalla Bici nera ci simboli fascisti mascherati da pacifisti dello Sghembo. Tutto questo, calmò gli animi tra Guicciardini e lo Sghembo.

Eravamo ormai in prossimità della posta centrale dove dovevamo portare il nostro pacco segretissimo, ma non ci sentivamo ancora abbastanza insospettabili. Alla vista della posta centrale, lo Sghembo trasalì quando riconobbe lo stile fascista del palazzo ed in automatico il Guicciardini iniziò a cantare "Faccetta nera", riconciliandosi definitivamente con lo Sghembo che, per la prima volta in vita mia, sentii cantare. Dopo aver perso buona parte della nostra insospettabilità, decidemmo di dividerci per recuperarla: lo Sghembo, ormai riconciliatosi con il Signor G, gli diede uno dei suoi cannoni, importato direttamente da una fabbrica clandestina in Croazia, e gli disse di andare a sparare qualche colpo nella via dietro la banca, verso il Commissariato perché solo dei pivelli avrebbero sparato colpi da quella parte, mentre lui gli faceva da palo in bici. Questo avrebbe garantito a me l'insospettabilità, mentre entravo a spedire il pacco. Bastò uno sguardo ed eravamo tutti in azione.
Mentre compievo la parte finale della missione, sentii due spari fuori dall'edificio delle poste, poi la volante della Polizia. Altri spari, vetri rotti e sgommare di ruote sul pavé: il Ganassa aveva esplosì sì dei colpi, ma contro un funerale nella Chiesa di fianco alla banca, creando il panico tra i parenti già commossi per il caro estinto. Lo Sghembo era arrivato a rimproverarlo, mentre i poliziotti si interrogavano se sparare contro una bara fosse sufficiente per arrestare i due.
Capendo l'aria che tirava, uscii insospettabile nella folla e sgommai verso casa a bordo della mia Harley50cc, mandando l'SMS al capo dicendo che era tutto sistemato, anche i miei Soci. Sapevo di essere un bastardo lasciandoli soli, ma la missione era più importante. E poi, lo Sghembo ce l'avrebbe fatta anche quella volta, mentre il Guicciardini si faceva un po' le ossa.

Ora, mentre sono qui a scrivere questa storia, mi chiedo che fine abbiano fatto il Ganassa-Guicciardini-Signor G e lo Sghembo, ma tant'è... La missione è compiuta e nessuno ha sospettato niente.

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Dopo la tempesta, il riposo ed uno sguardo al paese che mi ritrovo intorno, al mio paese...

Ho passato 3 settimane di follia lavorativa dove, se andava bene, uscivo dall'ufficio per le 8, spesso più tardi e, quasi sempre, avevo da lavorare la sera a casa.
Tempi intensi, non mi lamento del lavoro, della cattiva organizzazione sì. L'organizzazione determina l'efficienza del lavoro, ma non è detto che ne influenzi l'efficacia e la qualità. Mi hanno lanciato come project manager per un progetto europeo, non ho ben capito cosa significhi:
grande occasione (in genere questo incarico lo ricopre chi ha almeno 5-7 anni di esperienza più di me),
grandi responsabilità (anche se il progetto è relativamente piccolo per dimensione e durata),
grande impegno e rottura (significa che mi affidano le parti gestional-amministrativo-contabili, wow!).

Ora, dopo aver ricuperato un po' di ore di sonno, mi lancio nelle pur brevi vacanze pasquali dove mi toccherà cercare di non lasciare troppo indietro i molti arretrati, ci provo.

Intanto, riporto una riflessione di mio padre che mi ha aperto gli occhi sulla condizione italiana contemporanea.
"Vedi
- mi diceva - l'Italia di oggi è come l'Argentina di Peron: abbiamo un ceto medio che vira verso forme di fascismo perché si sente insicura, vuole diritti e sicurezza senza il peso di dover lavorare e sbattersi. Abbiamo una crisi di produttività dettato da un ceto medio che si considera "arrivato" e non è più disposto a sacrificarsi per confermare questo suo status e reclama lo Stato che ci pensi lui a garantirlo".
Premesso che queste non sono le sue parole testuali, il succo però c'è. Temo sia un'ottima immagine esplicativa di questo paese (ma direi anche della Francia e, forse, anche di certi Lander della Germania).
Temo questa cosa perché è dal trascinarsi inerziale delle cose che nascono le peggiori minacce: quando un pericolo si manifesta immediato ed incombente, è ben visibile e ci si mobilita per intervenire, quando è lento e inerziale la maggioranza diventa cicala e le formiche delle Cassandre.

