definitely

24/02/10

Last night made me clear that Nietzsche was right: when we speak or write, we definitely speak about ourselves. It's so hard to assume the perspective of the other that we tend always to speak about ourselves. This is an enormous challenge, I don't want to say that we're unable to conceive the point of view of the other, just that this is not our natural/subconsciuous willingness.
I think we'd always try to make this kind of effort, always.

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sospettando su CL

L'inchiesta su FW e la 'Ndrangheta di cui leggete su tutti i giornali mi pone un serio dubbio perché forse non tutti sanno che gli alti dirigenti di FW sono legati a vario titolo a CL, così come molti politici di riferimento lombardi (ricordo che FW nasce da una costola di una municipalizzata del Comune di Milano, tralascio altre storie legate a fastweb).
Sebbene non ci sia nessun collegamento, mi tornano in mente le parole di De Magistris che, nella sua famosa inchiesta 'Why Not?', si era insospettito per un'insolita concentrazione di magistrati di CL in Calabria (hanno una loro corrente all'interno dell'ANM e molti di loro lavorano in quelle procure/tribunali). Questo non costituisce reato, ovviamente, avrei preferito non ci fosse questa coincidenza (reato è invece quello di quell'imprenditore che sfruttò CL per rubare fondi pubblici e muovere voti usando proprio quel movimento, ma quella è un'altra storia).
Ovviamente, non c'è nessun reato, ma che certi nomi ricorrano in queste vicende mi dà fastidio, molto fastidio. Un movimento con grandi insegnamenti dovrebbe essere al di sopra di ogni dubbio, i responsabili di quel movimento forse dovrebbero essere più severi verso i conniventi con associazioni mafiose, come già fece Giovanni Paolo II ad Agrigento. Non accuso nessuno perché non ci sono reati in vista, ma una posizione più chiara di CL su queste cose credo la auspichino tutti, in primis gli aderenti al movimento. Non credo sia bello che tale nome sia accostato così spesso a storie così brutte di mafia, corruzione, affari e politica.

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ammirando CL

Io non sono di CL (e non condivido certo la linea de IlGiornale), ma ho letto un articolo che ho ammirato moltissimo. Mi piacerebbe che le persone intelligenti si fermassero a leggere e riflettere su queste parole di Carròn, leader di CL e successore di don Giussani.

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Nessuno più si ricorda dell'Arcivescovo McWyzer

22/02/10

Il Cardinale Metropolita, l'Arcivescovo McWyzer chiudeva il lungo corteo col suo passo solenne. Là davanti, già ai piedi dell'Altare Maggiore, c'era il Borgomastro di Londra, il Conte Byrdzel, col quale aveva condiviso quegli anni di reggenza durante la guerra di pacificazione. Il Conte era un uomo tanto semplice, quanto caparbio e tenace: il suo aspetto pacioso confermava le sue origini dalla piccola Contea di Avonshire e all'inizio molti erano perplessi riguardo alle sue capacità di reggere la Capitale. Lo stesso Cardinale aveva nutrito qualche dubbio nel profondo del suo cuore, ma non l'aveva mai rivelato. Il Borgomastro aveva retto con pragmatica saggezza la situazione, proteggendo le corporazioni di mercanti che avevano finanziato la vittoria nella guerra.

Il corteo era partito proprio dalla Torre di Londra sotto la guida del Borgomastro. Dopo la benedizione ricevuta presso la Cattedrale, aveva attraversato la città a cavallo recando le insegne reali fino al limite occidentale delle mura dove il Re e gli altri dignitari di corte lo attendevano. Ricongiuntisi in riva al Tamigi, il corteo aveva proseguito in un clima di solenne festosità fino a Westminster. Le insegne reali furono deposte ai piedi dell'Abbazia per la benedizione del Cardinale, mentre tutt'attorno scendeva il silenzio.

