nel nome di Monsignor Romero

27/03/11

Da quanto sono a Bruxelles la Parrocchia dove vado a Messa è quella della comunità latinamericana, per lo più gente andina a dire dalle espressioni sui volti. La gente di pianura, probabilmente, non è venuta fino in questo strano paese.

La Messa è rigorosamente in castigliano andino al punto che il Vangelo letto è diverso da quello scritto nella versione ufficiale del Vaticano: gli "ustedes" diventano dei "vosotros" e le frasi diventano più semplici che - immagino io - sulle montagne è meglio risparmiare il fiato.

Una Messa sorprendente per partecipazione, caos e spontaneità: la liturgia come un canovaccio della Commedia dell'Arte su cui tutta la comunità vuol partecipare. E se non bastasse, le prediche sono partecipate con interventi di persone invitate dal pubblico. Nei contenuti, trovo molti più richiami alla pace, alla non-violenza e all'uguaglianza. Per l'otto marzo una predica molto bella per ricordare che il machismo e la violenza sulle donne sono chiaramente condannati dal Vangelo, mentre oggi un richiamo chiaro contro il rischio di carenza dell'Acqua, contro il rischio di privatizzazione e di guerre che ne possono nascere. Un messaggio evangelico intatto nella sua sostanza, fedele al testo, ma raccontato con la semplicità di chi viene dalle montagne andine e non ha bisogno di discorsi teologici. Parla come mangi, diremmo noi italici.

Nel mio spagnolo capisco senza troppe difficoltà, qualche problema quando c'è da recitare le preghiere in Castigliano, ma se le reciti in Italiano va bene lo stesso.

Oggi si celebrava Monsignor Romero, un vero santo, un esempio che conosco sin da quando ero alle Medie. Un Santo che ha lottato per il suo popolo condannando senza mezzi termini i narcotrafficanti, la polizia e il governo che uccidevano il suo popolo. Divenne segretario della conferenza episcopale centramericana (lui veniva dal Salvador) e provo a immaginarmi Bertone che dice qualcosa a favore dei poveri, dell'importanza dell'acqua o contro la droga, ma proprio non mi riesce di immaginarlo dire parole chiare.

Monsignor Romero appartiene a quelle storie più belle della Chiesa: ucciso mentre celebrava la Messa: un martirio altamente simbolico per chi crede e che doveva essere un messaggio chiaro che diceva "nessuno che è contro di Noi può sentirsi sicuro, foss'anche un prete in Chiesa!". Bene, vedere una piccola grande comunità che caoticamente si stringe nel ricordo di un grande uomo, di un testimone dell'esistenza di Dio a kilometri e kilometri di distanza, più di quanti si possano immaginre diventa un segno incredibile, soprattutto per il sentimento e l'aria che si respira.

Sorprende poi vedere che la Chiesa è piena di giovani, sia ragazzi sia giovani papà che rincorrono i bambini da tutte le parti mentre le mamme cercano di farne star zitti altri nelle carrozzine. Tutti insieme, dalla Bolivia al Cile fino al Salvador, mentre fuori il Belgio si divide tra Fiamminghi e Valloni in uno stato che è più piccolo della mia Lombardia (pensatevi Mantova che fa secessione da Como con Milano indipendente...). Ma di tutte le cose che più mi han colpito c'è il sentimento di comunione attorno al Vangelo vissuto con una spontaneità che la rigidità del rito ecclesiale italico ha soffocato. Un purista della liturgia storcerebbe il naso (e forse qualcosa di più), ma qui è festa e c'è qualcosa di più nel nome di Monsignor Romero...

E giunto alla conclusione di questo post mi rendo conto che possa apparire senza capo né coda, ché ci sono frasi sgrammaticate e concetti mal definiti. Ma in una festa vera e sentita si può rintracciare solo un canovaccio di storia, non si può certo pretendere che tutti siano rimasti al loro posto a seguire dall'inizio alla fine. Le feste vere hanno una trama, ma non un copione; i sentimenti veri hanno un filo conduttore, non una sequenza preordinata...

2 commenti:

Luciano Raso 28 marzo 2011 alle ore 19:51  

Monsignor Romero, abbandonato dal papa prima e dopo la morte. Nonostante fosse un papa impegnato contro l'establishment dittatoriale del suo paese, non riusci' a vedere la continuita' con la teologia della liberazione. E non era neppure razzinger!

http://www.polesine.com/pagine/cultura/religioni/quando_il_papa_fece_piangere.htm

D21 28 marzo 2011 alle ore 20:23  

abbandonato mi sembra un po' troppo visto che rimase segretario della conferenza episcopale locale. In ogni caso, non conoscevo questi brani e condivido con te il sentimento che ne traspare: un Vaticano un po' troppo preoccupato di mantenere le amicizie con governi non proprio fedeli al Vangelo...
:)

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