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ieri sera, nobraino

Ieri sera ho scoperto questo gruppo e, ammetto, mi sono piaciuti talmente che concedo loro il privilegio di far loro pubblicità (eh eh! l'ho sempre detto che questo blog è autocelebrativo).

Quindi, li trovati qui su MySpace oppure questo è il loro sito.
Buon ascolto ;-)

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Aldo, Peppino e Chiara, il lato bello dell'Italia

16/03/08

Esiste una storia d'Italia bella, allegra, che da speranza e voglia di futuro. Sono tre storie, tre persone del passato, tutte morte ma in maniera diversa, molto diversa. Tre riferimenti per l'Italia che deve venire.

Il primo è Aldo Moro, la cui tragica fine coincide con il punto più basso della storia della nostra Repubblica. Aldo Moro fu ucciso per evitare l'avvicinamento tra la DC e le forze politiche rosse, fu ucciso da chi non voleva compromessi. E fu ucciso barbaramente. Aldo Moro era uno di quelli che, dai piani alti del potere romano, aveva capito che le istanze di rinnovamento rivendicate da quelle frange più progressiste ed estremiste della società italiana (frange spesso violente) degli anni '70 dovevano essere ascoltate e che bisognava rompere l'immobilismo (democristiano) in favore del dialogo. Aveva cercato di gestire il conflitto sociale coil dialogo, invece della repressione e del muro-contro-muro. Aldo Moro non era un santo, era (solo) un politico che aveva capito tutto questo. Non credo neanche che sia stato tra i più grandi politici dell'Italia, ma sicuramente aveva capito che un paese va governato capendolo, ascoltando e dialogando, senza arroccarsi su posizioni e nella difesa di interessi di parte. Il suo rapimento ed omicidio restano, sicuramente, la cruna dell'ago nella storia repubblicana, una vicenda personale tragica che è tutta politica. Una vicenda degna di una tragedia greca vissuta dalla collettività di un paese, il BelPaese, che, a mio avviso, dovrebbe metabolizzare con maggiore profondità questa vicenda.

Il secondo è Peppino Impastato, noto per il film (e la canzone) dei Cento Passi. Quel film è accusato di aver mitizzato un po' il personaggio. Non escludo che l'accusa sia fondata, ma per combattere la Mafia c'è bisogno di miti concreti, reali, vissuti. Di gente come Noi che respirava, mangiava, rideva, si divertiva e si incazzava, s'innamorava e scopava come tutti gli altri della sua generazione, di ogni generazione di giovani. Eppure, il coraggio di combattere la Mafia non è di tutti. Questo cancro che attanaglia alcune delle più belle regioni d'Italia dovrebbe essere il male comune contro cui tutta la società deve ribellarsi perché ancora troppe connivenze e zone d'ombra permettono a quella gente di prosperare. Impastato fu trovato morto la stessa notte di Aldo Moro, ucciso chiaramente dalla Mafia.

Infine, in questi giorni è venuta a mancare Chiara Lubich, probabilmente la più bella storia del Cattolicesimo italiano del XX secolo (anche se tra lei e don Milani non saprei chi scegliere). Chiara Lubich è una che visse la Carità cristiana nel senso più alto, aiutando chi aveva bisogno sempre e comunque e aprendo ponti di dialogo per la pace. Chiara Lubich rifuggì l'ideale di imposizione del pensiero unico, che qualcuno ritiene essere cristiano, in favore di un approccio dove la Carità e l'Amore per i fratelli sono rivolti all'universalità dell'umanità. I Focolarini, movimento di cui non faccio parte, sono una delle realtà più belle del Cristianesimo italiano contemporaneo per il loro agire concreto, discreto e molto molto efficace. Loro lanciarono lo slogan "Santo subito" per Wojtila, ma questo è poco importante, più importante è che loro coniugano il principi di Carità cristiana nell'economia (a differenza di altri che la sera fanno la carità e di giorno si fanno i loro affari...). Chiara Lubich, col suo fare discreto da donna trentina d'altri tempi, resta la testimonianza concreta di una Chiesa che piace, molto. Un modo di fare degno della gente delle Alpi, degno di quel messaggio che viene direttamente dal Vangelo dove non conta come ci si dichiara, i discepoli di Cristo si riconosceranno dai loro gesti, da come accoglieranno i loro fratelli e dall'amore che sapranno testimoniare. Purtroppo non trovo le parole esatte, ma serve per ricordare che le azioni sono la differenza cristiana, non le etichette.

