In vista del faro

17/06/20

Immagino un capitano che, dopo un lungo viaggio, vede il faro del porto di arrivo. Sapendo che é l'ultimo viaggio, si accinge a fare l'ultima manovra per entrare in porto. Si ferma e guarda il faro. Si accende, si spegne.
Si accende.
Attende quell'attimo con l'intima speranza che non si riaccenda, che il porto di arrivo si trovi un poco piu' in la'.
Si riaccende e si rispegne.
Forse é solo il faro del porto precedente, forse ancora qualche onda da navigare.
Si riaccende. E' proprio quel faro.

Si chiede se magari Eolo concedera' un vento piu' forte per arrivarci prima. Un po' prima.
O magari un po' dopo.

Mentre i marinai dormono, potrebbe dare un colpo al timone e allungare ancora un po' il viaggio, magari non se ne accorgono.

Il timone. Quel timone. Il suo timone. Quel pezzo di legno che affidava al 'suo' timoniere. Pensava fosse solo legno. Bravo il timoniere, ma era giusto un timoniere. Lui il capitano.

Cerca di scrutare quella sua casa nel porto della notte. Il suo giardinetto, il letto. La sedia.
La taverna con gli amici. Ripensa a ogni singolo marinaio su questa nave, a quelli dei viaggi passati.
A chi é rimasto a terra.
A chi non é mai andato in mare. Per mare, col mare.
Il marinaio bello e quello bravo. Il marinaio che ha ucciso un uomo e quello che ha letto un milione di libri.

Guarda il faro. Gli scogli, l'arenile, il molo, il carico da scaricare, la nave da consegnare. La strada verso una qualche casa con la porta colorata cosi' da riconoscerla anche dopo un lungo viaggio.

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