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Parliamo di politica e dinamiche socioeconomiche.

10/07/25

 Prendiamo il caso del governo Meloni in Italia. Mi pare chiaro che sia basato sul mantenere il consenso di USA di Trump come ideologia, insieme all’amicizia per la Cina perché è da questi due paesi che deriva l'attuale ricchezza dell’Italia, almeno del suo ceto dirigente. Di certo non dalla Germania, che può permettersi di essere autonoma, né dalla Francia che conta sempre meno. L’Europa non è più uno spazio economico di riferimento che possa promettere grandi margini di crescita per l’Italia, allora meglio essere vassalli privilegiati di USA e Cina. Una ricchezza esogena perché tanto la domanda interna non sostiene l’Italia più da tempo. Il mercato europeo non promette né garantisce a un'elise italiana di restare al potere, come poteva essere col governo Prodi. Berlusconi garantiva una ricchezza italo-italiana che equilibrava gli interessi di Germania e USA, ora conta essere amici della Cina e del suo fedele vassallo russo. 

 

La questione teorica è capire quali industrie/settori economici guidano la ricchezza di un paese e se questi sono interni o esogeni. Questo discorso lo si può applicare anche ad altri. L'ho imparato dalla lezione di Barbero sulla guerra civile americana: il sud agricolo dipendente dalle esportazioni di cotone vs il nordest industriale che voleva affrancarsi dalle industrie inglesi. A un certo punto, l’Ovest si schierò col Nord perché’ c’erano maggiori margini di crescita contro un sud agricolo ormai stagnante. Una dinamica simile con l’Italia unitaria, dove le élite industriali/liberali di Piemonte e Lombardo-Veneto videro un’opportunità di affrancarsi dall’arretratezza del sistema austro-ungarico e si portarono dietro il centro-sud dove vedevano margini di crescita per i loro interessi. In effetti, l’Italia riuscì a unirsi e il triangolo Milano-Genova-Torino divenne un centro di grande rilevanza. In Europa quali sono le industrie che guidano il consenso, tipo il settore auto in Germania che coi sindacati ha alimentato decenni di SPD o l'Italia di Prodi...

 

Tutto questo, serve infine capire che l'assenza di alternative a Meloni nasce dal fatto che non esiste una alternativa politico-economica e, se anche ci fosse, ormai l'Italia è talmente dipendente dall’estero, che viene bloccata. Lo dimostra come il presunto sovranismo non osi mai schierarsi contro le influenze cinesi o americane, un palese contrasto con l’ideologia autarchica dei fascisti originali. Chi ha interessi e risorse per creare una alternativa a Meloni? Se Schlein volesse essere un’alternativa, su quali settori socioeconomici dovrebbe puntare? Quale alternativa di sviluppo potrebbe promuovere? Brexit fu giustificata dall’idea che l’Europa non offriva più margini di crescita al Regno Unito, mentre Russia e Arabia sembravano molto più promettenti. Non sono sicuro che quella visione fosse corretta, ma di fatto vinse.

 

Ecco, la politica si può capire solo se intersecata a queste dinamiche socioeconomiche e non mi pare di dire niente di strano: quali sono le forze che oggi possono contrastare una politica stile Von De Leyen + Meloni?

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ehi mah! c'e' un'orribile Bestia nella tasca del mio palto'!

17/03/25

La morte di Dandy Bestia, chitarrista e cofondatore degli Skiantos, mi ricorda di questo gruppo che ha saputo portare tecnica e poesia nel primo rock demenziale italiano. Essere scemi, per scelta e sapendolo fare, pare oggi un gesto rivoluzionario. Una poesia fatta di scioglilingua, parolacce e non-sense in solo apparente contraddizione. La lunga carriera dimostra che non era solo musica demenziale, era satira, era grottesco, era caricatura della migliore tradizione giullaresca italiana. Ché il matto del villaggio è importante e spesso più intelligente di certi benpensanti allineati al pensiero comune, acritico e beneducato.

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25 aprile 2024

25/04/24

Scegliere di festeggiare il 25 aprile significa scegliere di festeggiare la libertà di scegliere. Perché prima c'era il fascismo e non si poteva scegliere. Invece l'Italia ha scelto la democrazia, la libertà di poter scegliere fra DC e PCI, fra socialisti e liberali oppure, oggi, fra Meloni o Salvini, Tajani o Calenda, Schlein o Conte. Col fascismo, non ci sarebbe stata scelta. L'unica cosa che si sarebbe potuto fare era festeggiare il fascismo. Invece oggi si può scegliere.