Queste storie le voglio considerare come eredità dell'Italia in cui voglio vivere, a differenza di chi candida fascisti pur di accaparrarsi voti perché "contano più i giornali che gli ideali" o di chi si dichiara simbolo dell'imparzialità del movimento di cui fa parte ed il giorno dopo si candida con il Pdl...

Un'altra Italia, bella, positiva, costruttiva e, soprattutto, molto concreta c'è stata. Spero che sia questo il passato che impegna il presente per il futuro...

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metrò | pensieri | motorino | pensieri

14/03/08

In metrò vedi uno spaccato di società contemporanea come in nessun altro documentario. Ne vedi la grettezza, i teenager che si scambiano i primi bacetti, gli occhi spenti dei proletari-senza-figli del III millennio lavoratori della conoscenza.
In metrò ascolti musica, leggi. Talvolta tornavo dormicchiante.
In metrò vedi poveri, in giacca e cravatta, con la cartella Invicta, suonatori, qualche ubriaco.

- Partisans sur Vercors -

In motorino, no.
In motorino sei solo, coi tuoi pensieri: ansie da inizio giornata, stanchezze della fine, motivetti orecchiabili rimasti in testa da chissà dove.
In motorino devi stare attento, un attimo e ti sbuca da destra, poi il SUV che ti sbatte addosso la sua boria gassificata e poi - peggiori di tutti - gli arroganti ATM che avendo un servizio pubblico pensano di essere giustificati a non rispettare le regole. E di fartelo pesare, tanto loro hanno un enorme bruco di ferraglia, indistruttibile rispetto ai tuoi 100 cc.

- Fatigué aux pieds des Alpes -

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raptus consumistico

08/03/08

Per una serie di circostanze astrali che chissà quando si ripeteranno (tra cui il dormire 12 ore) oggi sono stato preso da un raptus consumistico come raramente mi piglia (praticamente mai, ma tant'è...).
Questo raptus però si è scontrato con un umore degno del Dott. Casa (che voi volgarmente chiamate dr. House...) ed un'ondata altermondialista (grazie Herrol, sei la mia buona coscienza! un giorno ti risponderò anche alla mail...). Eccomi allora in strada a sfogare tra le vetrine questo mio raptus.
Ho scartato subito tutto quello che era mangiare, visto che avevo già pranzato e la cena era lontana. Di comprare abbigliamento manco a parlarne visto che non avevo nessuna voglia di farmi lo sbattimento di andare-scegliere-provare-riprovare-scegliere-comprare (ma è sempre complicato comprare abbigliamento?) e quindi già avevo scartato almeno i 2/3 dei negozi raggiungibili a piedi da casa mia.
Ah, perché assieme allo scazzo di provare i vestiti, non avevo manco la minima intenzione di muovermi. Certo, tutto quest'umore non è l'ideale per lo shopping, ma tanto ce l'avevo addosso e non se ne parlava di cambiarlo.
Mi sono recato allora in un negozio di computer, dove ci sono tanti gingilli bellini e costosi che ti appagano i raptus consumistici, ma non ho trovato nulla che potesse anche solo vagamente risultarmi utile. Anche perché, non l'ho detto prima, di comprare oggettistica-cazzuta non se ne parla. Ecco allora a frugare tra cartucce e carte per la stampante - tutte inutili - o chiavette USB, già più utili. Ma visto che vivo benissimo con la mia (che non uso) perché comprarne un'altra? Ecco, c'era la tentazione webcam che effettivamente non ho, ma se non uso il microfono, perché mai dovrei volere anche il video? Ho quindi scartato il negozio di computer e mi sono diretto in un luogo assolutamente ideale per il mio raptus consumistico.
Era un gazebo [NO, NON DI QUELLI ELETTORALI!] del Telefono Amico, soggetto fantomatico e misterioso di cui spesso dimentico l'esistenza e mi convinco, senza farmi troppe domande, della sua utilità (l'utilità del Telefono Amico è un'asserzione a priori che non ho mai voluto mettere in discussione....). Ecco, quel gazebo era pieno di quei libri classici, mai letti ed a poco prezzo.
Lì, in genere, la mia vita si rovina perché li comprerei tutti. Per poi non riuscire a leggerli, ovviamente, ma comprare i libri è - forse - il miglior peccato consumistico che si possa immaginare. Ho quindi frugato un po' fingendonomi un intellettuale esperto-colto-raffinato (cosa che molti... alcuni credono di me, anche se è falsissimo) e mi sono lanciato a consumare quell'atto libidinoso che è l'acquistare. Per la cronaca mi sono preso un dizionario Italiano-Spagnolo, visto che grazie ad Anna (che non ringrazierò mai abbastanza) mi sono lanciato a studiare questa lingua più-o-meno seriamente, ed un libro di quelli che tutti conoscono, ma nessuno ha mai letto, né sappia cosa dica ovvero il libro "L'arte della guerra" di Sun Tzu.
Consumare l'atto dell'acquisto, proprio lì, dà una particolare gioia perché esalti lo spirito consumista che c'è in ogni uomo contemporaneo, però lo fai con un tocco di intellettualismo (sempre libri sono) e di civismo (dai, il telefono amico è una cosa positiva, meglio dare i soldi a loro che ad una normale libreria...).
Ecco, ero finalmente appagato di quel mio atto consumistico, intimamente sovversivo, a tratti altermondialista direi. Ok, esagero, però date le premesse quello era il compimento esistenziale del mio stato d'animo.

