della Merkel

29/03/11

Le elezioni in Baden-Wurttemberg sono un segnale importante per Angela Merkel, un po' come se l'Emilia o la Toscana votassero a destra. In quest'articolo c'è un giudizio senza sconti, forse addirittura un po' duro e rancoroso, ma è solo un'impressione.
Io, della Merkel, ho ridimensionato pesantemente il giudizio. Premesso che la destra tedesca è il meglio che ci si possa aspettare e c'è da baciarsi i gomiti con una destra così, la Merkel è una politica clamorosamente sopravvalutata. Andava bene ai tempi della grosse koalitione quando serviva una guida debole e di compromesso, ora paga le troppe incertezze, il voler far la dura senza esserne capace e la mancanza di coraggio. Le non decisioni si pagano, l'elettorato vuole una guida che abbia il coraggio delle sue azioni per il Paese anche se forse sul momento non le capisce o non gli piacciono. Il suo elettorato si aspetta che la Merkel faccia quello per cui l'ha eletta, anche se magari gli elettori non sanno cosa significhi ma che lo faccia.
Invece, la Merkel è titubante, va bene per il compromesso e non per la leadership che, invece, era una grande qualità di Schroeder per restare in Germania.

Infine, due parole sull'opposizione. La SPD non ha vinto, ma benficia delle debolezze della Merkel. In un Lander da sempre governato dalla Destra se alternativa doveva esserci non poteva che essere non-SPD perché non si può dare la maggioranza agli avversari di sempre (l'SPD, appunto). I verdi 'à la' tedesca vorrei che fossero più forti in giro per l'Europa. L'esperienza di Cohen-Bendit in Francia è stata promettente, ma senza grandi seguiti. Speriamo, però, che l'ondata verde prenda forza e coraggio ché ne abbiamo bisogno.

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dato economico allarmante

Ieri è uscita una notizia allarmante che avrebbe dovuto monopolizzare la discussione politica: l'Italia, paese di risparmiatori che per questo s'è guadagnato una certa fama nel mondo proteggendosi anche contro la crisi, non risparmia più! E' come dire che gli scozzesi non sono più avari o che gli inglesi hanno imparato a cucinare!
Battute a parte, questo è un indicatore importantissimo di una società perché riguarda l'attitudine al futuro: meno risparmi, investimenti minimi, si cerca di tirare a campare sull'immediato. E non è un dato contingente, ma una tendenza ventennale.
Nell'articolo si accennano a alcune possibili risposte, ma paiono vane di fronte al disinteresse politico per questi temi.

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scommessa capitale

28/03/11

Ecco un'interessante intervista al nuovo presidente dell'AS Roma. Interessante perché si propone di portare un po' di cultura manageriale e imprenditoriale nel calcio/nello sport italiano e questo farebbe molto bene. E' un test, una scommessa interessante perché in realtà, come Calciopoli ha dimostrato, il Calcio italiano rifugge l'imprenditorialità o meglio, come ogni pratica italiana, è in realtà un prodotto gestito familisticamente da tre famiglie che si spartiscono i proventi invitando altri comprimari con l'accordo che però non rovinino troppo i cuscini: a chi alza la voce (Gazzoni a Bologna, l'Empoli che si rifiutò di vendere Giovinco, Della Valle, tra poco Zamparini...) si dice cordialmente di andarsene. Il famoso metodo-Moggi altro non è che un sistema per garantire la permanenza degli interessi costituiti. D'altra parte, se investo così tanti soldi poi pretendo quantomeno di non perderci troppi soldi, poi la vittoria deve arrivarmi in maniera avvincente altrimenti si perde pubblico.
Al contrario, Di Benedetto sembra portare l'idea di uno sport-business basato sul mercato. Se ci riesce, sono contento, ma temo che il metodo familistico chiuso alle 3 famiglie di cui sopra (per esser chiaro, Milan-Inter-Juve) lo costringerà o ad adeguarsi o a fallire (vi siete mai chiesto perchè Abramovich&co siano sempre stati ben lontani dall'Italia, decretando il declino degli ultimi anni?). In fondo, è quel capitalismo chiuso e familistico di cui si parla in maniera più seria anche su LaVoce.info che poi non è altro che l'immagine dell'Italia.