Fu l'Ammiraglio Dancryng a raccogliere le insegne reali e, facendosene carico, a portarle dentro all'Abbazia. Un'antica e profonda amicizia legava l'Ammiraglio al Cardinale, amicizia nota ai più. L'Ammiraglio aveva servito fedelmente la corona e, nonostante l'età ormai avanzata, sarebbe rimasto in servizio ancora a lungo. Con ogni probabilità, l'Ammiraglio sarebbe stato promosso al grado di Feldmaresciallo generale di Britannia; il Cardinale non condivideva quella scelta, sebbene l'avesse appoggiata, perché non voleva oberare l'amico di un tale fardello. Uomo d'armi, fedelissimo della Corona, l'Ammiraglio era uno dei pochissimi ammessi nella cerchia privata del Cardinale McWyzer.

Dopo la benedizione, il corteo entrò a Westminster guidato dal Borgomastro e chiuso dal Cardinale. L'Abbazia era ornata a festa con le insegne dei casati presenti e gli araldi delle Corone giunte per l'occasione. Su tutte, la Corona di Russia era presente col suo Principe ereditario ed aveva mandato un cospicuo sostegno. Sperava, in questo modo, di ottenere i favori della Britannia ed assicurarsi un alleato forte nell'Europa del Nord. All'avvenuta unificazione della Corona di Britannia non era seguita la pace. Le altre città non accettarono il predominio di Londra ed il sovrano dovette passare i suoi anni da un assedio all'altro. Birmingham aveva condotto una strenua opposizione, anche grazie al supporto di Manchester e Liverpool. Il Regno appariva ora pacificato, ma stremato da una guerra tra poveri.

Il Borgomastro apriva il corteo, il Cardinale lo chiudeva: l'attenzione era tutta rivolta al Sovrano. Il giovane Re, Pietro I, non era stato praticamente mai nella Capitale impegnato com'era a sedare le rivolte delle città del Nord Ovest. Dopo aver preso la corona che fu di Re Artù, Pietro passò da un assedio all'altro cercando di far sì che alla sua incoronazione seguisse un'effettiva unità del Regno. Il Re era animato da un desiderio di tenacia misto a insofferenza per una guerra che si protraeva da anni: il suo animo focoso e violento in battaglia era accompagnato da una grande saggezza che l'aveva convinto a dedicarsi lui stesso alle campagne militari più impegnative, delegando ai suoi dignitari le funzioni di corte: il Borgomastro Byrdzel si occupò di Londra e delle attività commerciali, l'Ammiraglio Dancryng dei confini esterni, il Cardinale McWyzer aveva agito come sorta di Primo Ministro, dedicato alle province meno rivoltose.

Incedeva con passo lento, solenne. Sapeva che era proibito superare in velocità il passo del Cardinale metropolita. Il Cardinale si appoggiava al Pastorale di Westminster con sacralità in un misto di stanchezza per quegli anni così faticosi e di malsopportazione per l'atmosfera così affollata. Ieratico, il Cardinale fissava con affetto intimo il Re Pietro che andava a cedere la sua corona. Di fianco al Re, il nuovo Sovrano, Magnus I, suo lontano parente da un ramo laterale della casa di Svezia. Entrambi, come tutti, privi di qualsivoglia copricapo: il Re teneva in mano la sua corona, mentre il solo Borgomastro aveva il diritto di tenere il suo elmo, oltre naturalmente al Cardinale.

Mentre il corteo incedeva in un silenzio surreale il Cardinale pensava a suo padre, profugo tra le varie province celtiche, tra Munster e le Highlands. Ripensava al suo piccolo borgo di Cowdenbeath, vicino a Dundee, dove era cresciuto. Il Cardinale era uno scozzese bastardo, di limitata cultura aveva scoperto gli studi relativamente tardi. Ripensava ai primi incontri presso la Diocesi di Belfast dove fu mandato a studiare. In quel momento, ricordava il dialogo che ebbe col Cardinale Marzemino quando si trovava a Roma poco prima di diventare Cardinale: 'arriveranno tempi duri per il tuo popolo'. Facile profezia - pensò allora - ma in quel momento capì perché il cardinale avesse sottolineato più la parola 'tuo' che il resto della frase: ovvio che ci fossero problemi, McWyzer non aveva pensato che avrebbe dovuto seguirlo direttamente lui stesso.

