A Diego Armando

26/11/20

Io tifavo Maradona perché i miei fratelli tifavano Milan e io, gia' allora, ero sempre in direzione ostinata e contraria. Anche se ancora non lo sapevo. Da Milano, Maradona é sempre stato visto come una 'terronata' perché, per una volta, la Napoli sgangherata era riuscita a vincere contro la Milano dell'aristocratico Trapattoni e dei miliardi di Berlusconi. Gia' a quell'etá avevo iniziato a capire che Berlusconi era un personaggio negativo, mentre Maradona portava poesia con quei capelloni e la palla che restava magicamente attaccata al piede fino al momento in cui entrava in porta. 

 Mi han detto che quella sera, a 4 anni, ero l'unico convinto che l'Argentina avrebbe vinto la Coppa del Mondo. 

 Da grande, ho continuato a tifare Maradona per la leggenda che ha rappresentato. Per il suo stare sempre dalla parte degli ultimi, anche dopo aver fatto i miliardi. Per il suo essere anche scalcagnato, maldestro, per i suoi errori fatti con generosita'. Gli eccessi, la droga, l'amicizia con Fidel, le cose sbagliate. Il suo non diventare una figurina l'hanno sempre reso molto umano, divino nei piedi, passionale nel cuore, maldestro quando c'era da mettersi la giacca e la cravatta. Ha vinto estasiando, ha sbagliato, si é perso e si é fatto amare. 

Dopo tutti questi anni, capisco il potere popolare di Maradona. Grazie per tutto quello che ci hai dato.

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ora, avremmo bisogno

29/10/20

...e invece avremmo bisogno di artisti, scrittori, teatranti e musicisti perché nel "poi" dovremo raccontarci di come siamo stati in questo "mentre". Sono tempi duri, lo sappiamo tutti, ma abbiamo bisogno dell'arte e della cultura per elaborare tutto questo che stiamo vivendo.

L'ho detto e lo ripeto: fra salute ed economia, ci siamo dimenticati la psicologia. 

Ho paura che la cultura finisca monopolizzata da gente come Netflix o che l'arte rimanga nelle mani di quelli promossi da Repubblica.it. Invece, abbiamo bisogno degli artigiani dell'arte, del sottobosco di nomi che vanno sui palchi, non quelli sugli schermi. Non é un caso se in qualunque eta' umana ci sono state forme di rappresentazione artistica, dalle grotte di Lescaux fino ad oggi. Non é un caso se i secoli di splendore del passato sono sempre associati al proliferare delle arti, in qualunque epoca ed a qualunque latitudine. 

Lo so che é dura, sono il primo a dirlo, ma lasciare indietro proprio gli artisti é un grave, gravissimo errore.

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Ah ma Lei é quello buono...

20/10/20

 Ah ma allora Calenda é buono anche come Sindaco di Roma... Quello cosi' impegnato sul progetto europeo che dopo essere stato eletto eurodeputato per il Veneto ora si candida sindaco della Capitale. Quello che era passato da Montezemolo a Bonino, dai radicali ai cattolici di Tabacci con un ulteriore salto da ambasciatore presso l'UE (salvo non essere un diplomatico) al PD sempre e comunque in sella per non si sa quali meriti. 

Cosa ha mai fatto di buono Calenda in vita sua? 

Politico di professione da anni, non c'e' una sola riforma, progetto, legge che possa dire di aver portato a termine. Non un solo mandato politico elettivo portato a termine, non una sola elezione vinta. Sempre pronto a saltare da una cadrega all'altra, sempre nel centrosinistra guardando al centrodestra e pronto a passare dove convenga. Poco importa usare un turbante per farsi campagna elettorale o infangare la carriera diplomatica lasciando dopo pochi mesi uno degli incarichi piu' prestigiosi. Sempre beneficiando di un'incomprensibile benevolenza mediatica perché lui parla bene in TV, sempre dimenticando che non ha mai realizzato niente...

Ma sempre con la bocca piena di parole come meritocrazia e affini.

Ecco, almeno qui, lasciatemelo dire... 