... e buon campionato a tutti!

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nel nome di Monsignor Romero

27/03/11

Da quanto sono a Bruxelles la Parrocchia dove vado a Messa è quella della comunità latinamericana, per lo più gente andina a dire dalle espressioni sui volti. La gente di pianura, probabilmente, non è venuta fino in questo strano paese.

La Messa è rigorosamente in castigliano andino al punto che il Vangelo letto è diverso da quello scritto nella versione ufficiale del Vaticano: gli "ustedes" diventano dei "vosotros" e le frasi diventano più semplici che - immagino io - sulle montagne è meglio risparmiare il fiato.

Una Messa sorprendente per partecipazione, caos e spontaneità: la liturgia come un canovaccio della Commedia dell'Arte su cui tutta la comunità vuol partecipare. E se non bastasse, le prediche sono partecipate con interventi di persone invitate dal pubblico. Nei contenuti, trovo molti più richiami alla pace, alla non-violenza e all'uguaglianza. Per l'otto marzo una predica molto bella per ricordare che il machismo e la violenza sulle donne sono chiaramente condannati dal Vangelo, mentre oggi un richiamo chiaro contro il rischio di carenza dell'Acqua, contro il rischio di privatizzazione e di guerre che ne possono nascere. Un messaggio evangelico intatto nella sua sostanza, fedele al testo, ma raccontato con la semplicità di chi viene dalle montagne andine e non ha bisogno di discorsi teologici. Parla come mangi, diremmo noi italici.

Nel mio spagnolo capisco senza troppe difficoltà, qualche problema quando c'è da recitare le preghiere in Castigliano, ma se le reciti in Italiano va bene lo stesso.

Oggi si celebrava Monsignor Romero, un vero santo, un esempio che conosco sin da quando ero alle Medie. Un Santo che ha lottato per il suo popolo condannando senza mezzi termini i narcotrafficanti, la polizia e il governo che uccidevano il suo popolo. Divenne segretario della conferenza episcopale centramericana (lui veniva dal Salvador) e provo a immaginarmi Bertone che dice qualcosa a favore dei poveri, dell'importanza dell'acqua o contro la droga, ma proprio non mi riesce di immaginarlo dire parole chiare.

Monsignor Romero appartiene a quelle storie più belle della Chiesa: ucciso mentre celebrava la Messa: un martirio altamente simbolico per chi crede e che doveva essere un messaggio chiaro che diceva "nessuno che è contro di Noi può sentirsi sicuro, foss'anche un prete in Chiesa!". Bene, vedere una piccola grande comunità che caoticamente si stringe nel ricordo di un grande uomo, di un testimone dell'esistenza di Dio a kilometri e kilometri di distanza, più di quanti si possano immaginre diventa un segno incredibile, soprattutto per il sentimento e l'aria che si respira.

Sorprende poi vedere che la Chiesa è piena di giovani, sia ragazzi sia giovani papà che rincorrono i bambini da tutte le parti mentre le mamme cercano di farne star zitti altri nelle carrozzine. Tutti insieme, dalla Bolivia al Cile fino al Salvador, mentre fuori il Belgio si divide tra Fiamminghi e Valloni in uno stato che è più piccolo della mia Lombardia (pensatevi Mantova che fa secessione da Como con Milano indipendente...). Ma di tutte le cose che più mi han colpito c'è il sentimento di comunione attorno al Vangelo vissuto con una spontaneità che la rigidità del rito ecclesiale italico ha soffocato. Un purista della liturgia storcerebbe il naso (e forse qualcosa di più), ma qui è festa e c'è qualcosa di più nel nome di Monsignor Romero...

E giunto alla conclusione di questo post mi rendo conto che possa apparire senza capo né coda, ché ci sono frasi sgrammaticate e concetti mal definiti. Ma in una festa vera e sentita si può rintracciare solo un canovaccio di storia, non si può certo pretendere che tutti siano rimasti al loro posto a seguire dall'inizio alla fine. Le feste vere hanno una trama, ma non un copione; i sentimenti veri hanno un filo conduttore, non una sequenza preordinata...

