piccole cose

27/07/16

Parlavo ieri ad un amico di questo blog che ultimamente trascuro, decisamente. Oggi qualche piccola modifica di grafica perché lavoravo sui tipi di font da utilizzare, ma poca roba. Intanto, però, festeggiamo i 18 mesi dal 1500 post.
:-D

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Io ho paura, eppure ancora spero.

25/07/16

Io ho paura di questa politica. Io ho paura della politica della paura. Ma non tanto dei Trump, Le Pen o Salvini. Io ho paura della politica che si alimenta della paura di questi personaggi: votate me perché se Trump arriva alla Casa Bianca.... votate me perché se vincono i 5stelle... votate la mia costituzione perché altrimenti si finisce come con la Brexit! Io ho paura della politica che si alimenta di spauracchi.
Perché io non ci credo che il governo italiano non sia in grado di salvare i barconi nel Mediterraneo, non con le tecnologie di oggi e una storia che si ripete identica da dieci anni ormai. Io ho paura di chi teme Salvini e giustifica i vari ministri colpevolmente ignavi. Perché Hollande ci ha detto #jesuischarlie ma poi ha saputo solo mandare qualche poliziotto nelle banlieue. Allora meglio Merkel che prova ad accogliere i rifugiati siriani.
Io ho paura che questi governanti non abbiano idea di cosa fare, ma intanto noi li teniamo ben'attaccati alle loro cadreghe. Io ho paura della politica della paura che mi mette paura. Perché quello di München e poi quello di Nice e poi l'altro di Molenbeek e l'altro ancora... beh loro si alimentano di questa paura e di una politica che si giustifica solo grazie a questa paura.
Ma la mia paura più grande è che stanno soffocando la speranza. Quasi rimpiango quando la speranza era Berlusconi e la sua Italia senza tasse contro Prodi col suo buon senso moderato e solidale. La mia paura è che la politica della paura prevalga sulla politica della speranza.
Eppure ancora spero. 

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Intanto io non ho preso la metrò stamattina