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Dopo le elezioni di Settembre 2020

25/09/20

 

Credo che una serie A con 18 squadre sia meglio di questa con 20. É vero che probabilmente sarà più dura per chi come me tifa una squadra a rischio retrocessione e che questo cambiamento non dice niente delle probabilità della Juventus di vincere l'ennesimo scudetto. Chi tifa Spezia ovviamente é contrario perché sarebbe escluso, ma in passato abbiamo avuto realtà interessanti come il Chievo. 

 Ecco, questa metafora per dire che la riduzione del numero dei parlamentari è una buona cosa, anche se il parlamento continuerà a essere dominato da partiti che io non voterei, mentre quelli che voterei più difficilmente entreranno in parlamento. Però, a piccoli passi, qualcosa si può cambiare. Altre due riforme costituzionali sono avviate in parlamento e la legge elettorale dovrà essere cambiata per forza. 

 D'altra parte, non credo che l'Italia sia un paese dove servano rivoluzioni. serve, al contrario, un pragmatismo di piccoli passi. Quello che invece mi lascia perplesso é che le preferenze di voto alle regionali non sono cambiate nel pre/post-covid. 

Questo mi allarma visto quel che ha passato/ sta passando l'Italia. Se non c'è un disastro, non c'è neanche uno scatto. Quasi ci fosse paura di muoversi, quasi che la quarantena sia diventata un abito mentale imposto da condizioni sociali, più che una condizione fisica imposta da ragioni sanitarie.

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2 days ago I said

07/09/20

 

Academia is the cradle of every professional, but you cannot grow if always stay in a cradle

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Larga la foglia, stretta è la via. Dite la vostra, ch’io ho detto la mia.

31/08/20

#IoVotoSi

Al prossimo referendum costituzionale, ho deciso di votare SÌ ed eccovi la (lunga) spiegazione delle mie ragioni.

Partiamo da un fatto.

Quanti di voi conoscono almeno il 10% degli attuali parlamentari? Quanti saprebbero collocarli correttamente fra Camera e Senato? Quanti sanno effettivamente quali sono le loro attività parlamentari? Ecco, credo che nessuno senza l’aiuto di internet sarebbe in grado di tirarmi fuori i 90 nomi che vi ho chiesto. Ma credo che anche ad abbassare la soglia al 5% sia difficile trovare chi conosca almeno 50 parlamentari e considerato che ho parecchi contatti molto attivi in politica questo è già un problema. Ma entriamo nel merito.

Il referendum propone quindi di ridurre questa fetta di parlamentari di cui non sappiamo neanche il nome con l’auspicio che questo aumenti la competizione elettorale, quindi la selezione dei migliori rappresentanti. Boeri e Perotti evidenziano che nella passata legislatura (2013-2018) il 30 per cento dei senatori italiani ha disertato più di un terzo delle votazioni, l’attività legislativa si è concentrata su poco più del 10 per cento dei parlamentari che hanno sommato tra loro più di un incarico, lasciando due terzi dei nostri rappresentanti senza alcun ruolo. Molti di loro in cinque anni non sono mai stati né promotori né relatori di un singolo provvedimento. Quindi basterebbe avere senatori più presenti e più produttivi per assolvere pienamente queste funzioni.

https://www.lavoce.info/archives/69105/perche-un-parlamento-piu-piccolo-funziona-meglio/

 

Esiste poi un argomento che questo ridurrebbe la rappresentatività’ del Parlamento. Tuttavia, è un argomento fallace per le seguenti ragioni.

1. La rappresentatività del parlamento dipende in larga parte dalla legge elettorale, non dal numero di eligendi. L’Italia ha la (cattiva) abitudine di cambiare leggi elettorali molto spesso, tendenzialmente a favore della maggioranza che sa che perderà le prossime elezioni. La rappresentatività delle minoranze dipende quindi dalla legge elettorale, NON dal numero di parlamentari.

2. Apprezzo questa riforma perché cambia un aspetto specifico del Parlamento senza intaccare la divisione dei poteri, gli equilibri costituzionali e le sue funzionalità. Si tratta cioè di sottoporre a referendum qualcosa che i cittadini possono comprendere, anche senza essere costituzionalisti. Questa riforma non cambia i complicati e delicat(issim)i meccanismi di funzionamento di un Parlamento (per i quali il referendum non sarebbe uno strumento appropriato) o gli equilibri costituzionali della Repubblica (la critica che feci alla Riforma Boschi-Renzi del 2016).

