pensieri montanari: più leggi e regole, meno persone e ministri

15/11/11

Per quanto contento delle dimissioni di Berlusconi, sono scettico su Monti e assai perplesso sul clima che lo sta accogliendo. Monti è il salvatore della patria dall'incubo berlusconiano secondo alcuni, la soluzione di tutti i mali per uscire dalla crisi secondo altri. Per me, né l'uno né l'altro, ma questo i sta provocando tantissime critiche su facebook e con chiunque ne parli perché pare che ora Monti abbia assunto lo status di "incontestabilità", generalmente accordato a Pontefici e simili.

Per me Monti è una scelta obbligata da accettare più per senso di responsabilità ché per condivisione. S'ha da fare, si fa. Persona che stimo, ma vecchio, assai legato alle banche per i miei gusti ed accolto senza ragionare su cosa stia succedendo. Quest'ultimo punto porta a sovrastimare le potenzialità e l'influenza che può avere un Governo italiano in questo momento. Insomma, va bene che ora tutti vogliono Monti, ma bisognerebbe avere l'onestà intellettuale di riconoscere che è solo una pedina minore in un contesto le cui ragioni di crisi sono ben più lontane.

L'errore è di credere che Monti e la politica di tagli al bilancio siano l'unica soluzione possibile alla crisi. Falso, l'economia e la politica economica NON sono problemi matematici, non hanno formule pre-definite e non esiste mai una sola soluzione. Monti era l'unica persona credibile attualmente spendibile per l'Italia? Ok, va bene, sono d'accordo e come detto altrove (1 e 2) lo voterei, ma è anche vero che si sono create le condizioni per esserlo, si veda la campagna stampa di Corriere, Sole24Ore, Confindustria...Invece, Monti è una pedina molto più piccola su cui si stanno riversando aspettative spropositate e sbagliate perché la causa della crisi italiana è altrove.

Innanzitutto, metodologicamente bisogna smetterla di guardare solo gli indici. Lo spread, da solo, non dice e non significa niente. Lo spread è uno dei tanti indicatori che riassume/sintetizza il movimento di una molteplicità di attori i quali guardano lo spread sì, ma anche (forse soprattutto) come si comportano gli altri attori. Ho ricevuto critiche su FB, anche esagerate, per aver fatto notare che lo spread italiano che ha portato alla caduta di Berlusconi era dovuto alla decisione di Goldman-Sachs di disinvestire dall'Italia. Si può discutere se GS l'abbia fatto volontariamente o meno per liberarsi di Berlusconi (e implicitamente spianare la strada al suo consulente Monti), possiamo discutere se sia stata GS ad anticipare la caduta dello spread (migliori informazioni) oppure a provocarla (per speculare?), ma non ha senso guardare/studiare indicatori come il famigerato spread senza correlarlo al comportamento di quegli attori che sono talmente grandi da influenzarlo.
Questa tesi mi ha provocato l'accusa di complottista. Accetto solo l'etichetta della scuola neo-marxiana o post-marxiana (almeno, il prof che me la spiegò la chiamò così) che, infatti, associa attori ed indicatori, ma forse è utile ricordarsi che ci sono delle persone che agiscono dietro a quegli indicatori. Eppure, molti economisti si fermano a guardare gli indici, dimenticandosi il resto del corpo.
Ecco allora che diventa interessante un articolo come questo del corriere, dietro agli indici si vede come si sono comportati gli attori: le dichiarazioni di Cicchitto o della Finocchiaro scompaiono di fronte ad un report Barclays! Spread ed i suoi amici indicatori non hanno senso se non si guarda cosa fa Goldman-Sachs che quei titoli li detiene, direttamente nel suo portafoglio o per tramite delle sue controllate.

Sostenere questo approccio mi dà del complottista, quando io dico semplicemente che dietro agli indici ci sono delle banche (o altre forme giuridiche d'impresa come fondi d'investimento e quant'altro) che vogliono portare avanti i loro interessi. Non denuncio comportamenti illegali, ma politicamente problematici.

Su questo, per esempio, un noto giornale complottista come "LeMonde" ricostruisce l'influenza di Goldman-Sachs in giro per l'Europa. Questi fatti non disegnano alcun tipo di reato perché sono tutti legittimamente in carica. Eppure, se io dovessi affrontare la crisi nominerei persone diverse da quelle legate a vario titolo con chi l'ha causata. Possibile che non ci siano altri economisti bravi? Possibile non trovare nessun altro? In tempi di difficoltà, vorrei qualcuno al di sopra di ogni possibile sospetto di conflitto d'interessi. Soprattutto, vorrei idee più che persone, vorrei leggi più che ministri.

Per esempio, nel silenzio di un luogo dimenticato da tutti, arrivano leggi ed idee intelligenti, utili. Non saranno la soluzione a tutti i mali, ma sono ragionevolmente convinto che aiuteranno a ridurre parte della crisi, sia intervenendo sulle agenzie di rating sia sui meccanismi di funzionamento del mercato.

4 commenti:

Pietro_d 15 novembre 2011 alle ore 20:16  

concordo con la tua analisi e devo dire che da te non ho sentito le "minchiate" complottiste che girano sul web....

io ho grossi dubbi, sia su quello che riuscirà davvero a realizzare (vista l'eterogeneità e la totale inaffidabilità della politica italiana) e sia sul suo reale potere salvifico....

io a differenza tua avrei preferito però le elezioni subito proprio perché l'orizzonte "politico" nel nostro parlamento non è dei migliori.

vedremo nelle prossime settimane

D21 15 novembre 2011 alle ore 21:02  

grazie, almeno uno che mi sostiene mentre per il resto ho ricevuto solo critiche.

Elezioni? Non sono d'accordo, temo ci si sarebbe esposti a rischi sui mercati incalcolabili ed ingestibili, anche se sono d'accordo che con questo parlamento...

alsam 15 novembre 2011 alle ore 22:33  

Concordo sulle elezioni col Duca, ma non sul resto o almeno non al 100%. Qualche spunto
1) è verissimo che le banche d'affari e le agenzie di rating sono estremamente potenti. Ma non siamo qui per caso. Sono cambiati anche i governi di Portogallo e Irlanda (e Islanda dove indubbiamente la finanza si è presa una bella batosta). Se negli ultimi 10 anni invece di traccheggiare avessimo ridotto il debito sotto quota 90% oggi non saremmo qui. Quindi è chiaro che la tempesta si è abbattuta di più su quelli messi male e noi purtroppo siamo tra quelli.
2) il fallimento sinora è dell'europa, soprattutto. Non ha saputo creare una rete di protezione (e potenzialmente sarebbe fortissima se mettesse assieme le proprie ricchezze). Non ha una politica vera comune e su questo la vittoria delle destre europee negli ultimi anni hanno un peso.
3) con la crisi del 2008 gli stati hanno fatto un errore madornale (e lo si descrive bene in inside job). dovevano rimettere regole VERE sul mercato finanziario
4) oltre alle giuste riforme che si devono fare (patrimoniale, rivedere le pensioni, abbattere i costi della politica, rivedere la fiscalità, nella direzioni in cui hai scritto), si deve far ripartire un'economia di PRODOTTO. L'europa e l'italia devono tornare a fare cose e venderle (o a scambiarsele al proprio interno). L'economia non può funzionare solo con i CDS, i derivati e quant'altro. Non si può dire ad un'azienda che deve tagliare i posti perché deve dare un dividendo alto. Lo deve fare perché è sovradimensionata o in crisi, non perché lo dice la finanza

D21 16 novembre 2011 alle ore 21:16  

Punti integrativi interessanti e condivisibili.

Grazie!

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