il nodo del partitodemocratico

31/12/08

Dopo l'interessante discussione politica di ieri sera, ho focalizzato un (il?) nodo del PD.
Veltroni è stato investito del suo ruolo in maniera sostanzialmente plebiscitaria (non dimentichiamo che il ruolo di Presidente resta vacante...), il problema è che cerca di imporre il suo controllo gerarchico al Partito, sostenendo i suoi candidati in tutte le posizioni chiave e cercando di far fuori chi potrebbe fargli le scarpe o, comunque, potrebbe rappresentare una forza centrifuga in un momento difficile del partito.
Dall'altra parte si gioca ora a essere "più veltroniani del Walter", ora si malsopportano le sue decisioni, anche perché (e questo è il nodo) Veltroni è stato eletto lui, non il suo entourage, non i suoi uomini. La sua elezione è personale, è stata la "sua" vittoria, non della sua corrente o della sua fazione. Quelle primarie hanno dato la vittoria solo a lui, alla sua linea, ma non ai suoi uomini i quali dovrebbero conquistarsi la fiducia sul campo e non sulla base della loro appartenenza alla linea. Fedeli alla linea, ma poco concreti.
La scelta di Veltroni è dettata dalla paura di forze centrifughe, di un partito di marmellata o, peggio, dell'emergere di incontrollati potentati locali basati su clientelarismi ingestibili da Roma. Milano ne è il caso più evidente: non contano i continui fallimenti, conta che il partito sia in linea con la linea nazionale (quale sia questa linea poi non mi è chiaro, ma diciamo che mi metto tra gli osservatori "distratti"). Conta che a Milano ci siano segretari i Mirabelli e i Majorino, non che si vincano le elezioni con un progetto serio per la città; che a Firenze non ci siano sbandamenti dalla linea ufficiale eccetera... Curioso il caso di Torino e del Piemonte dove il partito gode sia della forza dei risultati sia della protezione di Fassino, non ho mai capito quanto esplicita, per cui può crescere a patto che non invochi altri posti nazionali, nonostante ci siano ottimi amministratori-dirigenti politici.
La personalizzazione della leadership porta a questi effetti, la "deriva" di ForzaItalia è proprio questa: un partito-accozzaglia fatto di potentati locali (o settoriali) tenuti assieme da un sol uomo che ne garantisce che si spartiscano tutti la loro fetta di torta senza farsi dispetti l'un l'altro. Eppur funziona, perché nonostante le televisioni Berlusconi da solo non potrebbe arrivare dov'è.
Il modello federale di partito che il PD potrebbe (dovrebbe) scegliere di accettare, dall'alto, che i livelli locali abbiano autonomia, creino le loro coalizioni, strategie, dinamiche sotto regole superiori, ma non sotto leadership nazionali.

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