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spiegare il Berlusconesimo: il potere che nessun'altro ha

26/03/11

Altra tappa del regime mediatico berlusconiano: in questa trasmissione ha potuto far passare a milioni di persone il messaggio che all'Aquila lui ha trionfato, ha risolto il problema, è stato in grado di fare quel che nessun altro avrebbe saputo fare.
E poco importa che sia una mess'inscena clamorosa perché la gente ha visto quello e quindi quello è vero. Poco importa cosa sia la realtà, conta quel che la gente vede e lui ha il potere di decidere cosa far vedere. Non può esistere opposizione politica a questo potere.
In democrazia queste cose non possono succedere perché ci sono poteri di controllo e se dici una cazzata, ti sgamano. O meglio, c'è qualcuno che fa vedere che hai detto una cosa falsa perché, così facendo, il secondo si accredita come media più affidabile, credibile e guadagna pubblico e quindi può vendere la pubblicità a prezzi più alti.
In Italia non esiste alternativa perché il Berlusconesimo monopolizza il potere di comunicazione e quindi nessuno può far vedere che quel che dice è falso, se non cadendo nello stereotipo della macchietta dell'anti-berlusconiano ad oltranza, personaggio assai noto al pubblico e quindi non creduto.

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razionalità urbane: temi aperti per la campagna elettorale

Sono venuto a Bruxelles e mi occupo di ricerca ambientale. Due cose, dunque, cambiare città e occuparsi di ambiente. Stavo cercando alcuni dati quando mi sono imbattuto in questa ricerca che si somma ad alcune altre relative a Milano.
Sommandole e riassumendole, emergono 3 elementi
1. Milano è una delle città più care d'Europa, il costo della vita è altissimo e, in alcuni anni, pur superiore a Londra.
2. Milano è la città più inquinata d'Europa come acqua e aria: ogni anno 1000 persone muoiono per gli effetti dell'inquinamento atmosferico (dati OMS).
3. Milano è una delle città con gli stipendi più bassi d'Europa, soprattutto se confrontato col costo della vita.

Il primo e il terzo dato sono in realtà fuorvianti perché basati su statistiche ufficiali quando, lo sappiamo, in Italia abbiamo un'evasione e un sommerso colossali che quindi non rientrano nelle statistiche. Si stima che il PIL reale dell'Italia sia il 30% in più di quello ufficiale perché bisognerebbe considerare anche evasione fiscale, attività in nero e criminali che, ovviamente, non essendo registrate non rientrano nelle statistiche.
Ma anche ammettendo che il primo e il terzo siano in realtà fuorvianti, restano due interrogativi

- se è vero che in realtà le statistiche sottostimano l'economia reale perché non includono il sommerso, perché le persone oneste, cioé quelle che rientrano nelle statistiche perché pagano le tasse su quello che guadagnano, dovrebbero accettare di vivere in una città col più basso potere d'acquisto d'Europa?

- non si risponde al punto due: cioé una città pesantemente e gravemente inquinata che preferisce il profitto (illecito e di pochi, ovviamente) alla salute (lecita e dei molti)?

Si tratta di scelte di razionalità collettiva che andrebbero quantomeno discusse perché nel mondo contemporaneo il capitale umano è sempre più mobile e, sebbene questo non lasci traccia, può andarsene facendo perdere al cuore economico dell'Italia uno dei suoi "asset" fondamentali. Peggio, si rischia che in queste condizioni rimanga solo la popolazione che trae vantaggio da questa e altre condizioni locali, innescando un circolo vizioso e perverso come, d'altronde, è successo nel Mezzogiorno: laddove la Mafia impera, chi può se ne va e non restano che i Mafiosi ad autoperpetuarsi nel loro regime.

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a me caro

25/03/11

E' il tema del federalismo. Mi ci sono dottorato su questo, anche ancora moltissimo ci sarebbe da analizzare, ma due quesiti mi vengono:
1. ma si è capito di cosa stiamo parlando? Questo NON è federalismo, ma la riscrittura di come il governo centrale distribuisce i fondi alle regioni, quindi resta un assetto abbondantemente centralizzato.
2. ma il PD è favorevole o contrario? E' una riforma condivisa dall'opposizione o no? Visto che NON è e non può essere un tema marginale, ma un qualcosa su cui si crea la differenza tra i partiti, qual è la posizione del PD? Che senso ha 'astenersi'? Una scelta incomprensibile per l'elettorato che non capisce se l'opposizione sia favorevole o contraria.