12/07/16

Esco di casa, attraverso il rumoroso viale di fianco a cui vivo. Non sono ancora le 8 di mattino, devo andare giù in Comune per dei documenti. Evito il Palazzo di Giustizia e giro dietro in una via secondaria. Il Parco di Egmont è un gioiello ignoto anche a molti Brusseleir veri. Noto che la cancellata è chiusa dai sigilli della polizia, più avanti una strada secondaria sulla sinistra si ricollega al Palazzo di Giustizia e noto parcheggiata una camionetta dell'esercito. Vuota, i soldati li ritroverò più tardi. Scendo lungo una delle mie strade preferite dell'esacapitale, piaceva molto anche a Marguerite Yourcenar che in quel parco andava spesso. Io sono il responsabile della bellezza del mondo, diceva il suo imperatore. Quelle strade rende testimonianza alle grazie di questo mondo.
Svolto a sinistra, la strada è chiusa di fianco alla Sinagoga. Colgo due soldati di spalle mentre i due poliziotti sono in macchina fermi col motore acceso.Vorrei attraversare il Viale della Reggenza proprio davanti a loro, davanti alla sede del Benelux, ma forse non è il caso, giro lungo e attraverso all'isolato dopo senza dover arrivare fino alla Chiesa di Nostra Signora di Sablon. Scendo per le viuzze strette, storte e pendenti di questo che non riesco a definire veramente un quartiere. Fosse Roma sarebbe una borgata, ma è un concetto da Città Eterna, non per questo paesotto a cui è successo, volente o nolente, di diventare un'esacapitale. Mi verrebbe da usare la definizione di Capossela di 'Barrio', cioé un luogo urbano che gravita attorno a dove si va a bere perché, qui ancora più che in Spagna, è la birra che fa la società e la socializzazione. Mi viene da fondere le parole Brasserie e Barrio in qualcosa tipo Brarrio, ma suona tremendo. Consulto il dizionario di dialetto brusseleir, magari aiuta. Fatto. Parlerei di 'buurke' mischiando 'buur' (con la u lunga alla lombarda, tipo ü) con il -ke diminutivo tipico del dialetto di qui e che si distingue dal nederlandese del nord che preferisce il -je. Dunque, in questo buurke le strade sono stranamente deserte, passa una macchina ed è un'eccezione. il sole è già alto malgrado siano appena le 8 di mattina. Il centro ancora dorme.
Scendo ancora oltre gli antiquari dell'alta Marolles, i soldati di fronte al museo ebraico, i cioccolatai di Sablon e subito sotto i fotografi più famosi di Bruxelles. Passo di fronte a un qualche palazzo della mutua socialista dove di solito ci sono quattordicenni che limonano appassionatamente. Stamattina non c'è nessuno.
Scendo ancora, il Goupil fou ha chiuso e me ne rammarico assai. Mi faccio un film politico sul perché l'abbiano lasciato chiudere. Assieme al Toone erano due posti leggendari, bellissimi, un valore assoluto. Scendo lungo la via dei ristorandi greci e poco importa che meno della metà siano greci, ormai quello è il nome. Da lontano, il Grand Hotel Amigo porta le insegne italiane, belghe ed europee. Mattarella in town. Solo il Quirinale può permettersi quell'hotel. Giro a destra verso la Grand'Place. Mi lascio alle spalle la puzza dei ristoranti che hanno festeggiato la sera prima. Bruxelles Proprété pulisce con calma. Ieri sera c'era il Brussel Danst Festival, manifestazione rigorosamente nederlandofona di danza. Gli operai stanno smontando il palco. I turisti normali si fanno i selfie con il Municipio o la Broodhuis lì davanti o la casa del Re di Spagna o gli altri palazzi delle corporazioni. I turisti giapponesi si fanno i selfie con gli operai che smontano il palco. Tant'è.
I turisti più raffinati si fanno le foto di fronte alla Chiesa di San Nicola, a cui sono ovviamente molto legato. San Nicola è un santo strano, adorato in gran parte d'Europa e d'Asia è anche un santo profondamente frainteso nel senso che è patrono di un po' tutto, dai bambini alle madri, dai limoni ai mercanti, dagli avvocati ai traduttori. Succede, quando sei un santo di successo del III-IV secolo dopo Cristo. Qui si commemora il patrono dei commercianti. la chiesa è proprio dietro alla Borsa e lì sotto si trovano le poche rovine di Brosella, quel che resta della città del XIII secolo. Già, perché questa città non fu mica fondata dai Romani, che fondarono Halle a monte e Vilvoorde a valle, ma qui la Zenne faceva palude...
Giro sul grande viale di Anspach, sindaco d'altri tempi. Entro agli uffici comunali. Suono al metal detector e mi controllano lo zaino: tre libri, l'attesa è potenzialmente lunga. Il ragazzo dopo di me ha un grande scatolone, suona anche lui ma nessun controllo perché lo scatolone è chiuso. E potrebbe contenere 4-5 Kalashnikov.
L'attesa in comune è normale perché finalmente sono trattato come un belga (sic!), altrimenti significava almeno 4-5 ore all'ufficio stranieri. Esco, vado a tagliarmi i capelli. Entro ed il barbiere se ne va. Torna un 5-10 minuti più tardi. Mi taglia i capelli. Costa molto meno che a Milano. Non parliamo. Parliamo alla fine del fatto che lui pensa che io sia portoghese. No, Italiano. Di Milano. Lui marocchino, di Meknès, ha degli amici a Milano, marocchini anche loro. Io posso giusto rispondere che sono stato a mangiare al ristorante 'Meknès' sul sagrato di Sant'Egidio. Sorride. Pago.
Riprendo la strada in salita, questa volta faccio quella più veloce. I locali stanno aprendo. Una signora sta pulendo per metter fuori i tavolini. Innaffia le piante, mi bagna e si scusa. Io sono con la mente già a scrivere queste righe. Passo di fronte al Palazzo di Giustizia, i soldati guardano le persone che entrano e escono. Mostrano le loro belle divise. Io resto sull'altro lato della piazza Poelaert e mi limito ad avvicinarmi al Palazzo di Giustizia solo sull'altro lato, dove c'è il palazzo Montesquieu, più moderno.
Il Palazzo di Giustizia di Bruxelles, si dice, ha un collegamento con l'aldilà nei sotterranei. Condannato a non esser mai terminato, il Palazzo è uno dei luoghi più banalmente misteriosi del mondo. Amatodiato, domina la città senza averne voglia, come un lascito di un'età passata. Fuori tempo, deve stare sul palco. Il Palazzo è sede dei poteri dell'occulto, della magia, del dettonondetto. Tempio della giustizia progettato con criteri massonici. L'architetto impazzì e mori prima di finirlo. Almeno questo si dice di Poelaert.
Percorro il grande viale che avevo lasciato stamattina. Una tappa con un pain au chocolat di Paul che non si può tradurre in italiano. Ed ora eccomi davanti al computer.

