de Scotlandia

29/11/09

Ricorre spesso in questi giorni la mia 'scotch soul'. Dal mito della capitale Edinburgh, la Scozia diventa terra dell'altrove, del non-qui, onirica ed effimera. Fuga leggendaria e un po' molto romanzata. Terra rude, dura, povera e assai avara con chi la deve coltivare, terra di guerrieri, non di cavalieri. Terra di grandi artisti e uomini del sapere, da lassù partirono le due discipline ch'oggi studio, aprirono i percorsi al mio nomadesimo disciplinare. Terra non accogliente, ma di gente in fondo buona, se riesci a capirne l'accento così forte.

Ritorna la Scozia nel whiskey, curiosa bevanda tutt'altro che mediterranea. Alcolico, molto forte, è in realtà un bere da meditazione. Un bere calmo che ha domato il freddo delle lande del Nord, dove la pioggia è regola e l'ombrello l'eccezione. Un bere tutto diverso dal Lambrusco, oppio del popolo mio, o dalla Sangria, decisamente più divertita. Non è neanche il bere da stordirsi per il freddo, quello vero è dell'Europa centro-orientale, della Russia e della Siberia.

Il whiskey è un bere raffinato, senza essere champagne. Il whiskey è stato volgarizzato, quasi stuprato oltremare da chi ne ha fatto un bere inutilmente forte. Certo, non è un bere aristocratico, ma raffinato sì. In fondo, io mica credo nell'aristocrazia. Vizio costoso, lo so, per noi delle terre del Sud, ma in fondo qualche vizio ce lo possiamo concedere. E poi, quella croce bianca che indica vittorie assai poco note. Probabilmente, la più grande vittoria della Scozia è quella di esserci ancora, nonostante tutto. Terra del freddo Nord, fieramente resistente anche se non abbastanza isolata da essere immune dalla gente dell'Europa centrale.

Ripenso teneramente a quella mattina di fine Agosto in cui la lasciai.

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