Il discorso su Milano è invece più complesso.
17/10/21
Premesso che ho già avuto modo di esprimere il mio giudizio sul Sistema Sala, la questione di Milano è più articolata. Milano sta andando obiettivamente bene in Italia e, come ben sintetizzò Il Sole 24 Ore, prima della pandemia Milano cresceva il doppio della Lombardia, la Lombardia cresceva il doppio dell’Italia, ma la media era crescita zero*.
A Milano le cose vanno bene perché si è perseguito un modello basato sulla manovalanza a basso costo proveniente dal resto del paese, da Varese o da Barletta, e investimenti pubblici nazionali (Expo, salone del libro, metropolitane e olimpiadi invernali) con investimenti privati extra-UE (da City life agli scali ferroviari). Questo modello sta funzionando e anche bene: chi va a Milano vede che le cose funzionano, mentre il resto d’Italia si desertifica perché non arrivano investimenti e le risorse emigrano. Questo crea grande consenso interno e, come farebbe qualunque altro sindaco, Sala lo cavalca. Chi, come l’ex Ministro Provenzano, ha provato a evidenziare che questo modello è egoista (es. tassa d’ingresso sulle auto, federalismo municipale, accentramento delle nuove funzioni) e aumenta le disparità territoriali è stato impallinato perché, come spesso accade in Italia, il pensiero critico e complesso non è mai apprezzato in Italia.
La pandemia è poi un capitolo a parte. La narrativa dominante ed egemonica è “Sala = buono, Fontana = cretino”. Premesso che condivido il giudizio poco lusinghiero sul leghista, Milano è stata l’epicentro di morti per covid nella 2° e 3° ondata perché “Milano non si ferma”, perché la partita Atalanta-Siviglia andava fatta giocare per l’amico Gori, perché i commercianti avevano bisogno di vendere i panini fuori dagli uffici. Questa cosa rientra nel punto precedente: Milano non poteva perdere la sua posizione da primato e leadership. Eppure, la narrativa dominante ha associato il fallimento a Fontana, non a Sala. Guai a chi osa insinuare qualsivoglia responsabilità del buon Beppe.