3. La legge è stata approvata con maggioranza qualificata nei 2 rami del parlamento, cosa non avvenuta, per esempio con le propose di riforma costituzionale Berlusconi del 2006 e Renzi del 2016 che erano state approvate dalle sole maggioranze di allora, senza il concorso delle opposizioni. Noi votiamo solo perché una settantina di franchi tiratori ha richiesto un referendum confermativo. Atto dovuto, ma politicamente discutibile. Sia maggioranza che opposizione sono favorevoli alla riforma che era prevista sia nel programma dell’Ulivo di Prodi, sia nella riforma di Berlusconi che in quella di Renzi. Insomma, uno dei pochi temi su cui si può costruire un consenso trasversale di lungo periodo.

4. I partiti più piccoli (fra cui quelli per cui io ho votato alle ultime elezioni) denunciano che così rischiano di essere esclusi dal Parlamento. Vero, forse. Se però raccogliessero più voti, magari avremmo maggiore rappresentanza in Parlamento. Se quello è il problema, la soluzione è la legge elettorale, le eventuali alleanze ma soprattutto la strategia politica. In qualunque caso, il numero di parlamentari rispecchia “in qualche modo” i voti alle urne. Tant’e che le leggi elettorali di comuni, province, regioni, parlamento e parlamento europeo rispecchiano tutte formule diverse. Pertanto, inviterei i partiti piccoli ad aumentare i loro consensi che poi verranno sicuramente rappresentati negli organi. Inoltre, è già noto che dopo aver cambiato il numero di parlamentari da eleggere, si cambierà anche la legge elettorale.

5. Le minoranze linguistiche possono essere tutelate come richiesto dalla costituzione, a prescindere dal numero di eligendi. Un’eventuale sovra-rappresentazione di valdostani, alto tirolesi e friulani fa parte dell’idea stessa di tutela delle minoranze linguistiche. È così in tutte le parti del mondo, altrimenti che tutela è.

6. Il numero di parlamentari NON è stato sancito dai padri costituenti. Nella Costituzione originale c’era un rapporto fra numero di parlamentari e popolazione. Nel 1963, questo rapporto venne bloccato perché la popolazione era cresciuta oltre misura e serviva porre un limite. Dal 1963 ad oggi la popolazione italiana è ulteriormente cresciuta e, MOLTO IMPORTANTE, abbiamo aggiunto altri organi legiferanti quali i consigli regionali ed il parlamento europeo. Nella costituzione originale, c’era un solo organo legiferante e sovrano, il Parlamento italiano. Oggi ci troviamo in un sistema che in inglese si chiama ‘multilevel governance’, cioè le leggi seguono un articolato processo fra Bruxelles, Roma e ogni capoluogo regionale. Ridurre il numero di parlamentari servirà, a mio avviso, a migliorare la qualità degli eletti anche negli altri organi. Il numero di eletti legiferanti nei decenni è significativamente aumentato. Quindi, votare sì è anche un modo per essere regionalisti ed europeisti, almeno a mio modesto parere.

7. L’idea che il rapporto eletti/elettori implichi il controllo di qualità sulle attività degli eletti è a mio avviso risibile. Premesso che non esiste un rapporto numerico perfetto, non mi pare che l’attuale risultato sia brillante. Anzi, se più persone controllano il singolo eletto si può sperare in un maggiore controllo (servirebbe però saperne almeno i nomi…). Inoltre, oggi esistono tecnologie di comunicazione che hanno cambiato radicalmente la partecipazione politica. Gli organi assembleari dovrebbero prenderne consapevolezza. Su questo, suggerisco gli studi di OpenPolis.

8. Il cattivo rapporto fra eletti e territori è legato anche al modo in cui le circoscrizioni vengono disegnate. Vi suggerisco di andare a vedere come Franceschini fece disegnare il suo collegio elettorale di Ferrara. Come per le leggi elettorali, i collegi vengono spesso disegnati a favore del partito al governo. In inglese, lo chiamano “Gerrymandering” (https://en.wikipedia.org/wiki/Gerrymandering), giusto per dire che non è solo un problema italico.

