Bruxellando ovvero storie di una città nata dove una città non andava fatta.

27/10/24

Titolo ironico naturalmente, ma è vero che Bruxelles è stata costruita là dove una città non andava costruita. Sappiamo che gli antichi romani fondarono praticamente tutte le attuali città d’Europa, almeno quelle importanti, con pochissime eccezioni (tipo Madrid che infatti fu costruita dove faceva troppo caldo o quelle già costruite dai greci e altri prima di loro).

 

Dicevamo, Bruxelles non andava costruita li. I Romani costruirono quelle che oggi sono Halle e Vilvoorde, cioè due accampamenti a monte e a valle della Zenne. Bruxelles, se esisteva, era un villaggetto di campagna di poche persone, per lo più contadini gallici, che vivevano birra e vivevano vicino all’isoletta i Saint Gery che permette di passare facilmente da un lato all’altro della Zenne, che però già allora era un fiume paludoso, malsano e praticamente non navigabile.

 

Il nome Bruxelles viene scritto per la prima volta nel X secolo, molto tardi e quando l’impero romano era un mito passato ravvivato da certi franchi di passaggio. Bruxelles manco c’era e se c’era non si preoccupava certo della storia.

Come d’abitudine nel medioevo, esistevi se avevi una parrocchia o almeno una chiesetta. Bisogna dire, insegna il buon Barbero, che le chiese dell’epoca erano molto diverse da quello che vediamo oggi. I preti erano gli unici che sapevano leggere e scrivere, che avevano ricevuto una qualche educazione e di fatto amministravano le loro parrocchie. I vescovi medievali erano una sorta di sindaco che amministrava la città, eletti dalla gente con la ratifica del Papa che certamente non poteva stare a seguire tutte le nomine in giro per l’Europa, al massimo i più importanti ma poi era un ruolo importante perché le uniche leggi erano consolidate nella religione ché le amministrazioni, per farsi rispettare, avevano bisogno di Dio. Avvocati, magistrati e giuristi non c’erano (le guardie quelle sì, ma pochine che costavano molto più dei preti).

 

Bruxelles non esisteva per molti secoli. Ci sono tre probabili parrocchie all’inizio di Bruxelles, ma non ho trovato due storici che siano d’accordo su quale delle tre fosse la prima. Forse una parrocchia dove oggi c’è la cattedrale dei Santi Michele e Gudula che spiegherebbe perché mettere la cattedrale lì, in un punto tanto scomodo (che poi tanto la diocesi sta a Mechelen, ma questa storia verrà dopo). Forse San Nicola che da queste parti è il protettore dei commercianti e non a caso si trova dietro l’attuale borsa dove una volta c’era l’attracco del porto (oggi boulevard Anspach). Forse St. Gery dove però la chiesa è stata sostituita da un monastero che occuperà tutto l’isolotto, monastero ovviamente oggi distrutto e di cui resta solo la chiesa detta Riches Claires.

 

Dicevo che Bruxelles non andava costruita li. Se era facile seguire il corso della Zenne (oggi, il Boulevard Anspach) era troppo complicato il percorso trasversale: provate ad andare dalla Grand Place al palazzo reale, la salita rampa! Provate a farla in bici, provate a farla trainando un carretto spingendo il mulo su strade sterrate quando piove. Oltretutto, il terreno è friabile e per costruire la cattedrale si è dovuti andare più in là. Ancora oggi il Palazzo Reale è basso perché la collina tende a franare.

 

Bruxelles era indifendibile militarmente perché appunto non ci potevi costruire un castello in cima a quella collina. Il momento esemplare arriva nel XVII secolo quando l’esercito francese di Luigi XIV mandato a bombardare Ghent decide di prendere Bruxelles perché più prestigiosa. Si mettono sulle colline di quella che oggi è Berchem e iniziano a bombardare coi cannoni. Distruggono tutto, tutto. Nessun edificio precedente a quell’anno rimane in piedi, alcune chiese verranno ricostruite ma erano già state distrutte dalle guerre fra cattolici e protestanti (tutte tranne Notre Dame du Sablon perché era la Chiesa dei balestrieri, la guardia cittadina… sai com’è). Tutto distrutto.

 

Viene spontaneo chiedersi: ma perché Bruxelles non si è difesa? Premesso che alla fine Bruxelles resiste e vince, il forte di Bruxelles era costruito circa dove oggi c’è la gare du Midi, cioè in fondo alla valle. Non c’è bisogno di aver visto Star Wars per capire che se io sono in cima alla collina e tu sotto la collina, io ti bombardo più facilmente e i tuoi cannoni fanno fatica a arrivare qui sopra. Siamo alle basi della balistica, dai…

 

Bruxelles indifendibile, friabile nelle sue colline e facilmente allagabile. Tutti i nomi che finiscono per -beek indicano infatti dei fiumi o, meglio, dei torrenti. Piena d’acqua questa città e però acqua paludosa che non scorre bene, erode le colline lasciandole friabili in un mix che piace tanto ai geologi, ma fa impazzire gli ingegneri. Si fa la birra ché così c’è qualcosa da bere, l’alcol uccide i batteri e più la gradazione è alta, più ne uccide.