Io credo sia una bella cosa poter scegliere. Per questo festeggio. In fondo sono contento che anche gli altri possano scegliere se festeggiare o no. Certo, preferirei tutti festeggiassero, ma la libertà, la democrazia significa accettare anche chi la pensa diversamente, altrimenti saremmo nel fascismo. Scrivo tutto questo oggi perché fra poco saremo chiamati a scegliere con le elezioni che comunque mi sembrano una bella cosa anche loro. 


Buon 25 aprile.

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storia semiseria

10/02/22

Forse non tutti sanno che…

…la storia del Belgio ha alcuni dettagli strepitosi!

Il Belgio nella Seconda guerra mondiale.

Storicamente, il Belgio era un paese neutrale perché si sentiva (giustamente) schiacciato fra Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Germania/Impero, che sul suolo belga avevano combattuto un’enormità di battaglie sanguinose, dall’assedio di Namur alla battaglia di Waterloo, passando per le continue distruzioni di quella che avrebbe dovuto essere una potente roccaforte, Charleroi. Il Belgio aveva la protezione della Chiesa cattolica, poco influente da queste parti, e della ben più importante Massoneria franco-scozzese (per qualche ragione oscura, quelli di Londra gli stavano sui maroni, vabbè, andiamo avanti…). 

Se nella Prima guerra mondiale il Belgio fu eroico, nella seconda ci fu poca storia. La Germania nazista aggirò la linea Maginot francese passando dal piccolo paese che non aveva difese naturali, tipo il Reno o i Vosgi, e soprattutto non aveva la ben che minima capacità militare di opporsi. Ma Hitler puntava a Parigi, Bruxelles serviva quanto una sosta all’autogrill quando aggiri la coda fra Casalecchio di Reno e Barberino del Mugello. Il governo belga scappò (ma non il re), ma erano divisi perché manco loro sapevano che fare (se sei il Belgio contro la potenza nazista… in effetti…), ma c’era un dettaglio che li metteva in crisi: la dichiarazione di guerra.

Hitler, infatti, non dichiarò mai guerra al Belgio e questo causò un casino che non vi immaginate per i poveri belgi. Il governo teoricamente legittimo non era più sul suolo occupato e i nazisti amministravano il paese con poco interesse (ti pare che Hitler avesse voglia di occuparsi della tangenziale di Mons?!) e soprattutto nessuna legittimità legale in quanto, formalmente, non erano ‘occupanti’. Pare che i nazisti si resero conto dell’errore e si preoccuparono di dichiarare lo stato di occupazione per gli altri paesi conquistati, ma non per il Belgio. E' tipo quando ti muore il primo prozio che realizzi che le bollette erano intestate a suo padre e ora la municipale chiede il codice fiscale del nonno del prozio della cugina di sua madre che viveva ancora nel lombardo-veneto, quando a malapena sapevano scrivere, ma tu hai pagato sempre le bollette e quindi la municipale non si era mai posta il problema... e chiaro, no.

Anche quando le sorti della Seconda guerra mondiale si invertirono e il Belgio si trovò sul lato dei vincitori, rimaneva questa roba della mancata dichiarazione di guerra da parte della Germania nazista. 
Che fare? 

Il Belgio era neutrale e non poteva dichiarare guerra alla Germania, ne avrebbe forse avuto ragione vista l’occupazione militare (eh serve sempre un casus belli, altrimenti parte il ricorso al TAR…), ma gli stessi nazisti non formalizzarono mai l’occupazione (capisco avessero altro a cui pensare…). Tutto sommato, erano pure apprezzati al punto che i fiamminghi furono gli unici non tedeschi ad avere una loro divisione nelle SS, quindi nessuno veramente si preoccupava di ‘ste menate giuridiche. 

Ma allora, il Belgio ha vinto la Seconda guerra mondiale? Ehm, no! Formalmente, il Belgio è rimasto sempre neutrale. Malgrado abbia fatto quel che poteva dalla parte degli alleati (ad esempio, il quotidiano La Libre Belgique rimane come esempio dei partigiani cattolici antinazisti che combatterono a Bruxelles), il Belgio non poté sedere al tavolo dei vincitori perché, sulla carta, nessuno l’aveva invaso, nessuno gli aveva dichiarato guerra e lui era ancora neutrale. Io mi immagino la faccia degli altri ambasciatori a vedere quello belga da solo… isolato… in un angolo con la sua birra e le patatine fritte… vorrebbe brindare ma... eh lui non ha lo SPID... 

