"e' cosa 'e niente"

22/11/10

Questo splendido video l'ha appena fatto vedere Saviano. De Filippo, indubbiamente, è un artista assoluto, capace di riassumere in poche battute un'intera tragedia, una filosofia di vita, il dramma della contemporaneità che poi, forse, un tempo non era così diverso ma assai poco c'interessa, hic et nunc.

Mi dicono di essere rancoroso, di prendermela, di offendermi.
E' vero.

Ma è anche vero che se si passa sempre sopra alle offese, a certe offese, agli affronti e alle scorrettezze, a certi affronti ed a certe scorrettezze... beh, credo di perda la propria umanità, la propria dignità di essere umani. Non mi riferisco a difficoltà della vita, ingiustizie vaghe del mondo.
Mi riferisco a quelle scorrettezze fatte da chi si pensava essere amico, da chi ti fidavi, da chi pensavi che... e invece...
Mi riferisco a quando ti uccidono un progetto, parola per me sacra, su cui avevi investito tanto tempo e energie. Un progetto che avevi fatto crescere, un seme che avevi coltivato al meglio delle tue forze e poi... come se niente fosse... il tuo albero viene tagliato da chi, in teoria, ti era amico... la tua casa viene distrutta dal tuo stesso paese... il tuo figlio viene ucciso da chi condivide carne e sangue e nervi e sudore...

Passare oltre, dire che "e' cosa 'e niente" significa accettare la disumanizzazione di certe cose, perché se non sono sogni, progetti, amicizie, sentimenti, energie quello che ci rendono umani, cosa mai dovrebbero esserlo? Già lo dissi tanto tempo fa.

Ecco, allora, che se il perdono deve venire non può che provenire da qualche altra parte, più in alto, ché agli uomini se si toglie l'umanità ben poco resta. Delle ferite del mio cuore, ben poco resta. Progetti resi macerie da chi consideravo amico, e questo fa più male perché non sono vittime dei miei errori. Mi si dica pure che sono rancoroso, permaloso, ma credo che offendersi sia comunque un segno di umanità, credo che fare spallucce quando si passa sopra a queste cose sia disumanità. E poi, io, non ho mai cercato vendetta contro queste persone, anche se - certo - considerare amico chi ti uccide un progetto su cui hai investito energie, tempo, sentimenti, passione è, umanamente, impossibile.

Credo che non si debba ferire la tela su cui altri stanno costruendo dei progetti, credo che non lo si debba fare ai propri amici, credo che questo tradimento sia il problema, ma credo anche che il perdono possa arrivare come atto umanizzante di fronte a segni che fanno il pentimento.

Penso a quelle volte da cui ho subito queste situazioni, mi dicono che faccio male a prendermela, ma allora mi chiedo perché dovrei credere nei valori, sbattermi per cercare di realizzarli e chiedermi perché dei presunti amici dovrebbero uccidermeli. Perché quelle cose, non tornano indietro: se uccidi un figlio, i genitori non possono rifarlo. Farne un altro non può essere in alcun modo una sostituzione del figlio ucciso. Vado per casi estremi, ma sia chiaro che non mi riferisco ai progetti falliti, ma a quelli uccisi, non agli incidenti, ma quelli per volontà dichiarata.

Scrivo tutto questo un po' per giustificazione mia, ma molto perché credo che a ripetersi queste cose si possa fare più attenzione a cercare di non farle agli altri, io in primis. Anni fa, in maniera un po' naif, dissi che senza rispetto non ci può essere nient'altro. Un po' ingenua come affermazione perché andrebbe spiegata, ma ci dev'essere una base per sentirsi ancora umani.

Mi vengono in mente alcuni versi di maestri. Uno fa così: "E ho ancora la forza di chiedere anche scusa o di incazzarmi ancora con la coscienza offesa" (troppo facile chiedervi di indovinare). Offendersi e chiedere scusa sono segni di umanità, di riconoscimento dell'umanità che c'è nelle relazioni umane, di un'umanità che non è scontata perché pochissime volte sento dire "scusa".

