da Bologna

30/12/07

Bologna è una città che mi ha sempre riservato storie che meritano di essere raccontate, a partire da uno dei primi post di questo blog ad un altro blog che vi consiglio perché vi trovate foto bellissime (anche se parigine).

Premessa, conobbi Lucia ed Enrico (nomi di fantasia, come in ogni storia di cronaca che si rispetti) in una sera a Ferrara. Appena tornato dall'Erasmus - Feb '04 - , mi ritrovai nella città dell'Ariosto a cena tra altri francesi (sic!) e conobbi Lucia, prima, ed Enrico, poi. Nonostante io sia una persona appassionata ed innamorata di quello che studio/faccio nella vita, quella sera non avevo nessuna voglia di parlare di Urbanistica e Pianificazione territoriale (la conversione verso l'economia territoriale avvenne dopo), eppure Lucia mi attaccò un bottone nonostante l'unico mio interesse fossero l'allegra compagnia ed il vino... Ricordo Ferrara sotto la neve, Enrico portò Lucia a fare le sgommate sulla neve nel parcheggio dietro le mura. Ricordo quei pochi giorni come una nicchia nella memoria anche se, purtroppo, rappresentarono il passaggio di chiusura di una mia qualche vita fa e che, solo a tratti, riaffora in maniera talvolta strana.

Ma torniamo ai due personaggi, di cui ribadisco che Lucia ed Enrico sono nomi di fantasia, perché ieri mi han chiamato e, sebbene fossimo rimasti in contatto via email, non ci eravamo più visti, e comunque allora era stata la conoscenza di una serata e poco di più ed, appunto, quella sera io ero più interessato al vino ed a sparar cassate, per dirla all'emiliana.
Ieri mi chiamano ed eccoli arrivare oggi a Milano dicendo "veniamo a fare il capodanno da nostri amici di Bollate" (da Bol-ogna a Bol-late, il passo sembra breve...). E quindi ecco un'ottima scusa per ritrovarsi sotto la Torre Velasca (sic!).
La cronaca parla del "solito" giro turistico che faccio fare a Milano perché - lo ammetto - mi piace far da guida turistica e far vedere che Milano non è poi così brutta come troppi dicono, che sotto la Madonnina non è tutto da buttare ed abbiamo anche noi una grande storia che non ha nulla da invidiare alle altre grandi città dell'Europa, anzi... Ma non è di questo che voglio parlare.

Mangiandoci una pizza in compagnia (in questi giorni Milano è desertica), il discorso con Lucia ed Enrico è stato molto interessante e, come nelle migliori delle discussioni, ne è nata nuova conoscenza, nuova capacità di ragionare sui problemi e... insomma, una di quelle discussioni importanti di cui ce ne vorrebbe almeno almeno una al mese (ma anche molte di più). Partendo dal problema delle caldaie troppo inquinanti si è arrivati ad una critica radicale del nostro modello di sviluppo alla ricerca di un modello che potesse essere veramente sostenibile. La loro critica era (è) estrema, radicale, disarmante e quindi interessante e degna di essere approfondita, studiata, capita e perseguita; la mia più pragmatica e meno idealista, basata più sul possibilismo dell'esistente che su quello che dovrebbe essere. Mi sono accorto di aver messo da parte molti dei miei Ideali in favore di un pragmatismo realistico degno di Brandt e coerente con l'anima più milanese e con l'etica ambrosiana, ma che non ridiscute alcune regole, per esempio, dell'economia.
La loro critica, anche alle attuali necessità di commercio che disumanizzano la realtà umana, sono difficili da riportare qui, ma effettivamente pertinenti e permettono di uscire da una certa cornice entro cui pur'io ragiono. Forse, la vera fortuna è quella di un punto di vista radicale ed estremo (sia chiaro: argomentato, ragionevole ed "alto", mai ideologico o banalizzante) che permette di ridiscutere alcuni meccanismi di cui io mi limiterei ad auspicare un loro diverso funzionamento (io direi che le macchine devono inquinare di meno e che è meglio il trasporto pubblico, loro criticano proprio la necessità di doversi spostare...).

Il nostro modello di sviluppo (occidentale, capitalistico, basato sul benessere materiale, ...) non va corretto, com'io invece ritengo, ma - secondo loro - proprio re-indirizzato. Il discorso ha attraversato la sfera economica e ambientale, senza tralasciare gli aspetti sociali e territoriali e sfiorando quelli spirituali e filosofici.
Ma non si pensi che Lucia ed Enrico siano pazzi, freakkettoni, bolscevichi, rivoluzionari, sono due "normali" studenti di Architettura, lei già laureata lui in tesi.

Alla fine di questa storia, le cose importanti sono tre:
1. Imparare a ragionare, discutere, confrontarsi e parlare con occhio critico. Succede non sempre, mi sono ritrovato anche talvolta a fare discorsi degni della De Filippi e invece oggi no.
2. Bisogna imparare ad ascoltare i punti di vista radicalmente diversi, quelli di chi - ragionando - mette in discussione cornici logiche pur forti, come il pensiero economico sedimentatosi nei secoli, ma senza cadere nell'ormai banale cornice incrostata di marxismo. Gli estremisti resteranno minoritari, ma servono per far ragionare le maggioranze.
3. Ho recuperato un pezzo del mio passato che vale la pena inserire stabilmente nel presente (e nel futuro), depurandolo di altre storie passate che invece dovrei limitarmi a ricordare.

Credo sia un buon modo per finire il 2007. Credo.

2 commenti:

Anonimo 31 dicembre 2007 alle ore 13:30  

Il nostro modello di sviluppo è da ripensare, su qiesto mi trovo vicino alle posizioni radicali dei tuoi amici, ma non possiamo omettere nei nostri ragionamenti il VINCOLO DI RAZIONALITA'. Non si può criticare la necessità di spostarsi subito dopo aver affrontato un viaggio. Non ci si può, in generale, dimenticare i benefici che questo modello di sviluppo ha offerto alla quasi totalità degli italiani e di moltre altre persone nel mondo. Detto questo spazio alle alternative, ma non facciamo i bigotti di sinistra!

D21 1 gennaio 2008 alle ore 16:11  

@ Lucio
Durante quella discussione ti pensavo e dovresti conoscerli perché, credo, ne uscirebbe un'interessante discussione.
Il mio post ha dovuto semplificare la discussione, ma il tema è sicuramente interessante e merita approfondimenti.

Personalmente, sono dell'idea che bisognerebbe superare la fase di analisi e ragionamento in favore di maggiori progetti e pratiche di nuovi modelli di sviluppo. Abbiamo probabilmente troppe analisi a fronte di troppo poche esperienze.

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