PREMESSA: questa è la storia vera della mia mattinata di ieri, 21 marzo 2001.
La mattina mi alzai all'alba, secondo i dettami del Capo. La missione era delicata ed il primo comando era: rendersi insospettabili. Fu così che optai per la mia Harley Davidson 50cc perché pensai che nessun sicario userebbe un cinquantino per compiere una missione pericolosa come la mia. Mi infilai il mio casco integrale nero, quello con lo stemma del Parma FC dietro: temetti che questa cosa potesse rendermi sospettabile, ma avendo vinto mercoledì contro il Palermo mi tranquillizzai.
Partii alle 7h30 del mattino dalla mia stamberga in periferia zona Ronchetto delle Rane. Pensai che per rendermi più insospettabile avrei dovuto fingere di recarmi in una qualche scuola. Puntai a quella più vicina, proprio dietro casa mia, ma una volta arrivato sul posto, due agenti mi videro sgasare sulla mia Harley50cc col casco nero in mezzo a dei marmocchi delle elementari, capii che stavo facendo una stronzata e sgasai via.
Scelsi di fuggire lungo la via contromano, perché solo i ragazzetti stupidi fanno 'ste robe e questo mi rendeva ancora più insospettabile. L'idea di recarmi a scuola mi sembrava però da riconsiderare e mi lanciai verso l'istituto che sta dietro alla Chiesa della Barona: nessun sicario come me andrebbe in Chiesa il giorno di una missione, e questo mi rendeva ancora più insospettabile.
Sgommai due o tre volte sul sagrato in modo da lasciare delle tracce e crearmi un alibi, sentii anche degli spari in lontananza e pensai che questo mi rendeva ancora più insospettabile perché dimostravo di essere lontano dal fuoco della malavita, poi mi diressi verso l'istituto. Mi trovai circondato da liceali, la mia Harley50cc svettava in mezzo ai loro sfigati motorini booster50cc: pivelli!
Cercai di intrufolarmi nella folla per rendermi insospettabile, ma senza levarmi il casco nero per non farmi riconoscere, d'altronde erano già tutti praticamente neri. Girandomi attorno, vidi che erano tutte ragazze e ci misi una mezz'oretta per capire di essere finito in un istituto di educande. Pensai che sperimentare le mie tattiche di seduzione così, di primo mattino e prima di una missione così importante, mi avrebbe reso ancora più insospettabile. Mi avvicinai allora a qualche pavoncella che ronzava lì intorno proponendogli di "fare buca" assieme. Al sesto-settimo tentativo, le liceali avevano devastato la mia autostima di seduttore con una serie di due di picche che però servivano per aumentare la mia insospettabilità e crearmi un alibi.
A questo punto, pensai che avevo un alibi abbastanza forte per poter recarmi al rendez-vous coi miei soci. Pensai che arrivare al luogo A facendo vie in contromano, mi avrebbe reso ancora più insospettabile e rischiare quei 4-5 frontali con i tram sarebbe riuscito a far credere a tutti che ero un quindicenne sfigato che sgasa per le vie di Milano.
Arrivai finalmente al luogo A dove il capo ci avrebbe fatto trovare il pacco che dovevamo portare al luogo B. Lì, nel parcheggio del "Dipartimento", trovai i miei soci: il capo mi aveva affidato lo Sghembo, un avanzo di galera uscito da dubbi trascorsi fra la destra ultra-fascista, eversiva e clandestina ed una serie di comunità-cliniche di ricovero contro l'anoressia maschile. Lo Sghembo è qualcuno a cui non puoi farla. Lo Sghembo ha un repertorio di armi da far invidia ad un film western. Lo Sghembo aveva un fiatone incredibile ché era appena arrivato su una bicicletta sfigatissima, rigorosamente nera con croci celtiche cammuffate da simboli della pace per rendersi insospettabile, dicendo che fingeva il fiatone per non far capire che in realtà lui era allenatissimo, anzi che così era più insospettabile: ammirai la sua arguzia e sagacia che confermavano la sua reputazione di poco di buono e la mia stima per lui. Io e lo Sghembo eravamo perfettamente puntuali nel parcheggio del Dipartimento, anzi addirittura in leggero anticipo rispetto al "rendez-vous time", che non sapevamo cosa fosse ma il capo lo usava sempre prima di darci l'orario del ritrovo: secondo noi, questi termini aiutavano a renderci insospettabili.
