Tant'è, curriculum accademico tra discipline confuse

22/02/08

Martedì mi è capitato di discutere il mio primo esame di dottorato, econometria, col mio amico-socio-compare-collega-connivente Gabo (senza il quale credo che non avrei mai manco iniziato la discussione. L'Econometria è, per chi non lo sapesse, la statistica applicata all'economia. Non so come sia andato, ma poco m'interessa.
Durante la discussione, ripensavo ai miei precedenti esami: Scienze Politiche e Sociologia, i più, ma poi Urbanistica, quelli di base, e non dimentico alcuni dei miei più importanti esami che erano Diritto (pubblico, amministrativo, urbanistico, ...) e Scienze della PA, quelli sì furono esami che mi lasciarono moltissimo.
Ripenso alla tesi ASP che feci: Design strategico, già... dovetti difendere un progetto di design strategico, parlarne come se dela materia fossi competente: senza le mie ragazze di allora, non sarei andato oltre il titolo.
Ripenso al liceo, dove i miei cavalli di battaglia erano Italiano e Filosofia.

Ci ripenso perché ogni tanto ci vorrebbe un solco disciplinare, c'è la necessità di avere un percorso fondato dove le teorie e le metodologie si evolvono in un percorso cumulativo che assomigli non ad una retta, ma ad una spirale che sa ripassare allargando temi già trattati. Oggi c'è il mito della multidisciplinarietà, che però spesso dimentica di approfondire le diverse discipline, si vuole rifiutare le barriere disciplinari che, effettivamente, hanno bloccato a lungo i saperi, ma il risultato rischia di essere l'esagerazione opposta.
Scrivo tutto questo come pro memoria per me stesso, convinto come sono della necessità di una ri-definizione delle discipline (come già sostiene Morin), ma non rinnegherò la multidisciplinarietà degli anni passati. Semplicemente cerco quello che mi manca.

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