come la mia gente partecipa alla storia
27/10/10
La gente a cui appartengo non è sui libri di storia. Mai lo sarà, resteremo anonimi nel solco dells toria che avremo guardato.
Eppure, un tempo la mia gente poteva pensare di partecipare alla scrittura di questo libro, attraverso un partito con dei sogni, attraverso un viaggio fatto con camicie rosso-passione. E poi venne Seattle, l'intuizione geniale di capire che il mondo è collegato e che l'ingiustizia non era scomparsa, è solo stata spostata dove noi non la si possa vedere. Eppure, sulla gente di Seattle si saldarono movimenti violenti, fomentati da un'autoritarismo globale che non voleva correre il rischio di avere contestatori della loro scala. Genova come versione Europea e de profundis di un movimento che a Porto Alegre aveva avuto il suo apice costruttivo.
Oggi, la mia gente non può aspirare a diventare ministro: semmai avessi un ruolo politico, io mai sarei un leader, al più un fugace passaggio istituzionale da qualche parte, nulla che sia storia. Oggi, la mia gente può al più fare storia scendendo in piazza in Grecia o a Paris, ma la storia sta dalla parte di Sarkozy che taglia a tutti, tranne che a lui, sta dalla parte di Cameron che ora comanda ma non è che abbia vinto le elezioni, anzi è lì solo per l'alleanza altrui.
E quindi la mia gente oggi passa attraverso un sindacato in piazza come la FIOM, su cui ci sarebbe molto da dire. La mia gente passa come quella che non vuole tagliare le pensioni in un momento di crisi.
Eppure, la mia gente sa che non è colpa nostra questa crisi, sa che abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità, ma sa che la colpa non è nostra. La colpa è di altra gente, quella della finanza, delle grandi multinazionali. La colpa è di banche che rimettono sulle casse pubbliche le loro colpe, si sono divertiti, hanno fatto indigestione e ora pretendono che arrivi mamma-stato a salvarli. Oh, ma s'intendi che la mamma non deve togliergli i cioccolatini. E poco importa se i fratelli minori questi cioccolatini mai li hanno potuti mangiare.
Ecco, la mia gente ha capito che non è colpa nostra, ma rimane dalla parte del torto sui libri, lì dove ricchi e potenti, banchieri e amici loro mai saranno. Al più, resterà l'amara consolazione del riconoscimento di quanto erano giuste queste posizioni da parte di un qualche intellettualoide che scrive qualche insignificante manualetto di Storia per una Scuola Media sull'Appennino toscano, ché già quello Emiliano è diverso. Intellettualoide di Sinistra, ovviamente.
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