e poi, a un certo punto...
06/06/11
A un cerot punto si deve dire: mah, proviamoci!
Più dubbi che certezze in questo tempo che continua a essere un tempo di mezzo, vivendo in pieno il senso di una generazione precaria. Precaria nel lavoro al di là di impegni per stabilizzare e sviluppare personalità, sentimenti, idee, identità. Precarietà precaria di luoghi e investimenti che, chissà, un giorno dovranno pur portare a qualcosa, quantomeno a una destinazione ché pare che la nostra generazione sia stata sacrificata.
E nessuna primavera pare arrivare per i giovani europei dove gli indignados spagnoli sono isolati, i greci si arrabattano senza umiltà e gli italiani appena appena muovono qualche passo. Al nord, dicono, si stia meglio, ma la gente non pare esser granché ottimista. Forse la Turchia o, più in là, la mastodontica India o l'allegro e contraddittorio Brasile. Una geografia che riscrive le opportunità mentre qui, in una piccola stanza poco lontano dal centro del mondo, si decide che val la pena provarci, tanto ormai...
A differenza di altre, la mia generazione non ha perso. La mia generazione è stata sacrificata preventivamente. E questo è quel punto in cui la loro miopia non arrivava. Al fine, saremo classe dirigente temprata, ma solo alla fine. Se ci arriveremo.
4 commenti:
La nostra generazione assomiglia di più a quella dei nostri nonni. Considerati poco più che servi della gleba da sfruttare, senza la prospettiva da qui a qualche anno ma con la sola esigenza di sopravvivere giorno per giorno. La differenza rispetto ai nostri nonni è che abbiamo studiato e abbiamo visto il benessere, loro alla nostra età erano ignoranti (spesso analfabeti) e non conoscevano il benessere, però sognavano qualcosa di meglio.
Loro si rimboccarono le maniche e qualcosa di buono lo fecero, in fondo se noi abbiamo studiato in parte è grazie al sistema pubblico che loro costruirono, soprattutto per chi viene da fuori dalla grande città, soprattutto per chi ha avuto bisogno di una borsa di studio per farcela.
Sbagliarono in una cosa, dettero tutto quel che volevano ai loro figli dandogli l'impressione che tutto gli fosse dovuto e che non ci sarebbero stati limiti al loro benessere. Sapevano che era falso, ma glielo lasciarono pensare comunque.
Il risultato è che quando i nostri nonni lasciarono il potere ai più giovani (alias i nostri genitori) questi ultimi si mangiarono la pensione dei nonni e il futuro dei figli nell'ipotesi del 'ma tanto andrà sempre meglio' o del 'io me ne fotto'. E tutt'ora governano, hanno il potere in mano, e continueranno ad averlo per anni. Quando toccherà alla nostra generazione il turno della gestione, noi saremo temprati ma vecchi.
A quel punto, non avremo più l'originalità e le capacità di rinnovamento dei giovani. Per questo, mi auguro che avremo di fare un passo indietro dicendo 'il nostro turno di governo ce l'han mangiato i nostri genitori, noi ci facciamo indietro per non uccidere il vostro'. E spero che ci accontenteremo di spiegargli quel che abbiamo passato, dare qualche consiglio, e lasciare che siano loro a cambiare il loro futuro ma in maniera consapevole, avendo ben chiari i limiti che i nostri genitori hanno scavalcato e avendo ben chiara la volontà di non scavalcarli ancora.
Caro Marco
la tua analisi è tristemente vera e dannatamente condivisibile.
Brecht, citando Valentine, diceva che "il futuro non è più quello di una volta". Effettivamente, dopo 400 anni (!!!) noi siamo la prima generazione che molto probabilmente starà peggio di quella che l'ha preceduta.
Mi chiedo se un riscatto sarà mai possibile e, se sì, come...
la più grossa responsabilità della situazione ce l'ha, a mio parere, il monocolore dc che ha governato per 50 anni. in un periodo di boom economico non si è iniettata sufficiente energia vitale nel sistema, anzi se ne è anestetizzata una grande parte a suon di prebende e lottizzazioni.
ora siamo una Nazione morta, governata ancora dalla generazione del secondo dopoguerra, oltretutto terra di conquista straniera anche grazie al nostro scarso spirito identitario e alla diffusa illegalità.
anche io fatico a vedere prospettive decenti..!
Non ridurrei le colpe alla sola DC, credo sia una question generazionale più ampia dove, per esempio, anche i sindacati come la CGIL hanno colpe gravi.
Insomma, non darei la colpa a un partito, ma a una generazione.
Non credo che l'identità nazionale sia una gran risposta perché dipende dai contenuti: guarda l'Ungheria dove il nazionalismo è forte e vedrai che non li aiuta affatto, anzi!
Credo, piuttosto, un maggior senso delle istituzioni, intese come tessuto comune da preservare a prescindere dalle divisioni partigiane e dalle appartenenze.
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