Ecco, questa storia è strepitosa, si unisce a tanti altri dettagli di questo meraviglioso paese. Capite perché i belgi soffrono di mancata autostima? Perché fanno fatica a essere presi sul serio? Manco Hitler che era Hitler si prese la briga di dichiarargli guerra… lo fece, ma senza scriverlo e vabbè! 

Morale della storia: aggiornate gli intestatari delle bollette prima che muoiano (e impariamo dalla storia). 

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After 200 years

05/05/21

He was a bloody dictator. His wars caused 12 years of pan-European terror with 4,300,000 soldiers dead plus about 2-2,500,000 civilians, about the same as Hitler but in a Europe with much less inhabitants. He destroyed a significant share of human heritage plundering Italy, Spain and Egypt. His imperialist propaganda is still resonating with the idea of ‘exporting freedom’ with armies and authoritarian regimes. We won’t miss you.

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Humour and listening

14/01/16

This video deserves to be shared. She was my professor during my university studies, a great lesson. 



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calcio e meritocrazia

10/01/16

Proseguendo sul tema della meritocrazia, ecco un'interessante analisi applicata al calcio. Fondamentalmente, da quando ci sono i diritti tv il fattore "fortuna" è venuto meno perché il divario di soldi è aumentato rendendo più prevedibili i risultati e, in fin dei conti, rendendo meno rischioso investire nel calcio. Questo a vantaggio di chi vuol investire, ma meno dei tifosi in senso generale. I supporter delle squadre che investono tanto sanno che hanno più probabilità di vincere, ma gli altri hanno sempre meno possibilità che la loro squadra sovverta le gerarchie economico-finanziarie.
In altre parole, se tifate per Milan-Inter-Juventus il sistema vi garantisce più soldi e meno rischio di perdere, infatti sono 20 anni che vincono solo queste tre squadre (con due eccezioni, Roma e Lazio, dove però la seconda fallì subito dopo aver vinto uno scudetto), guarda a casa da quando c'è la distribuzione dei diritti tv. E' una questione di quanto e come ricompensare il "merito" di aver vinto sul campo e se questo ricompensarlo non danneggi l'intero sistema a forza di effetti cumulativi. Pensateci, perché viviamo in un mondo di decisioni multiple e non singole, in un mondo di decisioni cumulative e non di una tantum.

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Metodi pericolosi

18/01/12

Ieri sera ho visto "A Dangerous Method", bel film, veramente. Ovviamente, partirò da quel che non mi è piaciuto così è più facile: la regia e la post-produzione sono proprio poca cosa. Per esempio, la scena in cui arrivano negli USA non mi è piaciuta affatto e in generale non ho visto idee geniali, tutto molto canonico con la ricerca di inquadrature ad effetto che però non riescono. Amen, la storia è talmente affascinante da passare in secondo piano.
Il rapporto Freud-Jung è di quelli che segnano la storia dell'umanità, un po' come Platone e Aristotele, Hegel e Schopenhauer, San Pietro e San Paolo. C'è stato un periodo in cui le origini della psicologia, appunto Freud e Jung, mi hanno affascinato moltissimo e mi sono letto parecchie cose da "Psicopatologia della vita quotidiana" a "l'Interpretazione dei sogni", oltre ad un paio di collezioni di saggi e scritti vari di Jung. Ammetto che sono anni che non leggo più niente, ma ultimamente ho recuperato col teatro che, a mio avviso, è una pratica con moltissime affinità e legami, ma questa è un'altra storia. Torniamo al film.
Lascio a voi di scoprirne la trama tra amore e scienza, la cosa interessante è che rimane interessante il dialogo scientifico psicoanalitico mischiato con vicende personali. Non so quanto sia spiegato bene perché a me è servito più che a capire, a ricordare quanto già sapessi, ma comunque vale la pena approfondire quella vicenda, umana e scientifica (come se qualcuno potesse pensare che le cose sono separabili). Il tutto sullo sfondo della Vienna d'inizio XX secolo che è uno dei contesti intellettuali più incredibili della storia.
Comunque, il messaggio è che le scienze psicologiche (Freud, Jung e altri) sono tema di grandissimo interesse, anche se bisogna saperle maneggiare e accogliere criticamente. Aver letto un paio di libri di psicologia non significa essere psicologo, così come non bisogna credere a tutto quel che Freud dice: per esempio, la sua fissazione con la sessualità mi pare più una trovata per promuovere mediaticamente la disciplina oppure un caso di "vittima rinchiusa nella sua iniziale intuizione di successo"... anche se ammetto che pensando ad alcune persone (dai scherzo, suvvia!).
Tornando seri, il messaggio è che quella storia, Jung-Freud, è una di quelle da conoscere perché c'è dentro la storia intellettuale dell'umanità, soprattutto di quella cosiddetta Europea/Occidentale.

