Oggi è uno di quei giorni in cui ti senti un po' vuoto: hai fatto poche cose che ti segnano la giornata, pochi sorrisi. Ordinaria routine, se non fosse che è stato il primo giorno di rientro nel vecchio ufficio. Il Dipartimento s'è spostato, siamo rimasti solo Noi del gruppo di ricerca: terremotati in una scatola di cemento, infissi e amianto. Tutto abbandonato, tranne Noi superstiti, derelitti in uffici vuoti, qualche scatolone e tanti calcinacci per terra.
La vita continua, ma oggi avevo un triste sentore... quello di chi non ritrova l'entusiasmo della nuova vita che comincia, del nuovo progetto su cui metti le mani. Certamente, il mio capo inizia a darmi le cose da fare e, in quello, non ho troppo da lamentarmi: niente di noioso, né di burocratico. Piano piano si riparte, com'è giusto che sia (anzi, pensandoci bene direi che il rientro va bene sotto quel punto di vista).
Eppure...
eppure mi ritrovo in un paese che non è più democratico perché i cittadini non possono più sapere cosa fanno i loro governanti, in un'università dove il gioco è tagliare i progetti cercando di far quadrare un bilancio che è sempre più un colabrodo, una città schiava di inquinamento, razzismo e assenza di futuro.
Ho tanta rabbia dentro, rabbia che fatica a trovare un progetto costruttivo fattibile. E dire che vedo lì l'alternativa, possibile, concreta, facile da individuare eppure così lontana. Mi piacerebbe veramente impegnarmi in politica attivamente, ma vedo il mio partito di riferimento assuefatto in un processo di masturbazione collettiva chiamato "congresso", il tutto per eleggere un segretario già scelto. Il Prescelto di questo rituale dove contano al più i numeri, ma il risultato è noto, bene il Prescelto va a braccetto con la fazione nemica, condannanosi a priori a perdere: ma ci vedete Bersani premier? suvvia! Uno che vuole il nucleare, non parla mai di sostenibilità e va a braccetto con CL può forse rappresentare l'Italia che vorrei???
Ma di tutto quello che mi lascia così, sono le persone quello che mi infastidisce. A Milano sembriamo tutti sempre troppo impegnati. Troppo impegnati per una chiacchierata con calma tra amici, abitiamo troppo lontani per prenderci un whiskey assieme e la birra costa troppo per accompagnarci fuori tutte le sere. La rabbia di non fermarsi per chiedersi come si sta, il fastidio per rinchiudersi nelle proprie case a guardare la TV perché, in fondo, uscire a Milano "è troppo uno sbatta" -ascolto gli U2- La fatica di mandare un SMS in più. Ammetto di sentirmi un po' disperso in questa nuova-vecchia realtà.
Apprezzo il mio compagno di dottorato, una sorta di fratello maggiore di quest'esperienza, che ha il merito di saper rompere quest'atmosfera. Eppur appare raro, lui nel suo sangue sardo-piemontese.
Non ho un filo con cui tessere un ragionamento stasera, è più qualcosa nell'aria, qualcosa di indefinibile che non riesco ancora a convogliare in una reazione costruttiva. Vorrei veramente giocare una partita per il futuro, per l'amore per la terra che mi ha dato la vita e che, oggi, vedo miseramente ridotta a iconografia auto-idolatrante di un mito che non c'è più. Se c'era un mito italiano, non è certo quello che noi oggi idolatriamo.
Esisteva una Milano che lavorava, che scopriva la Lambretta come status simbol di divertimento, ma innanzitutto serviva per andare al lavoro. Esisteva la Milano da bere, dell'aperitivo col Martini perché si iniziavano a godere i soldi fatti col lavoro. Oggi, esiste una Milano che sogna di farsi una velina, mentre intanto predica una morale ciellina e vota un primo ministro che fa le orgette: ma che razza di Milano è questa?! Gli intellettuali che dovrebbero denunciare tutto questo vengono relegati a macchiette caricaturali di loro stessi, mentre la politica gioca il ruolo di comprimario per dare una parvenza di democrazia. Ma la destra italiana non è manco più quella di De Gasperi o l'autoritaria di Cossiga, la destra italiana assomiglia alla Russia di Putin o all'ultimo Pinochet: tutto è concesso, tanto i media non informano di ciò che gli eletti non vogliono far sapere. Mentre la gente perde il lavoro: Malpensa non ha riaperto, le scuole hanno meno insegnanti e in università non si sa chi ci sarà. Ma CL si spartisce i fondi della sanità, gli finiscano come i Filistei. Quale entusiasmo può trasmettere questa città? Chiedetevi quanti e quali stranieri vengono oggi in questa città. Perché ci vengono, se era la loro prima scelta e perché ci rimangono: la città o qualcos'altro? Chiedeteglielo, e se non li trovate chiedetevi perché.
Milano non è la Verità. Milano non è la Verità.
Milano non è la Verità.
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