Era un uomo schivo e scarno sin dai lineamenti. Asciutto negli zigomi, svettava naturalmente nell'abbazia per la sua statura. Segnato dalla durezza degli inverni scozzesi, mal sopportava gli agi della corte londinese. Aveva viaggiato molto, sia per accompagnare il Re sia per missioni sue. Aveva retto il regno occupandosi di tutto ciò che non fosse la guerra. Elevato agli onori di Cardinale Metropolita di Westminster dal Re, McWyzer aveva imposto regole dure e rigide. Sebbene non severe, quelle regole furono mal sopportate dopo un'epoca di anarchia e guerre. Uomo saggio, il Cardinale era stimato e rispettato, sebbene poco amato. Il suo fare chiuso e serioso gli faceva acquisire autorevolezza, ma molti insinuavano che fosse incapace di ridere.

Il Corteo attraversò tutta la navata principale e finalmente giunse all'altare. Il rito imponeva che tutti si aprissero al sopraggiungere del Cardinale e che, una volta salito sull'altare, fosse vietato volgergli le spalle. Di bianco vestito, il Cardinale non amava quel colore: si era auto imposto una semplice veste nera, talvolta corredata da una mantella porpora imposta dal suo status: giudicava quell'abbigliamento più consono ai tempi di guerra. Il bianco andava bene solo per le cerimonie più sacre.

Il Re Pietro I aveva ormai raggiunto i 65 anni e stava abdicando in favore di Magnus I. In questo modo si pensava che alla vittoria militare su Birmingham seguisse maggiore stabilità riducendo le ostilità personali tra il Re ed i Signori locali. Il Re era quasi coetaneo del Cardinale, anzi di qualche anno più giovane. Primo fu il Borgomastro di Londra a deporre le Chiavi sull'altare e poi l'Ammiraglio portò le insegne reali. A quel punto, Pietro I consegnò la Corona al Cardinale e si ritirò rispettando rigidamente la regola di non dargli le spalle. La pesante armatura divenne improvvisamente più lucida, leggera, mentre dietro di lui alcuni baroni e duchi si emozionarono.

Il Cardinale accolse quel semplice anello dorato che tante sofferenze aveva portato alla Britannia. La benedesse e la riunì alle sacre insegne di Bretagna. L'Ammiraglio lo guardava. Poco più in là il Duca di Canterbury deglutì fortemente: poco avvezzo alla vita militare, il Duca di Canterbury aveva passato quegli anni a girare le corti dell'Europa cercando assistenza per la Corona o, almeno, evitando che qualcuno se ne approfittasse della debolezza interna. Questa missione si univa per un disamore verso la Britannia dovuta alle sue origini metà linguadociane metà lorene. Il Duca di Canterbury aveva agito come una sorta di Nunzio esterno, godendosi le più agiate corti del Sud Europa.

Il Cardinale, nel ricevere la Corona, sapeva che di lì a poco non sarebbe stato più il Metropolita di Britannia. Per lui era prevista la carica alla Diocesi di St. Andrews, nella sua Scozia, dove avrebbe presieduto anche l'università che lui aveva elevato al rango di primate, al pari di Oxford e Cambridge. Molti malignavano che l'avessa fatto per suo stesso interesse, ma era una mossa per pacificare la provincia scozzese e rompere il monopolio oxoniano che, sempre di più, insinuava Londra. Inoltre, di lì a un anno la diocesi sarebbe diventato prepositurale di Scozia assegnandogli maggiore prestigio. Al Cardinale, tutto questo poco interessava. Viveva la cerimonia come la liberazione da un onere a cui erano corrisposti onori per lui poco interessanti.

