Il futuro non è più quello di una volta

10/10/08

Questa frase è di K. Valentine (un comico tedesco dei tempi della Repubblica di Weimar, se non sbaglio), ma è diventata celebre quando fu ripresa da B. Brecht.

Frase molto divertente, drammaticamente vera e oggi quanto mai attuale. Gli storici che l'hanno analizzata hanno confermato che per la prima volta dal 1600, la generazione nata negli anni 1970-80 rischia di non avere la ragionevole certezza di stare meglio di quella precedente. Sono circa 4 secoli che, guerre permettendo, ogni generazione ha la ragionevole certezza di stare meglio di quella che l'ha preceduta. Ora non è più così e il futuro non è più quello di una volta.

Mi rimbalza in testa questo ragionamento da un po, poi alcuni fatti e due post di un mio amico (1 e 2) mi han convinto a scriverlo. Ripenso a un mio vecchio post sempre attualissimo e a un'intervista a D'Alema dell'estate 2007 (che proprio non riesco a recuperare).

La rivoluzione è finita, è vinta! La battaglia culturale e ideologica degli anni '70 - diceva D'Alema - è finita, vinta con la sconfitta del pensiero unico dominante, nessuna rivoluzione deve essere attesa, adesso c'è tutta la libertà culturale possibile, al punto che chi ieri comandava oggi ripete ossessivamente che il problema è il pensiero per cui tutto è relativo, confondendo una giusta analisi con la rivendicazione del potere culturale perso.

Oggi c'è lo spazio per fare, senza ideologie come gabbie, basterebbe fare e prendersi il posto che ci spetta. Facile da scrivere su un blog, molto meno da fare. La difficoltà è fare non da soli, altrimenti diventa Titanismo, ma altresì senza cadere in nuovi corporativismi.

La rivoluzione è vinta, ma il futuro non è più quello di una volta. Forse per questo ce l'hanno lasciata vincere, tanto ormai il loro tempo felice l'han fatto e ora sono XXXXX nostri!

"Generale, dietro la collina ci sta la notte crucca e assasssina...".

Ideologie, banalità, guerre culturali da vincere. Ma il Futuro non è più quello di una volta; negli anni '90 Morgan cantava "viviamo una decade di decadenza". Ti guardi intorno e vedi che per l'Europa dura ancora

Manca un piccolo grande passaggio però: bisogna riconoscere le cose buone, come insegnava Ambrogio, Prefetto dell'Impero e poi Vescovo di Milano, nei tempi di crisi bisogna unirsi attorno alle Istituzioni collettive che funzionano e prendere esempio dai Santi, ovvero da chi attorno a noi vale la pena di essere eletto ad "esempio" (sanctus, appunto).

Questi piccoli tasselli sono scritti tra il realismo di una considerazione di fondo nata guardandomi attorno qui a Londra, città che trasuda onori e monarchia, guerre e sangue. Viviamo un'età di pace insospettabilmente lunga. Alla crisi del '29 seguì un'onda lunga che portò alla guerra del '39. Erano anni molto diversi - lo ben so - e, soprattutto, la storia mai si ripete. Ma temo profondissimamente che il decennio prossimo venturo possa portare a ben più accesi conflitti che coinvolgano direttamente i grandi paesi.

L'Italia? Vista da qui si fa sempre più piccola e provinciale a causa della sua incapacità di essere seria e di giocare il suo ruolo che pure avrebbe nel mondo (potrebbe benissimo essere una potenza come sorella minore della Germania, europaae princeps).

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