appunti improvvisati
12/03/09
Parola chiave: improvvisazione. Per improvvisare, in termini teatrali, bisogna essere preparati ad affrontare ciò che non si sa, gestire l'inatteso, l'incertezza, la sorpresa, l'aspettativa che non si realizzerà. Si può guidare, essere guidati, si può agire in concerto, in contrasto, ci si può fraintendere, capire al volo, pararsi dalle situazioni difficili così come mettersi vicendevolmente in difficoltà, in buona o cattiva fede.
Già, la fede. La fiducia nell'altro, ma sopratttutto in se stessi, nella capacità di affrontare le situazioni perché, in fondo, lo sai che se sbagli un'improvvisazione non muore nessuno.
Poi l'Improvvisazione diventa una sorta di filosofia di vita, non per integralismo. Anzi, no, non è esattamente una filosofia, è un modo, il modo con cui abitualmente affronti la vita, anzi la Vita. Non sai cosa succede, provi e riprovi con la grande differenza che nell'improvvisazione hai un maestro e che nella vita se sbagli... ne hai una sola. Non hai quasi mai un pubblico che applaude, molto spesso la gente si ricorda dei tuoi errori nella Vita e degli applausi nell'Improvvisazione, raramente il contrario. Gregari dell'Improvvisazioni sono apprezzati dai pari, nella Vita si ammirano di più i protagonisti.
Se Improvvisazione è la parola chiave, questa sera potrebbe rivelarsi determinante, come in ogni serata. Dopo l'addio, ritrovarsi sulle scale, guardarsi negli occhi. Salutarsi, ferite non affrontate, un'improvvisazione che non parte, una scena perfettamente cinematografica. Ci sarebbero stati mille flashback in quei secondi in cui ci siamo incrociati sulle scale. Nessuna improvvisazione quella volta e la filosofia che scompare. Per stasera, vorrei un copione: essere l'amico di Amleto, il personaggio che cerca l'autore, Giulietta che ama e si suicida. Un copione, ogni tanto serve, un regista ancor di più. Eppure, irrimediabilmente fedele alla mia linea stasera si va di Improvvisazione.
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