Quando Magnus I fu incoronato, quel mondo finiva. Il viso severo del Cardinale era già in viaggio verso la sua terra, un tragitto finalmente più calmo dopo quegli anni di guerre. Il Borgomastro rimase a lungo a Londra godendosi una vita più tranquilla, mentre il Feldmaresciallo Dancryng coglieva spesso occasione per andare a salutarlo. Il Cardinale Prepositurale di Scozia tornò a Londra solo per la nomina del nuovo Cardinale Metropolita di Britannia, l'Arcivescovo von Braun di Ashton. Il nuovo metropolita era un suo discepolo della prima ora, sebbene assai diverso nei modi e nel temperamento.

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tempi

15/02/10

Lili Marleen

Vor der Kaserne
Vor dem großen Tor
Stand eine Laterne
Und steht sie noch davor
So woll'n wir uns da wieder seh'n
Bei der Laterne wollen wir steh'n
Wie einst Lili Marleen,
Wie einst Lili Marleen.

Unsere beide Schatten
Sah'n wie einer aus
Daß wir so lieb uns hatten
Das sah man gleich daraus
Und alle Leute soll'n es seh'n
Wenn wir bei der Laterne steh'n
Wie einst Lili Marleen,
Wie einst Lili Marleen.

Schon rief der Posten,
Sie blasen Zapfenstreich
Das kann drei Tage kosten
Kam'rad, ich komm sogleich
Da sagten wir auf Wiedersehen
Wie gerne wollt ich mit dir geh'n
Wie einst Lili Marleen,
Wie einst Lili Marleen.

Deine Schritte kennt sie,
Deinen zieren Gang
Alle Abend brennt sie,
Doch mich vergaß sie lang
Und sollte mir ein Leids gescheh'n
Wer wird bei der Laterne stehen
Mit dir Lili Marleen,
Mit dir Lili Marleen?

Aus dem stillen Raume,
Aus der Erde Grund
Hebt mich wie im Traume
Dein verliebter Mund
Wenn sich die späten Nebel drehn
Werd' ich bei der Laterne steh'n
Wie einst Lili Marleen,
Wie einst Lili Marleen.


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Davanti alla caserma
davanti al portone
si trovava un lampione
che è rimasto lì tutt'oggi
se ci volessimo rivedere
potremmo ritrovarci vicino al lampione
come una volta Lili Marleen
come una volta Lili Marleen

Le nostre ombre si fondevano
sembravano essere una sola
avevamo così tanto amore dentro di noi
che si vedeva subito anche da fuori
e tutti lo potevano vedere
quando stavamo vicino al lampione
come una volta Lili Marleen
come una volta Lili Marleen

Ma ecco che chiamò la guardia
"suonano la ritirata
questo ti può costare tre giorni"
"Camerata, vengo subito"
così ci dicemmo arrivederci
ma come avrei voluto invece venire con te!
come una volta Lili Marleen
come una volta Lili Marleen

Lei conosceva bene i tuoi passi
e la tua andatura delicata
tutte le sere si ardeva d'amore
ma nonostante ciò si stava dimenticando di me
procurandomi un gran dolore
chi ci sarà ora vicino al lampione
con te Lili Marleen? chi ci sarà?

Da luoghi silenziosi
dal profondo della terra
si alza come in un sogno la tua bocca
quando le tarde nebbie svaniranno
io sarò di nuovo vicino al lampione
come una volta Lili Marleen
come una volta Lili Marleen


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Underneath the lantern,
By the barrack gate
Darling I remember
The way you used to wait
T'was there that you whispered tenderly,
That you loved me,
You'd always be,
My Lilly of the Lamplight,
My own Lilly Marlene

Time would come for roll call,
Time for us to part,
Darling I'd caress you
And press you to my heart,
And there 'neath that far-off lantern light,
I'd hold you tight ,
We'd kiss good night,
My Lilly of the Lamplight,
My own Lilly Marlene

Orders came for sailing,
Somewhere over there
All confined to barracks
was more than I could bear
I knew you were waiting in the street
I heard your feet,
But could not meet,
My Lilly of the Lamplight,
my own Lilly Marlene

Resting in our billets,
Just behind the lines
Even tho' we're parted,
Your lips are close to mine
You wait where that lantern softly gleams,
Your sweet face seems
To haunt my dreams
My Lilly of the Lamplight,
My own Lilly Marlene.