Chiesi allo Sghembo se si era reso insospettabile. Mi rispose a mezzo ghigno che quella mattina aveva creato cinque o sei sparatorie tra la Bovisasca, la Barona e la Comasina in modo da avere un alibi di ferro (ora capii anche gli spari vicino alla Chiesa, e lo ringraziai perché nella sua sagacia aveva creato un alibi anche per me, che uomo lo Sghembo!). Aveva poi gettato tutte le armi in un canale verso il Corvetto in modo da rendersi ancora più insospettabile (ora capii anche il perché si quel suo asmatico fiatone).
Ammirando la sagacia dello Sghembo, gli chiesi se sapeva chi sarebbe stato il nostro terzo sicario, ma disse che il Capo non gli aveva detto nulla per renderci ancora più insospettabili. Aspettammo guardandoci attorno nel deserto parcheggio del Dipartimento. Il Capo aveva provveduto a mandare il custode via in modo da renderci ancora più insospettabili. C'era solo la donna delle pulizie, quella che tutti chiamavano "Miss caffè-monociglio": una donna di età indefinibile , sicuramente non-giovane, chiamata così per la sua caratteristica di grattarsi il monociglio, sia quando beveva il suo caffè, sia per quando te lo portava col risultato che trovavi sempre i suoi deliziosi pelucchi che si confondevano nella bevanda nera. Caffé-Monociglio era una persona più che fidata, il suo discorso più lungo fu il "sì" il giorno del suo matrimonio e per questo il capo si fidava ciecamente di lei.
Dopo un quarto d'ora che si aspettava, io e lo Sghembo eravamo un po' infastiditi, anche se il mio socio iniziava finalmente a riprendersi dal fiatone. Il sole iniziava a sorgere sul grigio cielo di Milano. Ci chiedevamo quando sarebbe arrivato il terzo socio, ché iniziava a farsi tardi e forse questo ci avrebbe fatto perdere in insospettabilità. Ci guardavamo in giro, ma ancora niente.
Caffé-Monociglio passò, ci vide e ci fece un cenno d'intesa con l'occhio. Io e lo Sghembo iniziammo a discutere se risponderle ci avrebbe reso più o meno insospettabili: lui diceva di sì perché lei è una donna fidata del capo, io preferivo di no perché qualcuno avrebbe potuto vederci. Mentre discutevamo, sentimmo arrivare un cavallo e finalmente vedemmo il nostro terzo socio. Lo Sghembo lo conosceva appena, ma lo riconobbe e me lo presentò: "Ciao, sono il Ganassa il vostro terzo socio, scusate il ritardo ho avuto problemi... col mezzo" e mi fece l'occhiolino. "Sei in ritardo di un quarto d'ora, - ribattei io - questo potrebbe farci perdere di insospettabilità. E poi che cazzo di nome è "Ganassa", non mi incute mica timore".
Lo misi subito in difficoltà, sudava e mi rispose che era la sua prima missione e non sapeva che nome darsi. "Ganassa non è un nome per una missione da sicari", lui ribatté dicendo che voleva un nome che iniziava con la stessa lettera del suo vero nome. Lo Sghembo provò a suggerirgli qualcosa come "Guardiacaccia", "Guicciardini", "Gecchino". Io obiettai allo Sghembo che si dice "cecchino". Lui, senza distogliere lo sguardo, aprì la giacca facendomi vedere il coltellino svizzero che teneva nella fondina. Rabbrividii al solo pensiero di cos'altro poteva nascondere quell'uomo.
Il Ganassa obiettò che nessun altro nome gli piaceva, anche se Gecchino un po' gli piaceva. "Basta discutere, - feci io - Sghembo, Signor G andiamo: abbiamo una missione da compiere".
Lo Sghembo trasalì a sentire "Signor G", conosceva tutta la discografia di Gaber al completo e nel 1973 l'aveva pure conosciuto; il Ganassa disse che non sapeva chi fosse Gaber e questo creò certe tensioni con lo Sghembo che dovetti placare prima che arrivassero alle armi. "Cazzo signor G, perché sei venuto a cavallo??? Dobbiamo essere insospettabili", lui mi rispose che era per via dell'Ecopass, altrimenti non l'avrebbero fatto passare in centro. Gli dissi che era una puttanata e che doveva fottersene, lui mi rispose che era l'unico mezzo che aveva qui a Milano. "Merda!", feci tra me e me "questo ci fotte l'insospettabilità. Lascia quel somaro, andremo in due sulla mia Harley50cc, altrimenti ci sgamano subito".