 

La birra, ovvero pane fermentato dice un mio amico. Il pane, la Broodhuys che in antico leuvener significa la casa del pane. È quel palazzo che trovate davanti alla Grand’ Place, molto bello. C’è il museo della città. È il segreto del successo della città. Nel XIII secolo, il Duca del Brabante lo fa costruire e dice che tutto il pane della città può, deve essere venduto solo lì, sotto il suo controllo. Il Duca si arricchisce, ma la cosa funziona talmente bene che sposta la capitale da Lovanium a Bruxelles. Funziona!

 

Qui c’è il pane, la piazza del mercato, si trova un punto dove costruire una cattedrale e un palazzo che poi sarà imperiale.

 

Ecco, per oggi mi fermo qui, fra frammenti incompleti di una storia raccontata fra il serio e il faceto. Qui dove una città non andava costruita; qui dove vivo da ormai ben più di dieci anni. Ah, dimenticavo: sapete cosa vuol dire Bruxelles? Nessuno lo sa con precisione, ma è qualcosa tipo “la chiesa nella palude”, “la casa nella palude”, “l’oratorio nella palude”, beh… avete capito. Chi mai costruirebbe una città in una palude? Ci siamo.

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alla Cambre

26/10/24

 #Bruxellando ovvero storie meravigliose di una città troppo poco amata.


Un inizio un po’ polemico per raccontare di un luogo meraviglioso di Bruxelles: l’Abbazia della Cambre. Per chi avrà la pazienza di leggermi tutto.

Iniziamo fra storia e leggenda. Anno di grazia 966, il vescovo di Lovanium (odierna Leuven) muore mentre sta tornando a casa. Una lettera viene mandata dicendo che è morto vicino a Brōksāli, l’odierna Bruxelles il cui nome viene scritto per la prima volta. Non si sa dove sia morto né di cosa. Secondo alcuni mori di malattia o vecchiaia, più probabilmente morì ammazzato perché’ allora la regione era ‘divisa’ (che eufemismo) fra i latini imperiali che vivevano nelle città, erano cristiani e bevevano vino, mentre le campagne (i pagi) erano abitati dai pagani (cioè, non cristiani), discendenti dei galli sottomessi e bevevano birra. Era l’elemento costitutivo la cui ricetta doveva restare nascosta ai latini, era la pozione magica che secoli dopo ispirò Asterix, Obelix e Panoramix. Ma qui appunto mischiamo storia e leggenda.

Non sappiamo dove questo vescovo sia morto, ma vicino a dove oggi c’è la Cambre sappiamo che passava la strada per Leuven. Sappiamo che era la zona secca per far passare le strade prima che il Maelbeek venisse alla luce e scorresse fino alla Zenne. Si pensa che li ci fosse una stazione di posta che sfruttasse quelle acque e accogliesse i viandanti trattandoli, si spera, meglio di quel povero Vescovo. Vai tu a scoprire cosa sia successo oltre mille anni fa, però se così fosse alla Cambre inizia la storia di Bruxelles o meglio Bruxelles inizia a essere considerata tale.

Poi, due secoli di silenzio. Alla Cambre intendo, ma non un silenzio di rispetto, semplicemente un posto di cui non sappiamo niente. Sappiamo invece che verso il XIII secolo sorge un luogo di culto e preghiera, non credo per commemorare il vescovo, ma perché è dove l’acqua sorge dalla terra e scorre regalando la vita. Un primo luogo di culto fuori dalla città, nella quiete della foresta, nell’incavo di una piccola vallata. Con la strada per Lovanium che passa appena sopra. Dubito ci fosse molto traffico.

Il XIII secolo è una sorta di età dell’oro per l’inizio dell’abbazia odierna. Sant’Alice da Schaerbeek, una mistica sin da bambina che diventerà badessa; San Bonifacio da Ixelles che diventerà vescovo di Losanna, unico capace di far convivere nella Fede ricchi e poveri, finché i ricchi non si stuferanno dei suoi digiuni e di dover condividere il cibo coi poveri e lo rimanderanno a Bruxelles, alla Cambre. Due santi, tanta roba per una città che fino a un paio di secoli prima manco esisteva.

È il periodo in cui il Duca del Brabante sposta la capitale da Leuven a Bruxelles; la Cambre diventa il luogo più sacro fuori dalla città. L’acqua del Maelbeek viene usata per fare la birra che l’alcol uccide i batteri e l’impero latino non c’è più, almeno non qui. Ma la Cambre non è un luogo qualunque. Quando nel ‘500 Carlo V imperatore fa erigere la chiesa attuale (più o meno), la Cambre è la più importante abbazia di beghine, un concetto molto belga, altresì detta una vera paraculata. Le beghine erano le mogli dei ricchi che partivano in guerra. Quelli, se fossero tornati, avrebbero ritrovato matrimonio e ricchezza, se non tornavano (come spesso accadeva) le beghine amministravano le loro ricchezze via l’abbazia. Essendo un luogo sacro, ovviamente, nessuno poteva contestare le beghine le quali, libere dai voti di castità, preghiera e soprattutto povertà, amministravano un patrimonio sempre più consistente.