Chiudo dicendo che su questi temi bisogna sia saper scendere nei singoli aspetti sia avere posizioni chiare e univoche comprensibili da tutti. I troppi distinguo li capiscono solo militanti e osservatori attenti, la casalinga di Voghera cosa capisce di tutto questo?
Ma tutto questo... pierluigi non lo sa...

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avete mai fissato una lampadina?

24/03/11

Sì, sì, intendo quei bulbi di vestro con dentro un filetto di quel materiale dal nome strano: "tungsteno". Già il nome a me piace tantissimo: mi ricorda una vecchia canzone che ancora oggi mi piace parecchio.

Ma tornando alle lampadine, trovo molto romantico quel filetto che resiste diventando incandescente: alla scossa elettrica il tungsteno oppone resistenza fino a diventare incandescente e, talvolta, rompersi per questo. Stoico, quel filetto si oppone agli elettroni e in questa opposizione nasce la luce che è poi lo spettacolo per cui noi sottoponiamo quel povero filetto a tanto sforzo.

In questa stanza posso regolare l'intensità della luce e prima di andare a dormire la stavo abbassando e ho visto quel filetto di tungsteno.

Le lampade al neon saranno più ecologiche, ma mi fan perdere un po' di questa poesia.

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un po' di chiarezza

23/03/11

Ho finalmente trovato un articolo che spiega bene lo stato dell'arte della crisi attuale. L'assurdità di un liberismo che ha provocato la crisi, ma che ora viene invocato come da promuovere ulteriormente; l'assurdità di una crisi provocata dalla finanza e pagata dall'economia reale perché alla finanza tutto è permesso.

Si dice che la crisi da finanziaria sia diventata economica, e presto pure sociale e, se se ne ricorderanno, politica. Il problema dell'economia di mercato liberista è che tende a esternalizzare i costi e internalizzare i profitti, alias scaricano sul pubblico i costi per massimizzare ulteriormente i profitti dei singoli operatori, in questo caso della finanza.

La ricetta politica sarebbe, a mio avviso, un obbligo di ricapitalizzazione delle banche, un embargo ai paesi paradisi fiscali e, soprattutto, preservare lo stato sociale, almeno quello europeo (gli altri facciano a parer loro). La difesa dello stato sociale è essenziale per salvaguardare la domanda che è stata decimata, altrimenti le persone con reddito in grado di comprare resteranno pochissime... ricchissime, ovviamente, ma pochissime, mandando in crisi interi settori commerciali. Ultimo aspetto: dalla crisi non usciremo in automobile quindi... basta sovvenzionare un settore industriale morto, cotto e stracotto. Se proprio si vuole, si imponga l'uso in Europa di auto ecologiche che significa non elettriche, ma con requisiti di efficienza nell'uso della benzina molto stringenti. Questo oltretutto significherebbe ridurre la dipendenza dal petrolio e dai suoi produttori.

In ogni caso, i responsabili non pagano e sono riusciti a far ricadere il prezzo su noialtri che siamo tanti ma divisi e, soprattutto, poco o per nulla informati, ovviamente.

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ancora non si sa

18/03/11

Ancora non si sanno le conseguenze definitive dell'immane tragedia. Un breve articolo presenta alcuni aspetti per il post-terremoto/tsunami/incidente atomico. Mi chiedo le conseguenze economiche in questa fase di crisi. Il Giappone potrebbe sia tracimare nel breve periodo sia avere l'occasione di un rilancio di medio periodo, come fu per l'Europa distrutta negli anni '40 e risorta negli anni '50. Ma ora che l'economia è globalizzata ciò non è affatto scontato.