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lassù

21/09/11

In Germania speranza forse c'è, almeno la richiesta di un riconoscimento di errore sui pedofili e la volontà di aprirsi a risposati, magari ai gay che pur sempre figli di Dio sono.
Ma questo è un passaggio molto sensibile dove si decide qualcosa di importante. Due sono gli scenari plausibili, uno auspicabile e improbabile, l'altro probabile e disgraziato, il terzo non lo prendo in considerazione.
Il primo dice che Ratzinger sappia ascoltare le critiche e trovare una sintesi tra queste esigenze e la maggioranza vaticana tradizionalista, oscurantista e negazionista di pedofili, gay e divorziati.
Il secondo dice che ucciderà queste pretese lasciandole sorde o evitando di rispondere al disagio dei molti arroccandosi nella difesa di Castel Gandolfo.
La terza la esplicito per pura fantasia: un riconoscimento che nel Vangelo c'è il richiamo all'amore fraterno e che il matrimonio è stato inventato un millennio dopo Cristo per cui risposarsi è peccato per tradizione, non per il Vangelo, che i gay sono pur sempre figli di Dio e che la Pedofilia è invece chiaramente condannata.

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tabù contemporanei

12/09/11

Dopo la caduta del Comunismo, l'insulto intellettuale più grave che si può dire è "ideologico", "sei idologizzato" et al.

Premesso che il Comunismo appar morto e sepolto, anche se liquidato in maniera troppo sbrigativa e superficiale (avete mai pensato a quanti sono in realtà i comunismi?), le ideologie sono invece rimaste e presenti e vive e vegete e perfettamente svolgenti il loro ruolo.

Finito il Comunismo, le ideologie restano, ce ne sono anche altre e, forse, non fa neanche male. Innanzitutto, riconoscerle e, forse, capire che non sono il male assoluto. Riconoscerle per agire di conseguenza.

Odio, per esempio, un certo movimento che si vanta di essere anti-ideologico per dirsi superiore al Comunismo sconfitto dalla storia. Peccato siano loro stessi ideologici, per quanto su radici diverse.

Insomma, le ideologie ci sono, non vergogniamocene. Anzi, forse fa pure bene razionalizzare la cornice con cui noi approcciamo ed interpretiamo il mondo, invece di credere che il nostro sguardo sia quello assoluto e la nostra capacità di ragionare slegata dagli schemi intellettuali esistenti (le ideologie, appunto).

Riflettere sulle cornici entro cui i nostri pensieri si formano non è affatto un esercizietto accademico, anzi...

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della diplomazia quotidiana ovvero capire perché una persona ti sta sul...

20/04/11

Tempo fa lessi un libro il cui titolo è sufficientemente esplicito: "L'arte della diplomazia". Non era un gran libro, ma qualcosa diceva. Tra le regole base c'era la seguente: "la gente non ama sentirsi dire di no, anche se sei in disaccordo su qualcosa inizia con un sì e poi esprimi il dissenso". Interessante, vero?

Oggi, mi ha aiutato a capire perché una collega mi stia particolarmente antipatica. Cioé, sapevo che questa qui mi sta particolarmente antipatica, ma oggi ho razionalizzato la cosa. Due aneddoti.

Un ragazzo che era a mangiare con noi deve cambiare gli occhiali perché li ha rotti e mi ha chiesto di provare i miei occhiali. Ora, per chi non lo sapesse io ho una montatura abbastanza spessa che si adatta al mio visone (e al mio nasone, va bene...), mentre lui ha un viso magro magro e il viso molto allungato. Io e la sua ragazza concordavamo nel dire che i miei occhiali non si adattano al suo viso, la tipa in questione è intervenuta dicendo "non van bene, quegli occhiali son brutti e ti stanno male". Ora, io sarò permaloso ma tra chi dice "gli occhiali di A non stanno bene a B" e chi dice "gli occhiali di A sono brutti, non andranno bene a B" c'è una chiara differenza perché A si sente dire che ha cattivo gusto. Un'inezia direte voi, ma intanto essendo io nella parte di A trovo antipatica chi esce con queste frasi.