Parentesi. Il nome “Ixelles”, o meglio “Elsene” viene da un qualche antico dialetto Leuvener in e significa Ontano, l’albero. Perché Ixelles era la foresta di ontani dell’abbazia. Era tutta terra delle beghine, fin’oltre il Bois de la Cambre che circonda la parte sud-orientale di Bruxelles. Cercate sulla cartina quanto era grande quel terreno.

Torniamo alla Cambre che vive in simbiosi con Villers la Ville, la più grande abbazia del Nord Europa (ma non di beghine). La Cambre prospera perché i due santi sono sempre due santi, ma intanto ci sono tutte le famiglie più ricche del Brabante che in un modo o nell’altro hanno qualcuno dentro alla Cambre, che non è un convento di suore, ma di beghine. Mogli o vedove, comunque ricche e protette. In qualche modo attraversano le guerre fra cattolici e protestanti, sono ben immanicate ‘ste beghine il cui nome in italiano suona sempre strano. L’abbazia cresce, si espande e gli stili architettonici si mischiano.

L’incubo arriva con Napoleone. Distrugge tutto: la Cambre, Villers la Ville, le chiese. Tutto. L’enorme complesso cade in rovina. Tutto perso, distrutto. Si salva quel che non si può portar via. Una fabbrica, un deposito, un qualcosa fuori città.

Poi, la monarchia belga arriva. La Cambre inizia a risorgere per la sua storia. Leopoldo II ci fa un’autostrada per arrivarci più facilmente. La dedica a sua figlia. Sua figlia scappa in Austria, l’autostrada resta. 1920 e i parrocchiani di San Filippo Neri si organizzano: ricomprano la Chiesa. Torna la parrocchia, la messa. Si recuperano i resti dei SS. Alice e Bonifacio che Napoleone aveva dissacrato. Reliquie, restauro, l’Istituto Geografico Nazionale.

Oggi? Un luogo da visitare di storia, un parco da godersi, una calma che manco pare di stare in città con la strada che passa subito sopra. Storia, leggenda. Tutto d’un fiato, in silenzio. Che la Cambre vi accoglie ma resta un luogo sacro.

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12 agosto

21/08/24

Visitammo S. Anna di Stazzema qualche anno fa. 

Un bellissimo borgo abbarbicato su appennino toscano. Sarebbe da visitare solo per la bellezza del paesaggio. La storia, tremenda, parla di orrore della guerra, di un villaggio ucciso, sterminato. Tutti morti. 
In un giorno. 
Uomini donne vecchi e bambini. Sulla piazzetta, la chiesetta. A colpi di mitragliatrice. Civili. Una ritorsione inutile. Pura violenza, puro orrore. Ricordarlo, dire mai, più non è solo giusto per la memoria, ma un auspicio per il futuro, il nostro futuro. 
Un frammento di questa calda estate che da quel borgo guardi avanti.

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25 aprile 2024

25/04/24

Scegliere di festeggiare il 25 aprile significa scegliere di festeggiare la libertà di scegliere. Perché prima c'era il fascismo e non si poteva scegliere. Invece l'Italia ha scelto la democrazia, la libertà di poter scegliere fra DC e PCI, fra socialisti e liberali oppure, oggi, fra Meloni o Salvini, Tajani o Calenda, Schlein o Conte. Col fascismo, non ci sarebbe stata scelta. L'unica cosa che si sarebbe potuto fare era festeggiare il fascismo. Invece oggi si può scegliere.


Io credo sia una bella cosa poter scegliere. Per questo festeggio. In fondo sono contento che anche gli altri possano scegliere se festeggiare o no. Certo, preferirei tutti festeggiassero, ma la libertà, la democrazia significa accettare anche chi la pensa diversamente, altrimenti saremmo nel fascismo. Scrivo tutto questo oggi perché fra poco saremo chiamati a scegliere con le elezioni che comunque mi sembrano una bella cosa anche loro. 


Buon 25 aprile.

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La Pasqua ovvero "Non abbiate paura"

28/03/24

La Pasqua la capisci quando sei adulto, anche perché é legata alla morte, il Natale alla nascita, ai regali per i bimbi e alla vita che nasce nel buio dell'inverno. Per me la Pasqua si capisce con le Parole di Giovanni Paolo II che dice "Non abbiate paura". Perché, bisogna dirlo, anche da adulti si ha paura e talvolta anche tanta. Forse da bimbi i regali ce lo fanno dimenticare, ma alla Pasqua degli adulti c'é dietro tanta paura e una voce che dice "Non abbiate paura". 

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