Entrammo nel Dipartimento per prendere il "Pacco segreto", lo trovammo nell'ufficio del capo, dove ci aveva detto. Tutti e tre ammirammo la precisione delle indicazioni del Capo. Lo Sghembo mi fece notare che se entravamo e subito uscivamo saremmo stati sospettabili, aspettammo così un 30' nell'ufficio del capo. Io accendevo un po' di luci, sbattevo un po' di porte, mentre lo Sghembo camminava qua e là lasciando tracce in modo da far vedere che l'ufficio era vissuto. Il Ganassa accese il computer, quando lo Sghembo se ne accorse era già su di lui con un coltellaccio in mano: "CAZZO FAI, GANASSA??? - urlò lo Sghembo - il PC lascia tracce, ci fotti l'insospettabilità!!!". Bloccai lo Sghembo "è un'idea geniale, così sembrerà che stavamo lavorando al PC". Il Signor G annuì dopo aver sudato sette camice. "D'accordo - disse lo Sghembo - ma vai solo su siti insospettabili, hai capito?". Il Ganassa controllò timidamente la sua email, aveva appena scritto "www.corriere.it" quando timidamente si girò verso me e lo Sghembo: "Posso?". Io e lo Sghembo discutemmo un'altra mezz'oretta: lui sosteneva di no perché nell'ufficio nessuno leggeva il giornale e questo ci avrebbe reso meno insospettabili, alla fine io mi trovai d'accordo con lui, ma maledissi il capo per averci mandato il Signor G.
Era passata ormai oltre un'ora, eravamo in un fottuto ritardo e dovevamo muoverci. Presi il pacco ed uscii, mentre lo Sghembo chiudeva l'ufficio. Il Signor G lanciava improperi a caso per fingere di essere un duro.
Eravamo di nuovo nel parcheggio, il cavallo del Ganassa lo aspettava in un angolo, mentre la bici dello Sghembo era appoggiata alla mia Harley50cc: "Non dovevi farlo, Sghembo" urlai mentre lo presi per il bavero. "Hai ragione, scusa, - rispose lo Sghembo - ma non urlare, rischiamo di perdere insospettabilità".
Sbattei lo Sghembo contro il muro e andai verso la mia Harley50cc; il Signor G era andato ad accarezzare il suo cavallo e questo irritò moltissimo lo Sghembo che gli lanciò dietro qualche insulto in tedesco. Né io né il Signor G capimmo cosa voleva dire, ma capimmo subito le sue intenzioni ed il Ganassa abbandonò il cavallo senza discutere. Tra me e me mi chiedevo se questo ci avrebbe fatto perdere o guadagnare in insospettabilità.
Partimmo io e il Ganassa sulla mia Harley50cc e lo Sghembo sulla sua bici nera con le croci celtiche cammuffate da simboli della pace. Io uscii un quarto d'ora prima della bici dello Sghembo che era più illogico e questo ci avrebbe reso ancora più insospettabili. Lo Sghembo ci recuperò 25 minuti dopo all'angolo.
Lì inizio una discussione su quale fosse l'ufficio postale a cui dovevamo consegnare il pacco: sulle istruzioni della missione c'era scritto "ufficio centrale", lo Sghembo riteneva quello della Stazione, io quello in Centro. Mentre discutevamo animatamente, il Signor G suggerì, per tagliare la testa al toro, di andare a quello di via dell'Ortica che era il più vicino e che lui conosceva bene. Lo Sghembo si emozionò a sentire quella via citata in tante canzoni di Gaber. Li mandai a 'fanculo e decisi io perché io ero il capo: posta centrale!
Partimmo ed il Ganassa seduto dietro di me iniziò a cantare "Azzurro, il pomeriggio è sempre azzurro...". Non so come, ma lo Sghembo dalla bici con i simboli nazisti mascherati da pacifisti era già su di lui puntandogli addosso un coltellaccio a serramanico che solo a vederlo mi spaventai. Ci fermammo e con lo Sghembo discutemmò dell'opportunità di cantare durante la missione: secondo lui era una stronzata, io commosso dallo sguardo innocente del Ganassa, approvai la decisione dicendo però che doveva cambiare repertorio ed adeguarsi a qualcosa di più insospettabile ché Battisti ormai era demodé. Il Ganassa obiettò che quella canzone non era di Battisti, ma lo Sghembo lo fulminò con lo sguardo ed il Signor G capì che era meglio evitare quella discussione. Propose allora Guccini, ma a Milano questo non ci avrebbe reso insospettabili, lo Sghembo aveva proposto Gaber, ma il Ganassa non conosceva i testi. Ci accordammo su "Lacio Drom" dei Litfiba, che in fondo è un classico insospettabile.