Secondo aneddoto: si parlava di ritardi dei treni e delle cattive esperienze che abbiamo vissuto. Ognuno a raccontare la sua, la tratta, il ritardo, il tipo di guasto. Io racconto la mia e la suddetta persona si intromette nella discussione dicendo "no, la tua non è niente, a me è successo qualcosa di vero". Ora, visto che tutti facevamo in serie un racconto delle nostre peripezie, non capisco perché debba entrare subito a smontarmi, quando poteva dire "anche a me è successo una volta che...".

Inezie, si dirà, ma il mio giudizio è anche una poco celata mal sopportazione per la suddetta persona che, a dire il vero, si comporta così con tutti e quindi non penso che ce l'abbia con me. Certo, ora tutti la evitano perchè di sentirsi dire "il tuo maglione è brutto", "tu non sai niente, so io il vero", "tu hai detto il falso, io ho detto" non fa piacere a nessuno. Però, almeno, ho razionalizzato il perché mi stia antipatica, mentre posso anche dire che non è che le farei mai niente. Certo, se mi invita per un caffé io e lei cerco una scusa perché di passare il tempo a sentirmi dire così preferisco passarlo a lavorare sul più noioso dei report.

Et voilà, alcune note... magari aiutano anche voi, chissà!

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spiegare il Berlusconesimo: il potere che nessun'altro ha

26/03/11

Altra tappa del regime mediatico berlusconiano: in questa trasmissione ha potuto far passare a milioni di persone il messaggio che all'Aquila lui ha trionfato, ha risolto il problema, è stato in grado di fare quel che nessun altro avrebbe saputo fare.
E poco importa che sia una mess'inscena clamorosa perché la gente ha visto quello e quindi quello è vero. Poco importa cosa sia la realtà, conta quel che la gente vede e lui ha il potere di decidere cosa far vedere. Non può esistere opposizione politica a questo potere.
In democrazia queste cose non possono succedere perché ci sono poteri di controllo e se dici una cazzata, ti sgamano. O meglio, c'è qualcuno che fa vedere che hai detto una cosa falsa perché, così facendo, il secondo si accredita come media più affidabile, credibile e guadagna pubblico e quindi può vendere la pubblicità a prezzi più alti.
In Italia non esiste alternativa perché il Berlusconesimo monopolizza il potere di comunicazione e quindi nessuno può far vedere che quel che dice è falso, se non cadendo nello stereotipo della macchietta dell'anti-berlusconiano ad oltranza, personaggio assai noto al pubblico e quindi non creduto.

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quel che la Sinistra non capisce

19/01/11

La vittoria culturale di Berlusconi e la sconfitta inesorabile della Sinistra è ben testimoniata da quest'articolo dell'Unità. Concita De Gregorio dimostra che la Sinistra non capisce e che soffre un ritardo culturale enorme. Nel momento in cui Berlusconi ha potuto acquisire un sostanziale monopolio mediatico ha imposto gradualmente una cultura che fa dire che "sì, la cosa migliore è prostituirsi per l'Unto del Signore" affinché ognuno se ne tragga la sua quota di profitto e, per chi non può, il sogno di potercela fare un giorno anche loro a aprire le gambe per darla a Silvio. Non facevano forse la fila per scopare con D'Annunzio?

Ribadisco la mia tesi che l'Italia non sia una Democrazia, ma una Dittatura mediatica. Sia chiaro, per dittatura molti pensano a Hitler o Mussolini, io mi riferisco a altre dittature. Per esempio, ben si addice il caso del Re Sole dove invece della Corte di Versailles ora ci sono le TV, Striscia la Notizia e Matrix, mentre chi non si piega viene screditato e infangato perché non si unisce agli sfarzi della corte. Era forse Luigi XIV un democratico? No, anzi, era una dittatura, lo Stato era lui e così l'Italia è Silvio! L'importante, è non far vedere che fuori la gente muore di fame, le Brioche sono sostituite dalle case dell'Aquila.

Una dittatura mediatica è diversa da una dittatura totalitaria (Hitler o Stalin per citare i casi "venuti meglio") e non è a quel tempo che bisogna fare riferimento. Pensate che i Medici sono diventati Signori di Firenze molto tardi, a lungo erano "democraticamente eletti" secondo lo statuto repubblicano della città. Ma il loro potere economico era tale da far apparire Firenze come sotto una signoria, anche se istituzionalmente non lo era. La Costituzione materiale che si sostituisce a quella vigente.