Certo è che mai una tragedia così lontana mi aveva ferito e impressionato così tanto. Se lo Tsunami a Phuket e dintorni mi aveva colpito poco emotivamente, ora non riesco a smettere di pensare all'immane tragedia che sta sconvolgendo il Giappone. Non è solo un sentimento d'impotenza, c'è molto di più e le parole mi si bloccano in testa prima di riuscire a formulare un pensiero su quanto sta accadendo.

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D'Italico lignaggio

17/03/11

L'Italia dei miei avi, quelli da cui eredito il cognome, era un'Italia umile e povera, che viveva ai piedi dell'Appennino Tosco-Emiliano. Avevamo studiato ed avevamo imparato a fare strade, ponti e parlar di legge ché Bologna era la nostra Università, ché noi ci siamo inventati cosa sia un'università!
Gente umile ché i potenti, le teste coronate o anche solo quelle con la papalina erano gente lontana. A noi la terra e la pesca da mangiare, ai nostri vicini e il mare con la pesca per mangiare. Giochi di parole per una terra che aveva la nobiltà delle antiche vestigia di un tempo mitico, andato e sempre rinverdito in un filo culturale stridente con la povertà di molta gente.

L'Italia di mio nonno era finalmente unita, ammessa al tavolo dei potenti più per il suo lignaggio che per la sua nobiltà. Un vecchio parente nobile che torna, anche se povero in canna. Ma grande dignità in quella piccola Italia ancora disorientata e incerta sul dafarsi. E quell'Italia cadde vittima del suo disorientamento e dello scroprirsi incapace di esser se stessa. Cadde nella pagina più brutta della sua storia, cadde contagiando molti altri con la peggior invenzione politica che l'Italia potesse partorire. Mio nonno era persona semplice e di lui ho pochissimi ricordi: la sua Italia si scoprì però vincente.

L'Italia di mio padre è un calciatore che alza la coppa. La sua classe, lo spunto naturale sulla fascia, saltare l'uomo e ritrovarsi a infilare un gol che fino a un istante fa era impensabile! E' l'Italia dei Piola, Meazza, Ferraris, ma anche Scirea, Riva, Rivera e Paolo Rossi. Maldini e Roberto Baggio. E' l'Italia arrogante di Alberto Tomba e della gioia di andare in Lambretta. E' l'Italia di Mike Bongiorno ché le cose migliori le prendiamo dall'estero, almeno si pensa così. E' un'Italia che per la prima volta si scopre adulta: il seno non più abbozzato, ma finalmente maturo e le prime volte a truccarsi. Appena un po' di audacia e la gonna si accorcia a mostrare quello che prima si faceva vedere più che altro per povertà...

A me è arrivata un'Italia di campioni ché - però - sapendo di esser campioni, non si allenano e arrivano alle sfide decisive per il campionato col fiato corto e le gambe pesanti. La cicala che si fidava del suo talento ora fatica e il dribbling non basta più. Beccalossi stanco sbaglia davanti al portiere mentre la Lambretta, senza manutenzione, arranca sui colli bolognesi. La TV è al plasma, ma un libro tiene sù il comodino che traballa.

W l'Italia, l'Italia dell'Amore e l'Italia degli Italiani. L'Italia che parla Italiano sbagliando le regole che si è data.
W l'Italia che soffre e si dispera. L'Italia, paese incosciente e irresponsabile. L'Italia creativa ché non ha bisogno di allenarsi e l'Italia degli Ingegneri geniali.
W l'Italia che crede nell'Europa ma poi si dimentica di fare i compiti. L'Italia dalle mille parole, dalla rosa per la ragazza che gli piace e quella pasticciona che arriva tardi al primo giorno di lavoro.
W l'Italia, assurda e contraddittoria: bellissima nel paesaggio ché gli piace distruggere a più non posso!
L'Italia dove le donne sono belle anche se sono mediocri e quella dove l'immagine non conta però...
L'Italia papale e fintamente cristiana, l'Italia sincera ed eroica di don Milani e Danilo Dolci, di Falcone e di Borsellino, di Beccalossi. L'Italia di ieri, con i peggiori Re che pure ci siamo meritati e l'Italia dei soldi sotto al materasso. W l'Italia bianca rossa e verde ché noi il Tricolore lo chiamiamo con l'ordine sbagliato e l'Italia gialla, blu e arancio ché se troviamo un accostamento più bello... no, almeno il Tricolore quello non lo cambiamo.
W l'Italia, ma non auguro cento di questi giorni ché mi paiono pochi.
W l'Italia, ma soprattutto gli Italiani ché a noi piace moltissimo parlare del nostro paese, ma non accettiamo che nessuno venga a spiegarcelo. Noi ché copiamo ai compiti in classe e detestiamo valutazioni e controlli ché tanto sappiamo che le cose le abbiamo fatte bene e non c'è bisogno di altro. E spesso è vero, spesso no.
W l'Italia degli Italiani che non sono più in Italia, di tutte le generazioni intendo.
W l'Italia assonnata che, stanca, va a dormire.

