frammento da osteria
10/01/10
Mentre fuggiva, Aureliano passò da Macondo per riposarsi. Una mossa ovvia, banale, che avrebbe potuto esporlo ai rischi di qualche nemico desideroso di vendetta sul povero generale sconfitto. Troppe le ferite e il desiderio di riposarsi, Aureliano chiese ospitalità in quella casa dove ancora viveva quella donna che, agli occhi di Dio, restava la sua donna.
Una donna amata qualche eternità prima, una donna di cui ora manco ricordava il nome, un nome che gli riaffiorava nella mente come i nomi imparati a scuola che tornano quando sei vecchio e seduto sulla porta di casa. Una donna che per Aureliano non diceva più niente, perso com'era nella sua guerra personale.
Cenarono insieme, Lei gli parlava di cose che Aureliano avrebbe dovuto conoscere, ma di cui non sapeva niente... di quelle storie che per un uomo normale avrebbero dovuto essere le normali storie di casa. Non per lui, generale della guerriglia che combatteva per un popolo che non lo conosceva, per una famiglia che non riconosceva.
Seduti a tavola, Lei parlava e piano piano Aureliano cadeva in quel suo modo di parlare, in quelle parole che gli risvegliarono l'amore per quella donna così presa dal suo stesso parlare e incurante del fatto che lui non capisse. Aureliano sentì tutto il suo amore attualissimo, vivissimo, presente come un ragazzino innamorato.
Aureliano sentì che in lei c'era la forza di tutta la sua vita, ché quella donna era molto di più di una che si era presa cura di lui per un po'. Quella forza gli apparve talmente vitale che capì di essere fuori luogo, di aver intrapreso un percorso che l'aveva portato troppo lontano per poter tornare da lei. Ma per una cena, risentì tutto l'amore del mondo, lo sentì tutto in sé.
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