9.  L’ottimo è nemico del buono. Questa modifica alla costituzione non è ottima, ma buona sì. Non si può sempre dire di no e rinviare al giorno in cui si potrà votare la riforma “ottima” perché, lo sappiamo, quel giorno non arriverà mai. Oltretutto, una Costituzione raramente può essere cambiata per referendum, casomai servirebbe un’assemblea costituente, ma non mi sembra questo il tempo. La Costituzione si può modificare, se si cambia in meglio. Nel mio piccolo, credo che questo sia un piccolo passo, pur consapevole che non è né la soluzione a tutti i problemi di questa scalcagnata repubblica.

10. Non mi interessa chi ha proposto questa modifica. Non mi interessa chi vota per chi. Non mi interessa fare raccolta delle figurine di uno schieramento o l’altro. Io ragiono con la mia testa, le campagne elettorali sulla costituzione mi infastidiscono sempre un po’.

 

Chiudo dicendo però che questa modifica non è una rivoluzione. Io voterò sì e spero che ovviamente il referendum passi, ma se dovesse vincere il no non credo che sarà una tragedia (come lo sarebbe stato in altre occasioni). Se vincesse il no sarebbe un’occasione persa (l’ennesima), ma non una tragedia. D’altra parte, il sì non è di certo la bacchetta magica che risolverà i problemi della politica italiana. Però, nel mio piccolo, credo che votare sì aiuti a fare un passettino in una direzione un po’ migliore. Questo Si. Per questo, #iovotosí.

 

Larga la foglia, stretta è la via.

Dite la vostra, ch’io ho detto la mia. 

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26/08/20

 

c’è che quando non ci si diverte più, bisogna cambiare.

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Ragioni di preoccupazione

14/08/20

Ho il terrore che questa pandemia sia il colpo di grazia per l'economia italiana. 


L'Italia é cresciuta dal dopoguerra fino alla crisi degli anni 70 basandosi sul fatto che era il paese occidentale con la manodopera a piu' basso prezzo. Gli ingenti investimenti del Piano Marshall, giustificati dalla posizione strategica del BelPaese, permisero  all'Italia una rapida crescita, mai vista prima. Nel periodo monarchico, la crescita era concentrata di fatto in 3 regioni (Lombardia, Piemonte, Liguria), dopo la guerra coinvolse un po' tutto il paese, seppur con evidenti disparita' per il ben noto problema del Mezzogiorno.


La crisi degli anni '70 e' stata sfangata svalutando e facendo debito negli anni '80 al fine di mantenere competitivita', mentre il resto dell'Occidente non poteva correre il rischio di perdersi l'Italia per strada sconvolta com'era da una latente guerra civile. Nel frattempo, pochi investimenti produttivi di lungo periodo avevano sostenuto una crescita che dagli anni '90 e' rimasta asfittica. Nuovi paesi erano diventati la frontiera occidentale della manodopera a basso costo (prima la Polonia, poi la Romania). Alcuni italiani hanno saputo approfittare dell'allargamento dell'Unione che Prodi aveva giustamente intuito. La crescita e' rimasta la meta' della media europea fino alla crisi finanziaria.


Il grafico della crisi innescata da Lehmann Brothers mostra un'Italia che cola a picco e ci rimane. Nessun rimbalzo, né immediato né ritardato. Dopo la caduta, una lenta risalita a un tasso mezzo rispetto al resto d'Europa. Ora la pandemia mentre il paese non si e' mai veramente ripreso. Non solo il Mezzogiorno e' sensibilmente peggiorato, ma ormai anche la Lombardia e' terra di emigrazione.


Ho paura che la pandemia condanni l'Italia (e la Spagna) ad una lunga sopravvivenza a se stessa. Qualche misura di solidarieta' in un paese in via di spopolamento, marginalizzazione, dipendenza. Insomma, l'Italia del XVII secolo. I soldi ricevuti dall'UE si scontrano con una mancanza di progettualita' economica per il paese. Le discussioni sono limitate a sconti fiscali, sussidi e liberta' di licenziamento, cassa integrazione e qualche strada. Nessun progetto di produttivita' economica.