Ma tutto questo la Sinistra attuale non lo capisce: D'Alema cerca l'alleanza con l'UDC pur di far fuori Vendola, mentre i soli Veltroni e Franceschini avevano timidissamemente provato a giocare la partita mediatica, e quindi culturale, contro Berlusconi. Fallendo. Tra gli elementi fondamentali di questo sistema c'è il fatto che l'Italia è un paese provinciale, che ha ormai dimenticato come funziona una democrazia e che è culturalmente isolata perché, per esempio, non ci sono TV straniere che parlano italiano e che possono essere diffuse da noi: o stai al gioco, oppure i media non di regime saranno condannati alla marginalità o a giocare il ruolo di cattivi antagonisti dell'unico Unto del Signore.

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si torna pensierosi

03/12/10

Dai funerali si torna sempre con tanti pensieri in testa, così anche oggi. Un funerale del padre di un caro amico, un bel funerale per partecipazione in una chiesa innaturalmente grande e calorosamente gelida per il freddo che colpisce Milano in questi giorni. Come quel funerale di qualche anno fa.
Ripenso a un vecchio post, per me tanto bello e accompagnato da commenti che mi fan sorridere ancora oggi. E poi, cercandolo, ritrovo un mio breve racconto che trae in inganno anche me: i riferimenti mi paion familiari, ma quando mi fermo a pensarci non li riconosco già più, come nei sogni dove ti senti a casa, ma al mattino non ti ricordi più dov'eri. Ai funerali pensi a delle parole speciali e non le trovi mai.
La cosa più grande del Cristianesimo è che ti mette nella prospettiva che la vita sia un dono e con essa tutto ciò che l'accompagna: un dono la tua vita fatto dall'Amore dei genitori, un dono l'Amore di una ragazza naturalmente bellissima, un dono l'Amicizia, il lavoro. Un dono la pace nel mondo che è difficile e va sempre meritata facendo i bravi bambini a Natale. Dicevano oggi durante la cerimonia "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te" (Vangelo di Matteo, 11, 25). E non si sia tristi al funerale, oggi quel mio amico è stato in grado di regalare un sorriso e una battuta a tutti gli amici che erano venuti attorno a lui. i ha spiazzato, ma un grande insegnamento che per questo val la pena di condividere.

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questioni etico-naturali

02/11/10

Degli inconvenienti naturali che possono accadere, oggi uno mi affascina per le sue interessanti implicazioni etico-morali: credo che pochi fenomeni naturali siano così altamente simbolici per gli insegnamenti all'uomo (e alla donna).
L'indigestione è un concetto incredibilmente interessante: se ci lasciamo andare troppo a ciò che ci piace, poi stiamo male. E' incredibile questo concetto: "il troppo stroppia", se ci lasciamo andare al piacere di mangiarci ora una torta che ci piace "troppo", poi stiamo male. Il piacere effimero del presente che presenta il suo conto più tardi.
Vedete, il raffreddore è una cosa semplice: prendo freddo, sto male. Principio di causalità semplice. Al contrario, l'indigestione si basa sul piacere immediato che poi diventa controproducente. Al contrario, moderazione e sobrietà permettono di gustarsi la torta oggi, senza fare indigestione domani. Semplice, no?

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chi paga qualche attenzione alla sintassi delle cose

17/10/10

DA QUANDO IL SENTIMENTO E' PRIMO (E. E. Cummings)

Da quando il sentimento è primo
chi paga qualche attenzione
alla sintassi delle cose
non ti bacerà mai el tutto

essere del tutto uno scemo
mentre la primavera è nel mondo

il mio sangue approva
e i baci sono un migliore destino
che la saggezza
signora io su tutti i fiori.
Non piangere
- il gesto migliore del mio
cervello vale meno che del
battito delle tue palpebre
che dice

noi fatti l'uno per l'altro:
così ridi, lasciati andare
tra le mie braccia
perché la vita non è un
paragrafo

e io penso che la morte
non sia una parentesi

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domani, un amico si sposa

14/10/10

Grande giorno, quello di domani, il compagno dell'università, quello con cui si sono condivisi esami, appunti, sudate notturne a fare le tavole si sposa. E così ritrovarsi, compagni profughi di un mestiere che non ci dà cittadinanza. Un mestiere disperso, maltrattato, vituperato, al punto che ne siamo usciti tutti malconci, precari, dispersi. Noi, che non eravamo manco una gran classe da quanto eravamo eterogenei, separati, confusi e confusionari, noi ieri eravamo lì a preparare qualcosa per l'amico che si sposa e poi, già lo so, torneremo dispersi e silenti a una professione che pochi praticano (io no, per esempio), come i compagni di un segno che fu e che rimane lì latente convinti che gli anni dell'Università siano qualcosa di speciale. Silenti siamo, a differenza di altre compagnie universitarie bavardeurs, complicate, caciarone, fanfarone, a differenza di altre compagnie fatte di amori, tradimenti, cose piccanti da nascondere e amicizie che superano tutto e tutti in chiometri, distanze, differenze. Questa mia gente è normale, vive la città conoscendosi, conoscendola, ma senza farsi riconoscere ché a Milano - si sa - si tollera tutto purché non faccia baccano, purché ci si lasci lavorare...
E poi, ovviamente, questa mia gente non si ritroverà al Roxy Bar, ma un buon bicchier di porto... quello sì che ce lo concederemo...

