Wien ed i moti dell'anima ovvero di quando un uomo di fermò a guardare la propria ombra

06/03/10

Passeggiando per Wien mi sono chiesto perché proprio lì fosse nata la psicanalisi, la presa di consapevolezza e lo studio razionale dell'inconscio. Mi sono chiesto perché proprio nella Capitale dell'Impero.
Pensandoci, l'Italia e la cultura mediterranea hanno sempre visto con una certa diffidenza il subconscio, sebbene non l'abbiano mai condannato. Dai moti dei tarantolati della Puglia ne abbiam ricavato un rito religioso. Poi, la cultura anglosassone in Scozia ha ricavato moti orrorifici come Dr. Jekyll and Mr Hide, o più giù nella Capitale inglese con Jack the Ripper. Il subconscio come moto animalesco da contrapporsi al genio imprenditoriale anglosassone. I Francesi, nel loro intransigente razionalismo illuminista han negato il subconscio che, invece, i meno tedeschi tra i cugini germanici hanno iniziato ad analizzare con rigore scientifico. Curiosamente, gli altri sono venuti da quella cultura brida alpina che si pone come laborioso crocevia tra le grandi culture delle pianure europee ed il degradare delle colline verso le infinite pianure che portano all'Asia.

Wien e il subconscio sono una storia incredibile: improvvisamente, nella storia della cultura umana, ci si è ritrovati a studiare quella parte di noi più impalpabile, indefinibile. Una parte che sentiamo, che addirittura influenza i nostri comportamenti, ma che non vediamo, una parte dell'uomo che l'Io non può vedere in quanto ombra di questo Io. Fermarsi a guardare la propria ombra, senza né timore né paura, senza estasi o estetizzazione, ma con fare scientifico. Poco importa che oggi il pensiero freudiano sia in larga parte superato, ma quello è il genio di chi ha fatto nascere una disciplina. Anche Adam Smith e Patrick Geddes sono in gran parte superati, curiosamente entrambi dalla mia Edinburgh dove vennero razionalizzate dinamiche sociali; Wien ha razionalizzato l'irrazionale, mi viene in mente la storia del Fantasma di Canterville con gli Americani che dissacrano quel povero fantasmino con la sua macchia colorata. D'improvviso l'inconscio diventa un oggetto di studio, come gli altri. Una nuova disciplina, ben presto elevato al rango di Facoltà accademica, e lui - l'inconscio - prima imbelle si ritrova nudo mentre gli tocchiamo il pisellino e le ferite d'infanzia, i litigi più intimi e il desiderio di morire e lasciare tutto. Ce lo vedo, l'inconscio, in camice bianche.

Mi chiedo perché proprio a Wien, in quella capitale decadente, simbolo per antonomasia del decadentismo europeo, dell'Impero pluricentenario al collasso. Città di Schiele e di Klimt, di Radetzky, generale delle vittorie di Pirro, degli Strauss e, prima di Mozart. Capitale, indiscutibilmente capitale Wien è. Il Metternich porta sulla scrivania di Franz Joseph il decreto di declino, sterilizzato come gli strumenti con cui ora si tocca il subconscio. Chissà se han detto a Franz Joseph che anche lui ne ha uno, chissà...

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