a proposito del referendum FIAT

16/01/11

Il piano di Marchionne per rinnovare la FIAT è assolutamente legittimo e esprime la libera scelta imprenditoriale di una società sostanzialmente multinazionale. La legittimità delle loro scelte è piena, ma ciò non vuol dire che io le condivida.
Mi interessa fino a un certo punto che la FIAT se ne sbatta così clamorosamente dei decenni in cui è sopravvissuta grazie allo Stato italiano che l'ha sovvenzionata fin troppo generosamente; mi interessa fino a un certo punto che teoricamente loro sarebbero italiani sin dal nome e della loro responsabilità sociale d'impresa, tema su cui avrei molto da dire.
Invece, mi interessa sottolineare come si stiano riscrivendo le regole di relazione impresa-lavoratori, a prescindere da riforme politiche. Assistiamo cioè a una rinegoziazione dei rapporti capitale-lavoro da cui il mondo politico è sostanzialmente escluso. Il Governo è incapace di prendere decisioni di merito, mentre l'Opposizione è incapace di prendere decisioni, in generale. Mentre la FIAT implementa i suoi programmi sostanzialmente uscendo dalla legislazione esistente. La gravità è che ci si sia ridotti a un referendum interno per qualcosa che, invece, dovrebbe passare attraverso una discussione e una Riforma politica, nel vero senso della parola. Trovo inammissibile che una sola impresa, per quanto importante, possa avere queste libertà e, così facendo, costituire un precedente per tutte le altre imprese. Il risultato è che la Riforma del sistema del lavoro avviene per iniziativa di un qualunque imprenditore ai danni del sistema generale.
Poi, nel merito, Marchionne è libero di fare tutte le proposte che vuole, anche di fare ricatti come quello che ha fatto, sebbene molti degli aspetti possano essere condivisibili o, quantomeno, ci sia apertura di confronto su molti di questi temi. Purché si passi attraverso una discussione politica, non sindacale mono-aziendale.
Io non so cosa avrei votato, veramente non lo so. Di fronte a un ricatto di questa natura non so cosa avrei votato. Probabilmente, per codarderia avrei cercato di salvarmi il posto di lavoro dicendo che ora conta più quello che gli ideali, ma l'avrei fatto vergognandomene moltissimo. Forse avrei votato contro sapendo che comunque avrei perso e almeno salvavo la coscienza e il posto di lavoro. Non so cosa avrei votato, molto difficile mettersi nei panni di quei lavoratori.
Rimane il problema di fondo: va bene modificare il sistema di mercato del lavoro, ma non si può avanzare attraverso singoli casi. Sicuramente, Marchionne ha ragione nel dire che c'è un problema enorme di produttività del sistema economico italiano. Tuttavia, le relazioni sindacali, che pure trovo insoddisfacenti, non mi sembrano affatto il tema centrale, visto che come dice Marchionne i costi del lavoro incidono circa il 7% per il totale FIAT.

2 commenti:

Anonimo 16 gennaio 2011 alle ore 20:20  

Quello del 7% lo sento ripetere molto come ragionamento ma mi sembra poco calzante. Gli stipendi possono anche persare poco (e infatti si propone pure di aumentarli), ma il costo capitale e operativo degli impianti no e l'aumento della produzione e della produttivita' va nella direzione di un miglior ammortamento dei costi produttivi in generale, non tanto di quelli legati al costo del lavoro. Anche perche' altrimenti si diminuirebbero i lavoratori e stop, ti pare?

Sul resto concordo con te anche se mi chiedo oggi come oggi quale sia la missione del sindacato: la difesa del lavoro, del lavoro ideale o dell'ideale del lavoro?

Papero

D21 17 gennaio 2011 alle ore 09:30  

Mah, hai ragione sul fatto che conta l'organizzazione generale del lavoro, ma mi chiedo se sia solo una questa la questione di una crisi di produttività delle imprese italiane. In altre parole, c'è dell'altro e di più rilevante ché non la produttività del lavoro.

Sul sindacato poni giustamente il dilemma. Come ho spiegato quando ho dato i numeri della CGIL, non sono più granché rappresentativi. E pure sulla loro cultura ci sarebbe moltissimo da dire: "la difesa del lavoro, del lavoro ideale o dell'ideale del lavoro?"

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