Ripartimmo, io e il Ganassa sulla mia Harley50cc e lo Sghembo sulla sua bici. Per renderci insospettabili, proposi al Ganassa di scegliere strade contromano, ma in quel quartiere erano tutti dei dannati doppisensi.
"Hey Guicciardini - intimò lo Sghembo al Ganassa - cambia canzone che Lacio Drom m'ha rotto i coglioni". Il Ganassa mi chiese se lo Sghembo stasse parlando con lui, io dissi "penso di sì, ma non so cosa cazzo sia un Guicciardini". Fu così che scoprimmo che lo Sghembo, nei suoi molti ricoveri in comunità-cliniche si era dedicato allo studio della letteratura italiana: questo aumentò ancora la mia stima nei suoi confronti, ma non capii se eravamo più o meno insospettabili, mentre il Guicciardini ri-attaccò a cantare "è il mio corpo che cambia...".
Per renderci ancora più insospettabili, decidemmo di cambiare strada, imboccammo una via contromano per passare a Chinatown. A quell'ora del mattino, così come in qualunque orario da quelle parti, regnava un silenzio surreale. Io e lo Sghembo discutemmo se il continuare a cantare ci avrebbe reso più o meno insospettabili. Mentre Noi discutevamo, il Signor G iniziò a cantare "Contessa" dimostrando di conoscere a memoria il testo e rivelando così simpatie "rosse" che provocarono seri attriti col cuore nero dello Sghembo. Dovetti accellerare per evitare che i due venissero a contatto. Uscimmo da Chinatown dopo aver rischiato un frontale con un tram che passava proprio in quel momento. L'incidente mancato allontanò la mia Harley Davidson 50cc dalla Bici nera ci simboli fascisti mascherati da pacifisti dello Sghembo. Tutto questo, calmò gli animi tra Guicciardini e lo Sghembo.
Eravamo ormai in prossimità della posta centrale dove dovevamo portare il nostro pacco segretissimo, ma non ci sentivamo ancora abbastanza insospettabili. Alla vista della posta centrale, lo Sghembo trasalì quando riconobbe lo stile fascista del palazzo ed in automatico il Guicciardini iniziò a cantare "Faccetta nera", riconciliandosi definitivamente con lo Sghembo che, per la prima volta in vita mia, sentii cantare. Dopo aver perso buona parte della nostra insospettabilità, decidemmo di dividerci per recuperarla: lo Sghembo, ormai riconciliatosi con il Signor G, gli diede uno dei suoi cannoni, importato direttamente da una fabbrica clandestina in Croazia, e gli disse di andare a sparare qualche colpo nella via dietro la banca, verso il Commissariato perché solo dei pivelli avrebbero sparato colpi da quella parte, mentre lui gli faceva da palo in bici. Questo avrebbe garantito a me l'insospettabilità, mentre entravo a spedire il pacco. Bastò uno sguardo ed eravamo tutti in azione.
Mentre compievo la parte finale della missione, sentii due spari fuori dall'edificio delle poste, poi la volante della Polizia. Altri spari, vetri rotti e sgommare di ruote sul pavé: il Ganassa aveva esplosì sì dei colpi, ma contro un funerale nella Chiesa di fianco alla banca, creando il panico tra i parenti già commossi per il caro estinto. Lo Sghembo era arrivato a rimproverarlo, mentre i poliziotti si interrogavano se sparare contro una bara fosse sufficiente per arrestare i due.
Capendo l'aria che tirava, uscii insospettabile nella folla e sgommai verso casa a bordo della mia Harley50cc, mandando l'SMS al capo dicendo che era tutto sistemato, anche i miei Soci. Sapevo di essere un bastardo lasciandoli soli, ma la missione era più importante. E poi, lo Sghembo ce l'avrebbe fatta anche quella volta, mentre il Guicciardini si faceva un po' le ossa.
Ora, mentre sono qui a scrivere questa storia, mi chiedo che fine abbiano fatto il Ganassa-Guicciardini-Signor G e lo Sghembo, ma tant'è... La missione è compiuta e nessuno ha sospettato niente.
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