Mi preoccupa perché gia' la mia generazione non ha potuto beneficiare di condizioni come quelle dei nostri genitori, ma qui rischia di aprirsi un si salvi chi puo'. Non stiamo parlando del Titanic che affonda, ma di Pisa che non si rende conto che l'Arno ha insabbiato la costa rendendo il suo porto obsoleto, al punto che tocca fondarne uno nuovo a Livorno. 

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Di questa pandemia

07/07/20

Una delle cose che mi ha colpito di questo periodo é la mancanza di "incontri nuovi". Chiusi in confinamento, non abbiamo potuto incontrare "l'altro", un "altro" che fosse nuovo. Chiaro che c'erano ragioni di sicurezza piu' importanti, ma non ho avuto modo di incontrare nuovi amici, nuovi colleghi o anche solo nuove persone che non conoscevo. Ho finito per essere rinchiuso nel gia' noto, nel gia' conosciuto. Ovvio che la prima preoccupazione va per le persone piu' care, ma lo spazio per aprirsi al "non conosciuto" o, meglio, al "non ancora conosciuto". Che é importante, é importante poter conoscere quel che ancora non si conosce. Bruxelles non é l'Europa, Milano non é tutta l'Italia, la cittá non sono le zone periferiche e questa pandemia non ha colpito tutti nella stessa maniera. Ovviamente, io mi ritrovo molto nelle difficolta' di stare a casa con bimbi piccoli, i nonni lontani, mentre altre prospettive mi mancano. Poi, ho un lavoro che si puo' fare benissimo da casa, ma penso a quel pizzaiolo col ristorante appena aperto di fianco al mio ufficio. Il suo sguardo, con la moglie bloccata ad Alessandria da una brutta malattia, non lo dimentico facilmente. Non dimentico i preti che si sono ritrovati davanti ad altari telematici senza piu' il contatto umano. Ecco, il teatro mi ha insegnato quanto sia importante cambiare punti di vista, mentre la pandemia ha sclerotizzato il mio. Gli stessi che leggeranno queste parole sono in realta' persone che gia' conosco, a cui gia' voglio bene quindi, forse, io stesso sto utilizzando il canale sbagliato.

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In vista del faro

17/06/20

Immagino un capitano che, dopo un lungo viaggio, vede il faro del porto di arrivo. Sapendo che é l'ultimo viaggio, si accinge a fare l'ultima manovra per entrare in porto. Si ferma e guarda il faro. Si accende, si spegne.
Si accende.
Attende quell'attimo con l'intima speranza che non si riaccenda, che il porto di arrivo si trovi un poco piu' in la'.
Si riaccende e si rispegne.
Forse é solo il faro del porto precedente, forse ancora qualche onda da navigare.
Si riaccende. E' proprio quel faro.

Si chiede se magari Eolo concedera' un vento piu' forte per arrivarci prima. Un po' prima.
O magari un po' dopo.

Mentre i marinai dormono, potrebbe dare un colpo al timone e allungare ancora un po' il viaggio, magari non se ne accorgono.

Il timone. Quel timone. Il suo timone. Quel pezzo di legno che affidava al 'suo' timoniere. Pensava fosse solo legno. Bravo il timoniere, ma era giusto un timoniere. Lui il capitano.

Cerca di scrutare quella sua casa nel porto della notte. Il suo giardinetto, il letto. La sedia.
La taverna con gli amici. Ripensa a ogni singolo marinaio su questa nave, a quelli dei viaggi passati.
A chi é rimasto a terra.
A chi non é mai andato in mare. Per mare, col mare.
Il marinaio bello e quello bravo. Il marinaio che ha ucciso un uomo e quello che ha letto un milione di libri.

Guarda il faro. Gli scogli, l'arenile, il molo, il carico da scaricare, la nave da consegnare. La strada verso una qualche casa con la porta colorata cosi' da riconoscerla anche dopo un lungo viaggio.

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come le dita di una manina

27/01/20

5 anni fa mi ritrovai in braccio un pupattolo e la mia prima parola fu "meraviglia!".
Ora che sono passati tanti anni quanto le dita di quella manina dovrei forse scrivere qualcosa di incredibile.
Invece, mi rendo conto che la vera meraviglia é ogni giorno e che una foto o una parola faticano a renderne conto.

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