perché sono deluso da Milano

03/03/10

A Milano c'è poca voglia di mettersi in discussione, di scoprire il nuovo, di non dare le cose per scontate. Viviamo in difesa: del lavoro, degli affetti, delle amicizie e dei contatti. Peggio, talvolta le riteniamo dovute, scontate, necessarie. Diceva bene il Cardinal Martini che bisogna ritrovare lo spazio della preghiera che è riflessione su di noi, su chi ci sta intorno, sulla città e il mondo che ci circondano. Aprirsi al nuovo con umiltà e serenità, gusto per la sfida che non è guerra violenta, ma sfida nel senso di qualcosa di difficile, impegnativo, ma senza rischi mortali.
A Londra vivevo in un ambiente in cui questa cosa era più ordinaria. Le persone non erano migliori di quelle che trovo a Milano, solo più aperte a sfidare loro stesse. Non in una guerra di sopravvivenza, ma in un'affascinata scoperta del mondo che ci circonda. Difficile scoprire Milano, la gente è chiusa e spesso troppo indaffarata per qualunque cosa. Peggio, ci pensiamo indaffarati noi, per cui non ci apriamo, e gli altri che non ci chiamano neanche più perché ci pensano troppo impegnati.
A Milano ho sempre pensato di vivere a tempo indeterminato. E' la mia città, la porto nell'anima. Non posso e non potrò mai compararla alle altre città, perché è in me, nel bene e nel male. Da anni, da quando per la prima volta scoprii il viaggiare da solo cercando la quotidianeità dell'altrove che ho maturato un amore-odio per Milano. Mi piacerebbe risvegliare il buon cuore dei milanesi, quello che portò l'Expò ai Giardini di Porta Venezia, aperto all'Europa pur nella consapevolezza della fatica del lavoro. La Milano che fondò il Politecnico e poi la Bocconi; la Milano delle prime Coppe Campioni. Milan l'è minga più un gran' Milan!

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