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confronti iniziali, cercando di essere obiettivo...

07/03/11

Sto iniziando lo stage alla Commissione Europea: primi giorni d'introduzione, niente di particolare. Da domani dovrei iniziare, anche materialmente, nel mio ufficio.

Inutile dire che mi viene spontaneo il confronto con quando iniziai il dottorato. Proverò a raccontare le due esperienze.

Qui, due giorni di conferenze organizzate assieme all'associazione stagisti con introduzioni amministrative, dei servizi, del senso della Commissione e del Parlamento Europeo con molti 'top' coinvolti o almeno dirigenti che ti spiegano per filo e per segno tutti gli aspetti amministrativi. Tutti che ti dicono che stai facendo una cosa importante e ti spiegano tutto quello che si pensa potrebbe esserti utile. Lo fanno perché hanno chiesto all'associazione stagisti cos'era importante e, insieme, hanno organizzato tutto in modo da rispondere alle loro esigenze consci del fatto che se organizzi queste cose prima, ti risolvi il casino di dover spiegare dopo le cose da fare: se a uno stagista spieghi prima quali software si usano, quali regole ci sono, quali opportunità vengono offerte, risparmierai tempo dopo. Se lo spieghi una volta a 600 persone sarà più facile che spiegarlo 600 volte individualmente. Inoltre, la standardizzazione delle procedure rende più facile la gestione per evidenti economie di scala, oltre che di apprendimento perché se si decidono delle procedure una volta per tutte e si evita di modificarle anno dopo anno diventa tutto più facile da gestire. Inoltre, il tuo superiore sa quali procedure e moduli devi riempire.

In Italia, il mio primo giorno il mio prof passò giusto per salutarmi; l'altra mi mostrò l'ufficio e mi diede in mano uno straccio per pulirmi la scrivania. Non ho mai incontrato il direttore del dipartimento fino al giorno in cui mi mandarono a fargli firmare delle robe e lui mi chiese "ma chi sei tu?! perché dovrei firmarti queste cose?!". Tutte le opportunità offerte  restavano per lo più ignote ai molti perché nessuno gli era venuto a dirci quali servizi offrisse la biblioteca o l'ufficio ricerche, mentre la scuola di dottorato cambia procedure ogni anno per cui non si sa mai come accogliere i nuovi, ed anche sui vecchi si ha dei seri dubbi perché non si sa bene come gestirli. Inutile dire che se chiedi al tuo superiore questo ne sa meno di te e quindi inizi a peregrinare dagli uffici perdendo tantissimo tempo solo per capire cosa devi fare.

Non voglio dire di essere al paradiso, ma voglio raccontare questo perché ci sono alcuni piccoli insegnamenti che ho imparato. Li riassumo
- smetterla di cambiare procedure e modalità ogni anno,
- chiedere ai neo-arrivati dell'anno appena finito cosa potrebbe aiutarli all'arrivo, dargli fiducia e fare quello che suggeriscono per accogliere i nuovi. Sul breve periodo serve a poco, ma sul lungo periodo...
- introdurre la gente alle opportunità di una grande istituzione: non è scontato che uno conosca tutto quello in cui andrà a lavorare.
- dire alla gente che quello che sta facendo è importante e bello: appare pochissimo, ma aiuta a motivare. Quando c'è un Preside che dice ai suoi studenti che quel che fanno è inutile, che tanto tra poco si chiuderà baracca e burattini e che non c'è molta speranza non aiuta. Al contrario, un Preside che dice che per lui i suoi studenti sono importanti, che stanno vivendo qualcosa di importante e che lui farà il possibile in un mondo che sappiamo essere difficile... beh, possono sembrare solo parole ma già tanto.
- Un superiore dovrebbe sapere cos'è richiesto al suo stagista/dottorando perché è sia un segno che lo reputa importante sia un modo per sveltire moltissime robe che altrimenti sono assai incasinate...

