Oggi si chiude, simbolicamente, una storia che mi ha creato grandissimo dispiacere perché combina un fallimento politico mio con la rottura di alcune relazioni che pensavo di amicizia, ma che evidentemente non lo erano. Lancio questo sfogo a cui penso da tempo nella speranza che quello che ho subito io, sebbene non possa essere ripagato, possa in qualche modo essere da lezione per altri perché non sbaglino a loro volta. Ormai, con oggi, si chiudono anche i termini per una possibile riconciliazione che fosse quantomeno politica, dopo quella personale. Ma procediamo con ordine.
Sono stato rappresentante degli studenti al Politecnico sin dal mio primo anno, grazie a un mio caro amico con cui - e questo è bellissimo - ho fatto tantissime discussioni, spesso molto animate e con profondi disaccordi, ma con cui alla fine eravamo sempre pronti a stare allo stesso tavolo per portare avanti al meglio il progetto comune in cui credevamo. Le 'discussioni animate' tra di noi, quasi proverbiali, alimentavano un rapporto di stima e amicizia che continua ancora adesso, anche se le nostre strade si sono un po' separate, ma non certo per rancori.
Racconto questo perché è, a mio avviso, segno di un rapporto virtuoso politico&personale.
Da rappresentante degli studenti, sono arrivato fino in Senato Accademico, la più alta carica che si potesse ottenere, grazie a un gruppo dove tutti erano interessati a lavorare l'uno per l'altro, a imparare dai più anziani ed a sostenere le energie fresche dei più giovani. Un gruppo unito dalla volontà di fare politica a Sinistra, se poi ne nascevano anche amicizie (e talvolta amori) tanto meglio. In 5 anni intensissimi, qualche vanto posso dire di averlo, nella consapevolezza che non sono mai meriti individuali, ma collettivi. Tre sono quelli che io considero i risultati migliori e più simbolici della mia attività:
1. con una raccolta di firme ottenemmo una ristrutturazione degli spazi per gli studenti di Architettura, e in generale di tutto il Politecnico in modo che ci fossero più banchi, più prese per i computer, orari più lunghi alla sera. 800 firme in una sola facoltà, mai nessuno come allora, se non ai tempi che furono.
2. preparai una riforma del bando delle attività culturali e viaggi degli studenti, correggendo un sistema marcio e avviando una maggiore trasparenza e regolamentazione in quelli che sono i fondi per le stesse associazioni. Un tema delicato perché toccava gli interessi diretti delle stesse associazioni di cui ero espressione, ma ci riuscimmo (salvo qualche ulteriore correzione minore che eran tecnicalità su una linea che ero riuscito a far passare).
3. riformai il consiglio degli studenti in modo da garantire agli studenti una voce più autorevole nell'Ateneo. Scrissi quel regolamento articolo per articolo, viaggiando tra gli uffici e la mediazione con le altre liste e studiandomi le leggi in merito. Mai nessuno prima di allora.
A seguito di questi 'successi', si creò un bel gruppo coeso e affiatato capace di far nascere amicizie attorno a un progetto che era in primo luogo politico. Dopo il mio mandato, vincemmo le elezioni per la prima volta dopo 15-20 anni, il bando per le attività culturali permise a molte associazioni di animare il depresso panorama studentesche e il nuovo presidente degli studenti poteva andare a parlare col Rettore con l'autorevolezza di chi guida un'istituzione che lavora e propone.
Non ero certo il migliore e, chi legge, sia consapevole che quei successi erano collettivi, non miei. Dopo di me, venne una generazione che era chiaramente migliore: impostarono una battaglia politica e culturale a favore della valutazione, una battaglia coi fiocchi ché io non sarei stato in grado di gestire. I loro nomi erano sulla bocca delle più autorevoli istituzioni per la serietà e maturità dell'impegno.
Io, nel frattempo, iniziavo il dottorato e partivo per London.
Una volta tornato, diventai rappresentante dei dottorandi, proseguendo quell'impegno di rappresentanza ché mi aveva dato soddisfazione, passione, esperienza ed amicizie (tralascio il tema degli amori, quelli non vi riguardano...). Una situazione difficilissima data l'assenza di ruoli istituzionali, la dispersione della categoria da rappresentare, l'assenza di esperienze pregresse e la necessità di creare un gruppo da zero, oltre a un mutato contesto culturale che obbligava una lotta per la difesa dell'esistenza e della dignità stessa dell'Università. Ci provai e qualche ramoscello dell'albero che stavo coltivando iniziava a fiorire: non tutti capiscono che le unità di misura non sono tutte uguali perché tra 45 e 46 si sale di poco, ma tra 0 e 1 c'è un infinito.