Il mio animo era ormai lanciato e quindi mi sono spedito verso il negozio dell'equo e solidale vicino a casa mia a guadagnarmi lo zuccherino, che ha preso la forma di... caramelle. Caramelle che - mi sono ripromesso - consumerò solo in ufficio dove non ne ho mai. Ed altrimenti a casa le finirei subito. Almeno così le finirò subito, ma in ufficio.

Con questo cosa voglio dire che ogni tanto, cedere alla mania del consumismo avviene e, credo, che si possa acquistare in maniera diversa e non biecamente consumistica. Ma soprattutto, mi sono reso conto di quante robe assolutamente inutili avrei potuto acquistare.
Tant'è, ora leggo un po' Sun Tzu.

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varie ed eventuali

Questo articolo indica una gran verità della Chiesa, segno di una grande profondità di chi fa quell'analisi.

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dopo una giornata

06/03/08

Dopo una giornata iper-tirata attaccato ad Excel, c'è poca voglia di qualunque altra cosa, domani finirò questo maxi lavoro e dovrò prepararne un altro (più piccolo) entro lunedì, quando ne partirà un altro ancora da fare in due settimane.
Sembrano tornati i tempi delle sessioni d'esami del Poli, dove gli esami erano sinonimi di mazzate già da soli, ma poi qualche genio pensava che accorpandoli era più "razionale" e quindi si accavallavano determinandoti quella stanchezza cronica che solo chi ha fatto il Poli (ma non sul lato "ing") può capire. Però, posso dire di aver dato (e bene) tutti gli esami al primo appello.

Oggi devo salutare un'amica che se ne va, che trova lavoro altrove - lontano - in quella Cina immensa, misteriosa, immaginata, ma che in realtà nessuno conosce. In questi giorni, altri due carissimi amici tornano in quella che, per loro, è ormai solo "la città di quando erano studenti", mentre ora lavorano in Germania.

Penso che sia giusto vedere, per una volta, perdere il Milan, ha vinto talmente tanto che se per una volta perdono ci può anche stare. Poi, io sono convinto che la squadra andrebbe rifondata e che Ancelotti sarà il nuovo CT della Nazionale, dopo l'Europeo. Penso che la Roma abbia realizzato una grandissima impresa.

