alla Cambre
26/10/24
#Bruxellando ovvero storie meravigliose di una città troppo poco amata.
Un inizio un po’ polemico per raccontare di un luogo meraviglioso di Bruxelles: l’Abbazia della Cambre. Per chi avrà la pazienza di leggermi tutto.
Iniziamo fra storia e leggenda. Anno di grazia 966, il vescovo di Lovanium (odierna Leuven) muore mentre sta tornando a casa. Una lettera viene mandata dicendo che è morto vicino a Brōksāli, l’odierna Bruxelles il cui nome viene scritto per la prima volta. Non si sa dove sia morto né di cosa. Secondo alcuni mori di malattia o vecchiaia, più probabilmente morì ammazzato perché’ allora la regione era ‘divisa’ (che eufemismo) fra i latini imperiali che vivevano nelle città, erano cristiani e bevevano vino, mentre le campagne (i pagi) erano abitati dai pagani (cioè, non cristiani), discendenti dei galli sottomessi e bevevano birra. Era l’elemento costitutivo la cui ricetta doveva restare nascosta ai latini, era la pozione magica che secoli dopo ispirò Asterix, Obelix e Panoramix. Ma qui appunto mischiamo storia e leggenda.
Non sappiamo dove questo vescovo sia morto, ma vicino a dove oggi c’è la Cambre sappiamo che passava la strada per Leuven. Sappiamo che era la zona secca per far passare le strade prima che il Maelbeek venisse alla luce e scorresse fino alla Zenne. Si pensa che li ci fosse una stazione di posta che sfruttasse quelle acque e accogliesse i viandanti trattandoli, si spera, meglio di quel povero Vescovo. Vai tu a scoprire cosa sia successo oltre mille anni fa, però se così fosse alla Cambre inizia la storia di Bruxelles o meglio Bruxelles inizia a essere considerata tale.
Poi, due secoli di silenzio. Alla Cambre intendo, ma non un silenzio di rispetto, semplicemente un posto di cui non sappiamo niente. Sappiamo invece che verso il XIII secolo sorge un luogo di culto e preghiera, non credo per commemorare il vescovo, ma perché è dove l’acqua sorge dalla terra e scorre regalando la vita. Un primo luogo di culto fuori dalla città, nella quiete della foresta, nell’incavo di una piccola vallata. Con la strada per Lovanium che passa appena sopra. Dubito ci fosse molto traffico.
Il XIII secolo è una sorta di età dell’oro per l’inizio dell’abbazia odierna. Sant’Alice da Schaerbeek, una mistica sin da bambina che diventerà badessa; San Bonifacio da Ixelles che diventerà vescovo di Losanna, unico capace di far convivere nella Fede ricchi e poveri, finché i ricchi non si stuferanno dei suoi digiuni e di dover condividere il cibo coi poveri e lo rimanderanno a Bruxelles, alla Cambre. Due santi, tanta roba per una città che fino a un paio di secoli prima manco esisteva.
È il periodo in cui il Duca del Brabante sposta la capitale da Leuven a Bruxelles; la Cambre diventa il luogo più sacro fuori dalla città. L’acqua del Maelbeek viene usata per fare la birra che l’alcol uccide i batteri e l’impero latino non c’è più, almeno non qui. Ma la Cambre non è un luogo qualunque. Quando nel ‘500 Carlo V imperatore fa erigere la chiesa attuale (più o meno), la Cambre è la più importante abbazia di beghine, un concetto molto belga, altresì detta una vera paraculata. Le beghine erano le mogli dei ricchi che partivano in guerra. Quelli, se fossero tornati, avrebbero ritrovato matrimonio e ricchezza, se non tornavano (come spesso accadeva) le beghine amministravano le loro ricchezze via l’abbazia. Essendo un luogo sacro, ovviamente, nessuno poteva contestare le beghine le quali, libere dai voti di castità, preghiera e soprattutto povertà, amministravano un patrimonio sempre più consistente.
Parentesi. Il nome “Ixelles”, o meglio “Elsene” viene da un qualche antico dialetto Leuvener in e significa Ontano, l’albero. Perché Ixelles era la foresta di ontani dell’abbazia. Era tutta terra delle beghine, fin’oltre il Bois de la Cambre che circonda la parte sud-orientale di Bruxelles. Cercate sulla cartina quanto era grande quel terreno.
Torniamo alla Cambre che vive in simbiosi con Villers la Ville, la più grande abbazia del Nord Europa (ma non di beghine). La Cambre prospera perché i due santi sono sempre due santi, ma intanto ci sono tutte le famiglie più ricche del Brabante che in un modo o nell’altro hanno qualcuno dentro alla Cambre, che non è un convento di suore, ma di beghine. Mogli o vedove, comunque ricche e protette. In qualche modo attraversano le guerre fra cattolici e protestanti, sono ben immanicate ‘ste beghine il cui nome in italiano suona sempre strano. L’abbazia cresce, si espande e gli stili architettonici si mischiano.
L’incubo arriva con Napoleone. Distrugge tutto: la Cambre, Villers la Ville, le chiese. Tutto. L’enorme complesso cade in rovina. Tutto perso, distrutto. Si salva quel che non si può portar via. Una fabbrica, un deposito, un qualcosa fuori città.
Poi, la monarchia belga arriva. La Cambre inizia a risorgere per la sua storia. Leopoldo II ci fa un’autostrada per arrivarci più facilmente. La dedica a sua figlia. Sua figlia scappa in Austria, l’autostrada resta. 1920 e i parrocchiani di San Filippo Neri si organizzano: ricomprano la Chiesa. Torna la parrocchia, la messa. Si recuperano i resti dei SS. Alice e Bonifacio che Napoleone aveva dissacrato. Reliquie, restauro, l’Istituto Geografico Nazionale.
Oggi? Un luogo da visitare di storia, un parco da godersi, una calma che manco pare di stare in città con la strada che passa subito sopra. Storia, leggenda. Tutto d’un fiato, in silenzio. Che la Cambre vi accoglie ma resta un luogo sacro.
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