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Devant la caserne
Quand le jour s'enfuit,
La vieille lanterne
Soudain s'allume et luit.
C'est dans ce coin là que le soir
On s'attendait remplis d'espoir
Tous deux, Lily Marlène,
Tous deux, Lily Marlène.

Et dans la nuit sombre
Nos corps enlacés
Ne faisaient qu'une ombre
Lorsque je t'embrassais.
Nous échangions ingénûment
Joue contre joue bien des serments
Tous deux, Lily Marlène,
Tous deux, Lily Marlène.

Le temps passe vite
Lorsque l'on est deux!
Hélas on se quitte
Voici le couvre-feu...
Te souviens-tu de nos regrets
Lorsqu'il fallait nous séparer?
Dis-moi, Lily Marlène?
Dis-moi, Lily Marlène?

La vieille lanterne
S'allume toujours
Devant la caserne
Lorsque finit le jour
Mais tout me paraît étrange
Aurais-je donc beaucoup changé?
Tous deux, Lily Marlène,
Tous deux, Lily Marlène.

Cette tendre histoire
De nos chers vingt ans
Chante en ma mémoire
Malgré les jours, les ans.
Il me semble entendre ton pas
Et je te serre entre mes bras
Tous deux, Lily Marlène,
Tous deux, Lily Marlène.

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Al salir de España
Sola se quedó,
llorando mi marcha
La niña de mi amor.
Cuando partía el tren de allí
Le dijo así mi corazón:
Me voy pensando en ti,
Adiós, Lili Marlen.

Aunque la distancia
Vive entre los dos,
Yo siempre estoy cerca
De tu claro sol,
Pues cuando tu carta llega a mí,
Se alegra así mi corazón,
Que sólo pienso en ti,
Soñando con tu amor.

Cuando vuelva a España
Con mi División
Llenará de flores
Mi niña su balcón.
Yo seré entonces tan feliz
Que no sabré mas que decir:
Mi amor, Lili Marlen,
Mi amor es para ti.

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Kasarmimme eessä
suuri portti on,
mi illan pimetessä
jää lyhdyn valohon.
Sen eessä jälleen
kohdataan,
ja lyhdyn alla
haastellaan,
kuin ennen Liisa pien´,
kuin ennen Liisa pien´.

Huomas kaikki heti,
meitä katsoessaan,
et´ lempi yhteen veti,
kun yks´ jäi varjo vaan.
Sen nähdä kaikki kyllä saa,
ken lyhdyn alla armastaa,
sun kanssas´ Liisa pien´,
Sun kanssas' Liisa pien'.

Iltahuudon hetki
liian pian sai.
Vois tulla kallis retki,
siks´ nyt jo lähden vain.
Sulle nyt
kuiskaan näkemiin,
vaik´ tahtoisin
mä kaupunkiin,
sun kanssas´ Liisa pien´,
Sun kanssas' Liisa pien'.

Askeleesi siellä,
kauniin käyntis myös,
ne tuntee lyhty siellä,
mi´ jälleen loistaa yös´.
Jos en mä enää
palaa lain,
ken lyhdyn al-
la seisoo ain,
sun kanssas´ Liisa pien´,
sun kanssas' Liisa pien'.

Kaikki sumuun häipyy,
maa ja taivaskin,
Huulillani säihkyy
tuo nimi rakkahin.
Luokses mä unel-
missain saan,
taas lyhdyn al-
la kohdataan,
kuin ennen Liisa pien´,
kuin ennen Liisa pien'.

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Bertolaso?

14/02/10

Che ridere... la gente si preoccupa che Bertolaso vada a farsi fare massaggi dalle brasiliane, mica si preoccupano dei milioni sottratti alle loro tasche! Che ridere...