Oggi, dopo l'ufficio, l'unico pensiero era che avrei rivisto il mio nipotino, che è tanto bravo, anche se ora sorride solo per i genitori. Uffa! Oggi mi è arrivato il primo stipendio da dottorando.

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dopo la tempesta

05/03/08

Ho capito che la tempesta era passata quando martedì ha iniziato a piovere 5 minuti DOPO essere rientrato a casa: grazie del sostegno.

Vi lascio con una frase di uno spettacolo di Ascanio Celestini, grazie a una vecchia amica per avermelo fatto conoscere, che trasmettevano ieri su RadioRai3.
"L'amore è un segreto. Ed essendo un segreto, io non lo so"

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Scientificamente, il termine tecnico è sfiga...

03/03/08

Tutto ha avuto inizio venerdì mattina, quando un EX capo ti richiama dicendo che devo finire la "mia" parte di lavoro, omettendo il fatto che
- sono 3 mesi che ho cambiato lavoro,
- il ritardo è colpa sua,
- io ho già altro da fare visto che lavoro da un'altra parte (oltre al fatto che se ho cambiato, una ragione c'è).
Tra l'altro, 10' prima di questa chiamata, il mio attuale capo m'aveva pre-annunciato che nelle prossime 3 settimane c'erano delle scadenze importanti per cui avrei dovuto essere a disposizione circa... 20h al giorno, il resto tempo libero per lo studio... (queste scadenze erano previste, ma si sono rivelate più pesanti del previsto, quindi adeguaimoci, ma questo è il mio lavoro, non l'altro).

Per il week end, avevo programmato da tempo una piacevole gita a Torino per, tra le altre cose, andare al CioccolaTò con l'Alumni ASP, oltre che rivedere un po' di gente.
Si iniziava dal Direttivo dell'Associazione e poi via con la fiest... ed invece no! Dopo il Direttivo (di cui sono Segretario, altro compito che in genere non stimola la mia eccitazione) mi sono ritrovato a letto con 39° di febbre (grazie a chi si è preso cura di quel che restava di me!).
Il giorno dopo, più o meno ristabilito, mi hanno impacchettato e rispedito a Milano in stato praticamente comatoso (oltretutto, metà viaggio di m...a per un ragazzino che non mi lasciava dormire, oltre ai normali 20' di ritardo-FS).

Ad aiutare il mio umore alle stelle, mentre tornavo, avevo realizzato che, restandomene a letto, almeno avevo evitato quell'infame romanista di Ballerazzi che altrimenti mi avrebbe fatto pesare l'umiliante 0-4 subito dal mio Parma. Però restava una sconfitta veramente pessima.

Stamattina, svegliatomi, ho scoperto che qualche testa di c...o voleva fott... rubarmi il motorino e, non riuscendoci, intanto l'ha sfasciato. Per vendicarsi del fatto che non c'era riuscito (?!) ha pensato bene di fottermi i guanti nuovi, ovviamente dopo che avevo fatto cambiare gli altri 2 che mi erano stati regalati.

Per migliorare il mio umore, la prima delle due imminenti scadenze era una di quelle dove ci metti 4 ore prima capire che il lavoro che devi fare dura circa 40': soddisfazioni della vita!

Poi, dovevo partecipare ad un bellissimo e stimolante progetto, ma non solo per il sommarsi delle sfighe di cui sopra non ho potuto partecipare attivamente, ma la rete internet ed il lavoro mi hanno impedito anche solo di ascoltarlo

Poi, stasera, ricevo la notizia dall'Irreprensibile, che ho pure perso malamente al fantacalcio e, sempre per conciliare il mio umore con quello sport, ho perso perché i miei titolari hanno fatto schifo, mentre tutte le riserve sono andate ottimamente...

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A questo punto le questioni sono due:
- tutte queste sfighe sono esogene, quindi almeno avessi avuto una colpa: mangi pesante e poi stai male... ed invece no, sono stato male con un piatto di pasta asciutta! [Dannati virus, non potete riprodurvi senza devastare la mia cagionevole salute???].
- visto che stanno arrivando tutte ora, vedete di arrivare proprio tutte tutte così consumiamo la quota annuale di sfiga e siamo a posto per un po'.

In attesa della prossima sfiga, non riuscendo a cantare manco Messico e Nuvole, me la cavo con un tant'è...

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