Realizzo tutto quanto. Una città bellissima, magica, appoggiata disordinatamente in collina per non cadere in una palude che ormai non c'è più. Ho camminato. Sceso e risalito la collina. Ma io, in Comune, ci andavo in metrò. L'esacapitale è oggi una città in parziale stato d'assedio. Il parco chiuso. Le camionette dei soldati. I metal detector per entrare in Comune. L'esacapitale piegata al terrorismo che non sono solo gli attacchi, ma è uno stato mentale, una politica nel senso di modo di vivere insieme temendo non si sa bene chi cosa come quando dove. L'esacapitale con la sua storia, le sue strade, i suoi buurke giace indifferente al terrorismo. Accetta perché Bruxelles non si lamenta, teatro di sei sfere politiche accetta sonnolenta. Ci siamo divertiti ieri sera, il festival, la musica, le birre. Qualche brusselfie dei turisti ché la Grand'Place è proprio bella. Tutto con un velo di terrorismo ché non si capisce bene da chi. Erano belgi che hanno ucciso altri belgi, non è guerra civile questa? Forse troppo definirla così, allora forse un incidente, un gruppo di folli. Intanto io non ho preso la metrò stamattina. E non mi prendo neanche la briga di rileggere ché ormai il dado è tratto.

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Una nuova tradizione

08/07/16

Caldo micidiale nella prepositurale di Leith. Attaccato al pastorale, McWyzer tracolla. C'è da finire il rito, una sua nuova tradizione che già solo a pensarci è un problema perché le tradizioni non possono essere nuove. Praticamente vuota la grande sala, nessuno degli amici di un tempo, ma c'è un rito da portare a fondo. McWyzer l'ha voluto e così sarà. Il caldo, il sudore, la stanchezza. Perfino la noia. La Comunione viene come un sollievo che restituisce inattese calorie. Del vino solo un goccio che col caldo non si addice. Ma non ci si ferma. Stanco, sudato, all'orizzonte sembra di vedersi qualche nuvola che rinfrescherà il cielo di Scozia. Lontana Londra, Leith sotto le suole di McWyzer, la sua prepositurale, il suo rito, il suo sudore.

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canzone a manovella

07/07/16

Avevo voglia di condividere questa semplice e onesta canzone.


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ripensandoci

In queste settimane di discussione sulla Brexit, c'è un grande insultare i vari politici conservatori: Cameron per aver indetto il referendum, Johnson per non aver accettato il ruolo di nuovo primo ministro (salvo che nel partito non lo volevano), Farage per essersi di messo da leader dell'UKIP (senza riconoscergli che aveva raggiunto il suo obiettivo e comunque si è dimesso da leader di un partito, mica ha abbandonato la nave, comunque...).

Ma chi è il vero 'responsabile' politico della Brexit? Arrovellandomi su questo tema, ci sono due punti preliminari importanti.
1. Brexit non è stato un incidente, ma qualcosa di preparato nel tempo, almeno dal 2010 (su questo tornerò poi).
2. I partiti si identificano per le 'politiche di bandiera', quelle che ne segnano inequivocabilmente l'identità, politiche prioritarie (importanti, ma negoziabili) e politiche su cui sono indifferenti (quelle che non fanno notizia).

Bene, chiariti questi due punti la conclusione credo sia chiara: il responsabile di Brexit è niente po' po' di meno che Nick Clegg con i suoi LibDem. Ebbene sì, i più europeisti fra i partiti britannici sono a mio avviso i colpevoli della Brexit e ora vi spiego perché.

Come ricorderete, le elezioni del 2010 terminarono con la sconfitta della maggioranza uscente di Gordon Brown (Labour), ma senza la chiara vittoria dei Conservatori di David Cameron e si dovette creare un governo di coalizione Tories-LibDem (con Cameron premier e Clegg vice). Un evento rarissimo nella politica inglese.