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Fede e religione

Sono Cristiano, più che Cattolico. Mi interessa più il Vangelo che non la supremazia del Vescovo di Roma.

Vedo la Fede come uno strumento di ricerca della Verità, non come un confine tra chi detiene la Verità e chi no

Mi dispiace vedere certo odio e integralismo anticlericale. Spesso, sono persone intelligenti che lamentano una discrasia tra ciò che vedono nella Chiesa e il richiamo a Dio che sentono dentro di loro. Se solo distinguessero i limiti umani della Chiesa dal profondo richiamo che hanno dentro sono convinto che i Giusti potrebbero ricongiungersi, smettendo di pensare alla religione come motivo di divisione.

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perché odio S. Valentino

Se ami una persona, non hai bisogno di ricorrenze esterne. Ogni Amore è una storia a sé, sebbene il sentimento sia incredibilmente sempre lo stesso, ma ogni storia ha le sue ricorrenze, non vedo perché accumularle.
Nella mia stranezza e rigidità mentale, non starei mai con una donna che pretende di festeggiare S. Valentino, sebbene - in fondo - non sia questo un motivo veramente importante.

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della bellezza quotidiana

07/02/10

Io amo il Caffé. Sì, lo amo ed è un amore quotidiano. Lo amo la mattina al risveglio e spesso anche la sera dopocena. Amo il caffé durante il giorno, la mattina e, forse meno spesso, il tardo pomeriggio. Lo amo liquido, ma anche come gelato. Amo mangiare i chicchi di caffé tostati ricoperti di cioccalata. Amo la cioccolata al caffé. Insomma, amo il caffé nei diversi vestiti che sa assumere.
Mi piace molto mettere la mano in una cesta di chicchi di caffé. Ne amo l'origine esotica, da terre lontane; il piacere espresso tutto tradizionalmente italiano, ma anche profondissimamente mediterraneo.
Mi piace il caffé dolce e caldo. Mi piace bollente che ti brucia le labbra. Mi piace il caffé tiepido, facile e comodo da apprezzare e, ultimamente, mi hanno insegnato ad amarlo anche un po' più amaro. Ho imparato ad apprezzare anche il caffé con ghiaccio, per quando fa più caldo.
Il mio amore per il caffé è quotidiano. Anche se alcuni giorni non ci incontriamo, non mi va di berlo o, semplicemente, succede che quel caffè non accada. Il caffé, per me, non è mai premeditato. E' una bellezza gioiosa, ordinaria e normale, fantstica ed eccitante, quotidiana e semplice, anche quando il caffé non è venuto granché bene. Anche se magari mi ci sono scottato o se ho messo troppo zucchero o se l'ho fatto troppo leggero e allora viene annacquato.
Perché sì, è successo, col caffè ci sono giornate che sono andate storte, ma questo non significa che io non smetta di amare il caffé... perché io amo il caffé. Sì, lo amo ed è un amore quotidiano. Lo amo la mattina al risveglio... lo amo liquido... i chicchi di caffé tostati... i diversi vestiti... il piacere tutto tradizionalmente italiano... il caffé dolce e caldo... Il mio amore per il caffé è quotidiano... è una bellezza gioiosa... Anche se mi ci sono scottato... ma questo non significa che io non smetta di amare il caffé... ed è un amore quotidiano... la mattina al risveglio... i diversi vestiti... Il mio amore è quotidiano... Anche se mi sono scottato... questo non significa che io smetta... è un amore quotidiano...