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aforismi

09/10/10

"Noi non possiamo essere imparziali. Possiamo essere soltanto intellettualmente onesti: cioè renderci conto delle nostre passioni, tenerci in guardia contro di esse e mettere in guardia i nostri lettori contro i pericoli della nostra parzialità. L’imparzialità è un sogno, la probità è un dovere".

Gaetano Salvemini, Prefazione a Mussolini diplomatico, Éditions Contemporaines, Paris 1932; nuova edizione Laterza, Bari 1952

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"...la libertà una forma di disciplina,
assomiglia all'ingenuità la saggezza..."
Giovanni Lindo Ferretti, Depressione caspica.

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Di Sant'Ambrogio, del Lupo e di altre questioni sciocche...

No, sono due storie separate.

Nella tradizione italiana, quella della gente d'Appennino, che si dileggia a memoria sui versi di Dante e che canta Guccini, il Lupo è il cattivo. Bestia ferina, concreta, quotidiana, minacciosa, ma anche mitica, mistificata, temuta. Ho parlato spesso del lupo su queste e altre righe, animale che ricorre spesso assieme alle mie origini profondamente italiane, italiche, italiote.
Il lupo agisce in branco o in solitario, ma per il lupo non esiste dentro o fuori dal branco. O sei dentro, oppure sei una possibile vittima. Se ferito, il lupo si ritira sui boschi, solitario, per non dare la soddisfazione al carnefice di vederlo morire davanti agli occhi. Il lupo sa quand'è tempo di ritirarsi e, ancor di più, attacca solo se ha fame, ma ha ben presente quando è meglio starsene lontani e patire la fame. Ché la tradizione italiana dice "fidarsi è bene, non fidarsi è meglio".
Nella mitologia italiana, più famoso e diverso da tutto è il lupo di Gubbio, anche lui appenninico ma laggiù il Lambrusco non arriva. Solo l'amore di Dio ha saputo domarlo, e ci volle il più grande dei Santi per domare un lupo.
Oggi, abituati ad alieni e mostri, non facciamo neanche più caso alla paura del lupo. Lo deridiamo cantandolo, inneggiandolo, ironizzando su quanto possa fare paura oggi un lupo. Tutto ciò mi mette tristezza perché quella del lupo è una figura ancestrale, rinnovata nei secoli. Il lupo è la paura concreta, fisica, ringhiante che abbiamo di fianco e che all'improvviso salta fuori dal bosco, anche quando eri tranquillo nel cercar funghi dalle parti di Berceto o sù di là.
A differenza del serpente, il lupo non ha un veleno che infetta. Ci si può difendere, ma è possibile che nella notte la paura si concretizzi e ti porti via quello che i pastori hanno di più prezioso. La storia del lupo è storia da raccontare, da tenere viva, da tramandare ricordando che ognuno la può raccontare a modo suo: ognuno può essere o temere un lupo, ognuno può ritirarsi ferito oppure cacciarlo prima che gli porti via il suo gregge.
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Ambrogio da Treviri era uomo delle istituzioni, quando studiò, e tale rimase quando morì, nel mezzo un'incredibile storia che le apologie non potranno mai restituirci completamente. Ambrogio era uomo dell'Impero, Prefetto, uomo di Stato, di cultura, di intelligenza e di senso dei tempi che stava vivendo. Poi, successe. Sì, successe che venne acclamato Vescovo di Milano, lui che manco era battezzato. Successe e non dipendeva dalla sua volontà. Fu un Dio fatto popolo ad acclamarlo.
Ambrogio da Treviri si spogliò delle sue vecchie vesti da prefetto e divenne Vescovo perché viene un momento in cui, chiamati, non si può dir di no. La differenza è tra chi capisce che quella era la chiamata del Dio che è Amore e tra chi lo fa per opportunismo, convinto così di poter unire le "cadreghe": doppio palazzo, doppi benefici, doppio potere. Ambrogio si spogliò della vecchia vita, a costo di rinunciare a tutto: soldi, amici, famiglia. Chi non capì, lo prese per folle. La madre e la sorella gli rimasero vicino perché capirono che quella era la chiamata di Dio.
Poco importano gli errori di Ambrogio, lui lavorò per l'istituzione ecclesiastica ché allora era ancora comunità precaria e perseguitata. Lui capì ché bisognava fare il salto, istituzionalizzarsi, crearsi una stabilità che andasse al di là dei tempi. Chiamò Agostino e altri grandi intellettuali del tempo. Si batté a chiare lettere per la libertà di culto cristiano, perché si potesse dire quello che si pensava. Perse amici, quelli pagani. L'Ambrogio di Treviri divenne il Santo di Milano, padre e dottore della Chiesa, quella unica e unita di allora.
Credo che con Sant'Ambrogio abbia portato la Fede cristiana ad essere qualcosa di "adulto". Non voglio entrare in discussioni di storia della Teologia che di certo non mi compete, probabilmente la mia è solo apologia di un Santo a me caro. Ma come d'altronde insegna lo stesso Sant'Ambrogio, i Santi sono importanti perché sono esempi concreti di come deve essere condotta la Vita Cristiana, la vita nell'Amore di Dio. Dice Gesù: “Da come vi amerete, mi riconosceranno, riconosceranno che siete miei discepoli”. Ecco, in quel "come" c'è tutto il senso dell'esperienza cristiana, che è un concreto atto di Amore. Atto difficile, faticoso, faticosissimo e di cui, certamente, chi scrive non può dirsi un buon testimone.

