Ad'ma r'cord: Mi ricordo, sì io mi ricordo...
10/12/08
Mi ricordo la spiaggia d'inverno: il vento, il mare, Fellini che parla camminando tra quel che l'inverno lascia degli ombrelloni. Credo di non aver mai capito i Romagnoli, quelli veri, quelli di prima che arrivassero i milanesi ed il turismo, quelli di prima che la Romagna fosse un'agognata conquista stagionale, quelli di prima che si pensasse che i Romagnoli fossero solo dei "conquistadores".
Dei miei ricordi rispondo, a loro rispondo e se qualcun altro mi domanda di loro, fatico a non rispondere.
Non pretendo la ragione, pretendo solo di conservare e riconoscere la mia versione delle cose, accettando (e che sia accettata) la faziosità nel rispetto delle diverse versioni. Mi ricordo, sì io mi ricordo e mi chiedono come faccia a ricordarmi così bene, anche se ormai il tempo lo dobbiamo misurare in anni. Quella sera... quel caffè... quella discussione... Una dovizia di particolari che solo il mare, abituato ad avere a che fare con la sabbia, può curare. Tosto-tosto-pappamoscia, e da bambino giocavo con la sabbia sulla spiaggia, tornavo a casa e mia Nonna mi mostrava in TV il grande maestro Fellini. Non capivo e mi mangiavo la mia cotoletta. Ora ritorna il ricordo di quando mia Nonna apprese della morte di Fellini, il contegno di sangue emiliano in terra romagnola di fronte a un maestro che si spegne, a qualcuno che ha fatto film che le sono piaciuti tanto, che sono il segno della giovinezza di una nonna. Ma ho perso il conto di quanti anni siano passati da quando Fellini non c'è più, preferisco ricordarlo che parla mentre cammina tra gli ombrelloni sulla spiaggia invernale col mare, il vento e le onde. I colori sfuocati, come quelli dei ricordi.
Ho risposto a domande sui miei ricordi, sebbene costasse un certo sacrificio; un prezzo da pagare di cui altri faticano a capirne entità, quantità, ma soprattutto senso.
E la spiaggia e le onde sul mare. D'inverno si va in spiaggia con le scarpe, che poi si inzuppano di sabbia; quella stessa che usavo per cucinare quand'ero bimbo e fare ricette impossibili. Sabbia preziosa, accogliente, dorata, ché a Milano abbiamo lo Zafferano ma non la sabbia. Con una decisione del Consiglio Comunale del 1884 (ma non sono sicuro della data, potrebbe essere di qualche anno successiva), venne abrogata la regola edile per cui a Milano bisognava mantenere la tinta tradizionale delle case, quel "giallo-Milano" che avrebbe potuto diventare famoso come il "terra di Siena" o, magari, il "bordeaux". Fu fatto per accontentare quella gente che vive facendo palazzine: la chiamarono edilizia, poi immobilare e ora "real estate". Come se in fondo non fosse sempre quel desiderio di "casa" tanto caro agli italiani, alle italiane. Mi chiedo se Fellini conoscesse questa storia, cosa ne pensasse, se talvolta ne parlasse mentre camminava sulla spiaggia di Rimini d'inverno, tra quel che resta degli ombrelloni e una scenografia di mare, vento, onde e quella sabbia che mi riporta allo zafferano milanese.
Conservo la mia di memoria, non so quanto condivisa, probabilmente meno di quanto io pensi, o comunque vorrei. Ma non voglio imporla ad altri, però lasciatemela raccontare.
Non ho mai visto Rimini d'inverno, non voglio vederla. Rischierei di innamorarmene e di trascinarmi un amore troppo strano per un milanese. Uno di quegli amori di cui devi rendere conto. Ma se di Lyon posso spiegarlo, di Rimini appare assai più difficile. Non sono riminese, non sono e non sarò il Fellini che cammina sulla spiaggia d'inverno con dietro il mare grosso, almeno per quel che l'Adriatico può fare. E la spiaggia, e le onde e la sabbia, lo zafferano milanese si mischia con un cielo grigio, di quelle incredibili tonalità che solo il grigio sa assumere, senza bisogno di alcun colore. E il cielo grigio è poesia, e quindi fors'anche la Milano che dopo quella delibera diventò tutta grigiamente poetica. Nella mia via, dove mi piace di camminare d'inverno e primavera, con dietro il traffico grande o la notte quieta, tra quelle macchine lasciate a parcheggiare, vedo alcune case ancora gialle come a Milano erano una volta. Case piccole, di quando Milano non si era ancora innamorata vacuemente della Romagna, di prim'ancora che Fellini maturasse quelle storie di cui era solito ricordare quando, più vecchio camminava sulla spiaggia d'inverno.
Ecco sì, mi ricordo... io mi ricordo. Non pretendo la ragione, ma neanche la chiarezza nel raccontare, che richiede comunque fiducia e forse catarsi. Pretendo, rivendico il diritto di ricordare, ricordarmi, tenere vivi i miei ricordi, coi loro prezzi pagati, da pagare. Oggi è, per varie ragioni, il giorno in cui ricordarsi di ricordare i ricordi perchè io mi ricordo, sì io mi ricordo di Fellini... del mare e delle onde, di mia nonna, dello zafferano... Ad'ma r'cord... ma per favore non traducete la più famosa delle parole emiliano-romagnole, in Italiano suona male, malissimo: si perde il gusto di ascoltare Fellini parlare, il gusto di vederlo camminare tra il mare, le onde, la sabbia, si perde il gusto del risotto allo zafferano, si perde il gusto di tornare in quel manufatto edile che chiamiamo casa e poter, con umile orgoglio, affermare che "mi ricordo, sì io mi ricordo..."
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