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reazioni

04/02/10

Trovo molto poco interessanti le azioni, più interessanti le reazioni. Più che gli attacchi di Feltri a Feltri, sono interessanti le reazioni della Chiesa; più del bacio che dò alla ragazza che mi piace, è come lei reagisce.
E' l'eccesso, l'assenza, la saggezza o l'adeguatezza della reazione allo stimolo quello che trovo interessante. La capacità di reagire agli stimoli è la chiave a cui guardare. Una società che non reagisce alla caduta delle sue istituzioni è allarmante, così come una ragazza inerte di fronte al bacio che Le ho dato.
E se un due di picche si può dimenticare, il lento disfacimento di una società è assai più preoccupante. Se una donna che piano piano non ti risponde più è la fine di un amore, di molta cronaca ce ne possiamo disinteressare.
Raccomandazioni che valgono in primo luogo a me stesso, il mio inadeguato reagire a certe cose mi preoccupa, mi allarma. M'esalto per una saggia reazione che non m'aspettavo.

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Nowadays

Italian political debates are so interesting that I prefer watching the second division of the Dutch football league.

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some changes

02/02/10

I changes some stuffs on this blog. I'm trying to orient it towards more English stuffs coz I'd like to open my thoughts to more international stuffs. Recent stories about Italy are convincing myself that this is a declining country and that probably is escape, together with the 'right' people I know here. In any case, we must stop looking just ourselves, we must... Italians are (probably) the best, but the problem is Italy...
There are so many amazing stuffs all around the world that... Why just Italy? Colours in India, horses in Mongolia, smiles in Brazil, the Occitan spirituality and the rivers of Lyon. My beloved Germany and Scotland, where my soul is born.
So, let make some efforts, in the end this is just a blog...

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provinciali colpi di frustate

01/02/10

Ieri sera sono stato coinvolto in una discussione relativa la caso Boffo e, in generale, alla condizione italiana. Riporto alcune osservazioni che vorrei condividere con chi legge questo blog, o anche solo semplicemente perch'io me ne ricordi un domani.

Innanzitutto, il caso Boffo ha fatto fare una pessima figura alla Chiesa perchè, di fronte a un attacco degno di un regime dittatoriale, la CEI non ha difeso il suo rappresentante. La Chiesa, da molti analisti superficiali considerata monolitica, si è spaccata ed il risultato è che qualcuno l'ha difeso (la CEI) qualcun altro no (il Vaticano). Il risultato è, a mio avviso, pietoso per la Chiesa la quale è incapace di ammettere che al suo interno ci sono posizioni diverse, come invece per esempio reclama la Chiesa milanese che rivendica la possibilità di un dialogo pubblico e interno alla Chiesa.

In generale, trovo allarmante il fatto che in Italia queste cose si diano come polemiche normali. Ahinoi, l'opinione pubblica è ancora chiusa su un panorama nazionale Italia-centrico. Siamo incapaci di vedere l'anomalia italiana, siamo assuefatti ad una distanza tra informazione (o presunta tale) e realtà dei fatti che è, in realtà, intollerabile. Il provincialismo del BelPaese è allarmante, si confonde l'essere di Sinistra e quindi cercare "altrove" appigli e speranze con l'essere aperti al mondo, alle differenze, al guardare anche semplicemente cosa succede altrove. Ci sono italiani che di questo hanno fatto fortuna. Mi viene in mente l'avv. Agnelli il cui successo dipese dall'aver importato in Italia un certo stile tutto statunitense. Se ci abituiamo ai colpi di frusta che riceviamo, siamo poi incapaci di capire che forse è meglio non prendere frustate sulla schiena.

Infine, provo grande preoccupazione quando persone intelligenti si chiudono in integralismi intellettuali, incapaci di accettare ragionamenti e punti di vista differenti. Il teatro insegna che bisogna saper interpretare anche i punti di vista altrui, alcune persone invece non accettano che esistano anche punti di vista diversi, interessi diversi e legittimi, opinioni divergenti che possono farci ragionare. E' un habitus mentale che non dipende dal grado di cultura, dalla capacità di argomentare, dal ruolo sociale. L'intransigenza e l'integralismo di queste persone mi preoccupa perché li rende incapaci di intendere la complessità della realtà, complessità che deve essere esplorata e compresa, a prescindere dal giudizio che se ne vuole dare. Sebbene questo giudizio si mescoli con l'esplorazione.

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