Al rientro, quel gruppo con cui avevo fatto tanto era ancora parzialmente presente, il naturale ricambio generazionale appariva promettente, poi una serie di eventi hanno portato alla storia che vi descrivo.
Premetto, che pensavo che una collaborazione tra le rappresentanze dei dottorandi e quelle degli studenti potesse essere virtuosa e, a parole, molti mi davano ragione. Se quando iniziai io gli 'anziani' erano un esempio, ora c'era la possibilità addirittura di collaborare.
Iniziai a capire che i tempi erano cambiati quando venni a sapere che avevano concordato con l'aspirante rettore la proroga del mandato delle rappresentanze studentesche. Quando io mi trovai nella stessa situazione, feci una battaglia ché mi costò un cazziatone memorabile dal Rettore perché ciò non accadesse: col 3+2 gli studenti si laureano in fretta e facilmente, dopo 2 anni, ti ritrovi che non hai più rappresentanti. Inoltre, se c'è una regola la si rispetta perché se il mandato è biennale è segno di poca considerazione dire "vabbé, facciamolo triennale perché quest'anno non abbiamo voglia di fare le elezioni ché abbiamo già altro da fare". La democrazia ha un costo, lo so. Oltretutto, ironia della sorte, i costi sono stati pagati lo stesso perché comunque il ministero aveva indetto le sue di elezioni studentesche e quindi si doveva votare. Ma quello che non capirono allora era che non si poteva accettare un rinvio: in un gruppo studentesco 2 anni sono un'enormità e se non si tengono le elezioni il gruppo non può rigenerarsi. Quel meccanismo di esperti+energie fresche si perde inevitabilmente. Provai a dirlo, invano, avevano già deciso senza ascoltare chi già si era trovato in quella condizione. Pensai non fosse così importante.
Durante le elezioni del Rettore, uscirono con una posizione molto forte a sostegno di uno dei candidati, quello che poi ha vinto. A prescindere dal merito di quella decisione, feci notare che i rappresentanti degli studenti non devono comunicare in pubblico per chi voteranno perché non è il loro candidato, per almeno un paio di ragioni. La prima è che se poi quello perde, come ti relazioni con il candidato che hai osteggiato e che è diventato Rettore? Secondo, gli studenti sono un elettorato atipico perché, al più, possono portare l'attenzione su alcuni temi, nulla più (no poltrone, no spartizione risorse, no influenza in generale). Non è poco, ma bisogna giocarsela bene: se uno dice voto X e poi dopo parla del perché, allora quei temi vengono sminuiti perché uno viene percepito da fuori che è organico a una lista: se Cicchitto dice che vuole A, B e C viene percepito come una richiesta berlusconiana. Se a richiedere A, B e C è la Marcegaglia, allora è un senso completamente diverso e con quelle richieste può bussare al PdL o al PD e negoziare con loro. Mi rendo conto non fosse un concetto facile, ma non immaginavo le conseguenze.
Quei rappresentanti degli studenti, con cui c'era un'idea di principio di collaborazione, andarono invece dal candidato, che era un mio professore, sparlandomi alle spalle, dicendo che facevo pressioni su di loro contro di lui e lui, ovviamente, poi mi fece chiamare. Passai una bruttissima mezz'oretta. Ma non era finita.
Con quel gruppo di dottorandi di cui ho parlato, cercavamo faticosissimamente di andare avanti, mentre quei rappresentanti degli studenti - a parole - rinnovavano il desiderio di cooperare. Bene, mi ricordai di quel bando che avevo riformato e decidemmo di parteciparvi: fu uno sforzo enorme per un gruppo così fragile, ma - previa verifica con gli uffici - fummo ammessi a parteciparvi e già quello fu per noi un grande successo. Nella commissione c'erano quel candidato poi diventato rettore e quei rappresentanti degli studenti. Il nostro progetto venne bocciato su iniziativa di quel professore e con l'avvallo dei rappresentanti degli studenti, anche quelli del mio gruppo.
