Natale con i tuoi

19/12/10

Le feste si festeggiano in famiglia. Quando arrivano le feste, si riscrivono i 'confini' delle famiglie, le composizioni, le appartenenze alle diverse famiglie. In Italia, a lungo, si è parlato di casati e sebbene oggi suoni fuori luogo questa parola, l'idea in fondo c'è. Sarà che vengo da un "casato" grande, numeroso e di cui sono fiero, ma mi pare un concetto che rimane quà e là.

Mi piacerebbe importare in Italia la tradizione spagnola per cui ognuno porta sia il cognome del padre sia quello della madre, per rispetto ai due casati di appartenenza (salvo poi tramandare al figlio solo quello del padre, così da rispettare la millenaria tradizione italica). Credo sia giusto mantenere anche il cognome della madre per i figli.

Le feste ritmano il ciclico passare degli anni, regolari e sincere le feste ricordano i confini familiari.
Esiste un'età in cui questo ciclo sembra immutabile, ripetibile anno dopo anno mentre pian pianino si diventa grandi e crescendo si passa dal tavolino basso staccato al tavolo dei cugini.
In questa ciclicità, poi avviene che ci sia un primo Natale senza qualche nonno e poi, succede, senza qualche zio o, peggio, senza qualche cugino. La tristezza per veder assottigliarsi e stringersi il confine che delimita il casato.
E poi a un certo punto il cugino anziano si presenta accompagnato da qualcosa di più di un anello, il tavolo diventato grande per i nonni che non ci sono più ora torna a richiedere qualche sedia in più. E dopo l'anello, il cugino arriva portandosi in braccio qualcuno che attira l'attenzione di tutti gli zii e poi il tavolo si stringe ancora perché la seconda cugina ha cambiato cognome. E poi l'anno dopo anche l'altra cugina ha cambiato cognome e poi ancora un altro cugino chiede che il tavolo si stringa un po' di più, si aumentino le quantità di antipasti e primi e secondi.

Capii questa ciclicità un'estate in campagna, nelle terre dei miei nonni, mentre in giardino leggevo "Cien años de soledad" che, a tutt'oggi, credo sia il libro migliore nello spiegare questa ciclità e questa visione dinamica, variabile, ma al tempo stesso sacrale della famiglia. Una visione non certo idilliaca, basti pensare a personaggi come Aureliano Buendìa, ma in fondo basta pensare a chi si ritroverà attorno a un tavolo a mangiare per celebrare questo Natale, pensare a quelli passati ed a quelli che verranno.

5 commenti:

Anonimo 19 dicembre 2010 alle ore 21:35  

Bellissimo post Duca!

-Papero

laFra 20 dicembre 2010 alle ore 07:14  

"Cien años de soledad" proprio un bel libro ~.~
che tristezza leggere questo post...

D21 20 dicembre 2010 alle ore 11:38  

@Papero
:-)

@laFra
perché che tristezza?
:-(

laFra 21 dicembre 2010 alle ore 02:15  

@Duca: perche' faccio il mio primo natale in cina...

D21 21 dicembre 2010 alle ore 12:33  

beh, dai può essere bello lo stesso... mi ricordo la mia prima Pasqua lontana dall'Italia...

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