Io, cerco di fare del mio meglio, fare tutto il possibile, come diceva Willy Brandt, almeno di farlo nella speranza che gli ospiti di questa strana terra virtuale possano condividere capitoli di questa storia immaginifica, iperreale o surreale e che, in fondo, a me piace raccontare e se me la prendo, sappiatelo, è perché ci tengo alle persone, ai progetti e perché "Ho ancora la forza che serve a camminare, picchiare ancora contro per non lasciarmi stare: ho ancora quella forza che ti serve quando dici: "Si comincia!"."

Mi piace raccontarti sempre
quello che mi succede,
le mie parole diventano nelle tue mani
forme nuove colorate,
note profonde mai ascoltate
di una musica sempre più dolce
o il suono di una sirena
perduta e lontana.

5 commenti:

D21 22 novembre 2010 alle ore 23:49  

A parziale integrazione, perché forse poche volte l'ho spiegato, nell'idea di Ducato c'è anche la fedeltà feudale al Signore, al Re.

Si noti che, secondo il diritto feudale, il Duca è di pari grado al Re, ma non per questo viene meno al suo dovere di ubbidienza, fedeltà e costanza nel servizio.

Unknown 23 novembre 2010 alle ore 15:10  

Data l'analisi, ora suggerisco una soluzione: mettersi nei panni degli altri!
Fai una cosa che coinvolge qualcun altro? Cerca di vedere dal suo punto di vista cosa questo implica. Chiaramente non ce la farai appieno, pero' poco per volta ti accorgerai di sbagliare un po' meno, avvicinandoti al minimo fisiologico. E ti incazzerai sempre di piu', rendendoti conto che gli altri mediamente se ne strafottono del tuo pensiero pure quando ti chiedono consiglio.

Riguardo al puntare i piedi, se non lo si fa tutto restera' il solito "fatto ma non detto" per cui tante famiglie si sgretolano dopo anni di omerta' reciproca.

Funziona?
Non so, a me per ora puntare i piedi ha provocato grane, soprattutto in famiglia, oppure dolori atroci nella testa. Pero' ti diro', ho ricominciato a guardarmi allo specchio....

D21 23 novembre 2010 alle ore 18:59  

Certo, l'immedesimazione è grande tecnica, per questo sono strenuo sostenitore della funzione educativa del teatro.

Posso dire di provarci, almeno quello sì.

Quando chiedi se funziona, poni un interrogativo enorme: come bilanciare cioé che è giusto con ciò che funziona? Come perseguire obiettivi giusti in maniera efficace?

Unknown 24 novembre 2010 alle ore 21:07  

come bilanciare cio che è giusto con ciò che funziona? Beh, considerato che in Italia siamo ancora fermi alla definizione di cio' che e' giusto, direi che possiamo iniziare con quelle cose per cui sappiamo gia' che e' giusto e funziona. Tipo pagare le tasse, e' giusto e funziona. Tipo lamentarsi della mancanza di sicurezza sul lavoro e quando si assegna un lavoro a qualcuno pretendere e attivarsi perche' questa sicurezza ci sia per chi lavora per noi. Fosse anche solo l'elettricista che ci aggiusta un interruttore...

Come perseguire obiettivi giusti in maniera efficace? Dare il buon esempio e far capire agli altri come certi comportamenti in realta' non convengono a nessuno loro compresi non solo nel lungo termine, ma anche nel medio e breve. E farli sentire delle merde perche' uccidono il futuro dei loro figli.

D21 24 novembre 2010 alle ore 22:21  

Nel post che ho appena pubblicato c'è il riferimento più esplicito alla storia che sottintende questa riflessione, tra l'altro dovresti conoscerla. Non nascondo sia ispirata da quello che tu dici

"Dare il buon esempio e far capire agli altri come certi comportamenti in realta' non convengono a nessuno loro compresi non solo nel lungo termine, ma anche nel medio e breve. E farli sentire delle merde perche' uccidono il futuro dei loro figli".

Ecco, quelle persone, che tu conosci, mi han fatto passare la voglia di provare a dare un buon esempio.

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