Fortemente deluso, andai a chiedere spiegazioni. Tra le varie cose, mi dissero ché c'erano pochi soldi e quindi preferivano darli agli studenti (alla faccia della collaborazione coi dottorandi... e comunque verificai che i soldi ci sarebbero stati), mi dissero che i dottorandi sono una categoria di privilegiati (!!!) e che quindi non dovevano chiedere altri soldi, mi dissero che il bando non era per i dottorandi e che ce ne stavamo abusando (ma avevamo controllato con gli uffici che era falso perché potevamo partecipare...). Mi arrabbiai e mi fu risposto che non si può criticare un gruppo quando è in difficoltà: fui 'invitato ad andarmene' perché non si può criticare un gruppo (di Sinistra) quando è in difficoltà.
Da allora, ho ricevuto qualche telefonata di stima e solidarietà, ma poi un assordante silenzio a conferma del fatto che facevano sul serio nel volermi espellere. La cosa più umiliante è che venni a sapere che hanno organizzato una 'giornata di conciliazione' tra giovani e ex-rappresentanti, ma che non mi hanno invitato. Peggio, sono andati a dire agli altri ex-rappresentanti che io ero invitato, ma non a me. Proponevano cioé una riconciliazione, ma non con me.
Da allora, silenzio e disinteresse da parte di persone che ritenevo amiche, su cui io avevo investito. Me ne viene in mente una in particolare perché, alle ultime elezioni, avevo ceduto il mio seggio in suo favore, convinto come sono che sia meglio mandare avanti i giovani. Quello stesso che poi parlò da presidente di quell'organo che io avevo riformato e che, ora, si vantava andando in giro a testa alta. Ma che nel frattempo aveva sparlato di me col nuovo Rettore, nel frattempo aveva bocciato il mio progetto di associazione dei dottorandi, che nel frattempo non aveva detto niente sulla mia espulsione. Come lui, la maggior parte di quelle persone ha celebrato la 'giornata di conciliazione' esplicitamente escludendomi perché, se volevano, potevano chiamarmi. Invece, hanno detto agli altri che mi avevano chiamato e che ero io quello che faceva l'offeso.
Oggi, scadeva quel bando di cui ho parlato e per questo scrivo proprio oggi. L'associazione che avevo cercato di promuovere è implosa perché se tutte le proposte che fai sono ignorate o bocciate uno poi si stufa. Il bando a cui siamo stati bocciati è stato solo il colpo di grazia. Come 'conciliazione', avevano promesso di aiutarci e invece...
Ecco, questa è una mia grande delusione e, a costo di passar per permaloso, io credo di non meritarmi tutto questo, non meritavo la coltellata alla schiena da chi ho fatto crescere, non meritavo così tanto disinteresse e ostilità da un gruppo per cui mi ero dedicato pienamente. Non nascondo, questa è la mia più grande delusione politica ed umana, un fallimento che non è colpa del sistema, non era una lotta titanica: è un fallimento causato da chi avrebbe dovuto essere dalla mia parte, da chi mi diceva di stare dalla mia parte, da chi diceva che i dottorandi erano anche una loro causa, da chi aveva mezzi e possibilità di aiutarmi o, almeno, avrebbe potuto evitare di bocciarmi i progetti.
Con amarezza, so che non tornerà tutto questo. Ho aspettato un qualunque gesto di conciliazione, ma sapere che è stato fatto escludendomi esplicitamente mi fa naufragare la stima che potevo avere: un omicidio consumato nel tradimento ed a cui non ci si è mai chiesti se forse si potesse dire "scusa" o provare a rimediare.
Io so che in Italia a far politica con disinteresse e passione ci si fa tanti nemici, lo spiegai tempo fa, ma ci si fa anche qualche amico. Ora, rimango fortemente disilluso.
Un'ultima nota di rammarico: se mai le persone coinvolte passeranno di quà, già so che mi accuseranno di una versione parziale, di aver strumentalizzato le cose a mio vantaggio, di essere un permaloso che se la piglia per niente e che li accuso di cose che non esistono e che mi sono inventato. Già me l'hanno detto quando mi hanno espulso. Bene, a queste persone non risponderò perché, evidentemente, non interessa cosa penso io.
A tutti gli altri, spero che questa storia possa insegnare qualcosa perché, se possibile, loro facciano attenzione che non si ripeta.
Read more...