Lo fece Ambrogio, accettando la chiamata del popolo milanese, spogliandosi di ciò che era prima, senza mezzi termini o ambiguità e accettando di vivere fino in fondo combattendo per quello che sentiva come l'Amore di Dio. Rinnegò i vecchi amici dell'opportunità in favore della nuova, riconosciuta come vera.
Lo fece Francesco, ché del Lupo fu domatore, di spogliarsi delle vesti che lo legavano alla vita agiata dei mercanti, agli ori, ai lussi dell'Assisi di quel tempo. Quel piccolo povero lupo ché si lasciò domare riconoscendovi l'Amore di Dio, quello concreto dell'abbraccio del Santo povero che in Dio trovava la forza di affrontare il lupo.

Chiudo questo lungo post con una delle storie che da sempre più mi affascina e trovo incredibilmente potenti. I Discepoli di Emmaus non riconobbero il Cristo risorto quando lo incontrarono lungo la strada. Non capirono ché era lì con loro a benedire il pane, non riconobbero il Dio-Maestro benché avessero lì la testimonianza più concreta e tangibile. Camminare, senza riconoscere chi si ha di fianco, chi è lì per amarti al punto di donare la propria vita per la tua salvezza, chi ti è di fianco nei gesti più concreti e semplici come lo spezzare del pane.
Provo spesso a immaginare la loro condizione quando, dopo un momento, capirono. Capirono cosa avevano fatto, chi avevano incontrato, chi si erano lasciati scappare eppure scelsero poi di seguirlo anche se Lui non era più lì con loro, spogliandosi di tutti i loro dubbi e Credendo.

Tutte queste storie vi sono raccontate perché crediate, ché se c'è l'Amore è quello di Dio e che se c'è il Perdono è solo perché Cristo l'ha insegnato agli uomini. Queste storie non sono raccontate perché vere e documentate, ma perché sono insegnamenti da cui apprendere, da cui apprendere a credere in Dio rinunciando a certe esitazioni ed evanescenze dell'età giovanile ché non significa non avere più domande né dubbi (anzi), sono insegnamenti ché Io stesso ho bisogno di ripetermi perché, innegabilmente, sono un pessimo Cristiano: Io che con questa Chiesa faccio fatica ad andare d'accordo, io ché nei gesti non sarei mai riconosciuto suo discepolo, io ché semplicemente ho scelto di credere perché, altrimenti, non sarebbero possibili l'Amore e ciò che ne consegue, come la Fiducia nell'Uomo, il Perdono. Quel Perdono ché non è cosa umana, ma affar Divino.

Chiudo con una citazione ché mi interroga grandemente ed a cui trovo una sola risposta, intuibile da quanto scritto finora, ma che in fondo si ricollega alla storia del Lupo: "Come può la debolezza promettere di non essere più debole?" (S. Ambrogio).

PS
Non ho riletto, ovviamente.

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07/09/10

In internet, mi sono appena imbattuto in questa pagina: buoni consigli di navigazione.

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