E' importante soffermarsi un attimo sulla composizione dei LibDem, partito di centro e fortemente europeista che in quegli anni era cresciuto moltissimo, soprattutto raccogliendo i delusi del Labour post-blairiano. Molti dei più convintamente europeisti fra i Labour erano passati ai LibDem fondendosi con i vecchi LibDem (che solo occasionalmente entravano a Westminster e comunque mai al governo) e alcuni altri fuori-usciti dai conservatori.

Per i LibDem, quella era la prima volta da sempre di poter essere influenti, al potere, di poter diventare ministri ed esercitare un'influenza sul paese, anche al netto di essere un partito molto più piccolo rispetto a Tories e Labour.

L'alleanza Tory-LibDem non è scontata perché, numericamente, i LibDem potrebbero allearsi anche con il Labour, ma molti LibDem hanno lasciato quel partito e i Tory sono la maggioranza relativa. A questo punto però arriva il corto-circuito più interessante perché se i LibDem sono fortemente europeisti, i Tories non lo sono affatto, anzi sono tendenzialmente sempre più euroscettici al punto di lasciare il Centrodestra europeo (Popolari) per creare il gruppo euroscettico dei Conservatori e Riformisti.

Nel frattempo, il nuovo Governo Cameron-Clegg è composto da una maggioranza euroscettica ed una minoranza europeista. Se per i Tories questo non è un problema (tanto hanno la maggioranza interna alla coalizione di governo), per i LibDem significa che l'Europa non è più una politica di bandiera, ma l'europeismo viene retrocesso al secondo piano. Mentre Cameron porta avanti un atteggiamento sempre più anti-UE, Clegg rimane imbelle e, anzi, con la sua presenza al governo giustifica, legittima e minimizza l'atteggiamento anti-UE di Cameron: 'guardate, anche i più europeisti fra noi non hanno problemi a stare in un governo anti-UE...'.

L'UE diventa così un valore negoziabile, qualcosa di secondo piano che esce dalle identità fondamentali dei partiti. I LibDem, essendo minoranza, non hanno i numeri per incidere e lasciano passare un atteggiamento sempre più anti-UE di Cameron. Alla fine, vengono percepiti come insignificanti, irrilevanti e nelle elezioni del 2015 scompaiono uscendo dal governo Cameron-bis, che torna ad essere un mono-colore. Intanto, l'ala euroscettica è sempre più forte, arriva il referendum e vince Brexit. Le posizioni pro-UE sono state ormai compromesse dai LibDem che hanno perso di credibilità dopo aver sostenuto un governo fortemente anti-UE: se l'Europa è importante, come puoi stare al governo con chi vuole la Brexit? Intanto, i Labour avevano perso la sua componente più fortemente europeista e anzi hanno svoltato verso una Sinistra mai convintamente europeista (Corbyn). Gli unici europeisti rimasti sono in Scozia con l'SNP, ma lì la questione si interseca con le spinte secessioniste.

Complesso? Eh sì, ma non è che Brexit sia una vicenda che si può risolvere in poche parole. Ovviamente, poi, bisognerebbe analizzare anche il lato UE, ma quello sarà per un prossimo post.

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Un dettaglio non detto spesso dice molto

05/07/16

Questa notizia non ha avuto alcuna risonanza mediatica: un sindaco PD istituisce l'assessorato alla felicità. La cosa in sé è irrilevante, nei piccoli comuni è pieno di assessorati fantasiosi e idee strambe dei sindaci di turno, non è la prima volta e non mi scandalizza. Ma provate a immaginare se l'avessero fatto quelli del M5S?
Se l'avesse fatto un sindaco M5S, Facebook e giornali sarebbero stracolmi di derisione denigratoria per la stessa decisione perché non conta il cosa, ma il chi. Scrivo questo perché richiama il ruolo dei media, dei giornalisti, di chi riesce a orientare il traffico di FB et al. Le parole che si usano, le foto che inquadrano o meno il logo del partito, la posizione nei giornali la dicono lunga sulla volontà dell'editore di usare (strumentalizzare) una notizia a fini politici.
I social media danno a molti utenti la sensazione che partecipino anche loro alla campagna politica ed infatti è così, ma il nodo è la sorgente perché una notizia presentata com'è così dal Corriere ha impatti diversi che non la stessa notizia utilizzata come denigrazione politica. E tutti giù a ritwittare, condividere su FB e via whatsapp.

Rallentare, riflettere e provare a essere critici. Difficile in questi tempi di maree rapide.

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