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curiosità milanesi

06/03/11

Ho letto questo articolo del Giornale su Pisapia: l'intento dell'articolo è chiaramente diffamatorio per dimostrare che lo sfidante della Moratti, che ormai andrebbe considerata come sinonimo e simbolo di corruzione, è un pericoloso comunista. In realtà, così facendo dimostra come Pisapia sia una persona chiaramente e concretamente di Sinistra, uno spot sui valori di Pisapia ottimo per il suo elettorato perché marca la differenza con la Destra. Chiaramente, i lettori de ilgiornale.it troveranno queste cose abominevoli, ma leggere quell'articolod a Sinistra aiuta a convincersi che Pisapia è una persona ottima, un ottimo candidato pienamente e chiaramente di Sinistra che, ovviamente, sta lavorando anche con forze moderate e centriste, quali il PD attuale, in una logica di coalizione.
Interessante, perché è un articolo che esemplifica come sia importante considerare a chi si sta parlando, di come un politico spesso parla al suo elettorato, a prescindere di quello che pensa l'elettorato dall'altra parte.
Lo ripeto da tempo, bisogna capire questo punto e la Sinistra dovrebbe preoccuparsi di ri-motivare il suo elettorato perché gli indecisi e il voto di opinione in Italia è marginale e secondario, mentre la chiave di vittoria è la partecipazione/astensionismo del proprio elettorato e di quello avversario, non certo il convincere l'elettorato altrui.

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migrazioni spirituali e non

Trasferitomi a Bruxelles, mi piace iniziare a raccontare dalla Messa di oggi. Sono stato nella parrocchia della comunità latino-americana: uno spettacolo!
Innanzitutto, si festeggiava l'8 marzo, festa della donna che non è una festa propriamente religiosa, ma fa niente... è importante celebrare date come questa. La Messa inizia con una condanna del machismo come cultura anti-cristiana e già questo è un bel segnale: chi maltratta le donne non è un buon cristiano. Può apparir ovvio, ma non è poco.
E poi una Messa dove il rito appare più un canovaccio che non qualcosa da seguire rigidamente: la predica è un'intervista di questo prete che credo fosse ecuadoregno a due donne di un'associazione per i diritti delle donne in latinoamerica. Molto bello, molto partecipato: il parroco ha invitato le donne dell'assemblea che volevano portare la loro esperienza a raccontarla davanti a tutti. Per quanto io di spagnolo abbia una comprensione limitata, si sentiva proprio il senso di una comunità che si univa a festeggiare e celebrare tutta insieme la festa. Il prete diventava più un maestro di cerimonia che non l'unica fonte di celebrazione: una Messa molto più collettiva, partecipata.
Ovviamente, tutto questo in un gran caos di gente che andava e veniva, musiche spettacolari (non sempre intonatissime, ma credo fossero problemi di acustica) e dopo la Messa tutti nel cortile dell'oratorio per un caffé tutti insieme.
Apparantemente caotica, mi è sembrata una messa incredibilmente spirituale, un'esperienza comunitaria nella miglior tradizione cattolica che riconcilia con una Chiesa che, almeno quella Italiana, è ingessata, monodirezionale e pochissimo partecipata. Al contrario, il caos era forma di partecipazione, ma c'era qualcosa di più: la volontà del prete di coinvolgere portando le persone a parlare è qualcosa di lodevole.
Certo, poi il finale aveva un po' di robe che mi han fatto storcere il naso con canzoni e poesie degli uomini alle donne che non mi sembravano proprio granché, ma alla fine chissenefrega l'importante è la partecipazione e il sentimento della comunità.
Ecco, un piccolo bel modo per iniziare a raccontarvi della mia esperienza in terra belga.

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